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Ricorso patteggiamento: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso patteggiamento, poiché i motivi, relativi alla recidiva e al bilanciamento delle circostanze, non rientravano tra quelli tassativamente elencati dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. La decisione conferma la limitata impugnabilità delle sentenze emesse su accordo tra le parti, condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 30 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: i Limiti Tassativi per l’Impugnazione in Cassazione

Il ricorso patteggiamento rappresenta una delle aree più delicate della procedura penale, poiché bilancia l’esigenza di economia processuale con il diritto di difesa. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 25609/2024) ha ribadito con fermezza i confini entro cui è possibile impugnare una sentenza emessa a seguito di accordo tra le parti, fornendo chiarimenti essenziali per gli operatori del diritto.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di patteggiamento emessa dal Tribunale di Brescia. L’imputato lamentava un vizio di motivazione in relazione a due aspetti specifici della sentenza: il riconoscimento della recidiva e il giudizio di bilanciamento tra questa e le circostanze attenuanti generiche. In sostanza, il ricorrente non contestava l’accordo raggiunto, ma il modo in cui il giudice aveva motivato alcuni elementi che avevano inciso sulla determinazione finale della pena.

I Limiti al Ricorso Patteggiamento secondo la Legge

Il cuore della questione risiede nell’interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce in modo tassativo i motivi per cui una sentenza di patteggiamento può essere oggetto di ricorso patteggiamento in Cassazione. I casi ammessi sono esclusivamente i seguenti:

1. Vizi relativi all’espressione della volontà dell’imputato di patteggiare.
2. Difetto di correlazione tra la richiesta di patteggiamento e la sentenza emessa.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto.
4. Illegalità della pena applicata o della misura di sicurezza disposta.

Qualsiasi altro motivo, per quanto potenzialmente fondato, esula da questo perimetro e non può essere fatto valere davanti alla Suprema Corte.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno rilevato che le doglianze sollevate dal ricorrente, relative alla motivazione sulla recidiva e sul bilanciamento delle circostanze, non rientravano in alcuna delle ipotesi previste dal citato art. 448, comma 2-bis. Di conseguenza, il ricorso è stato respinto senza nemmeno entrare nel merito delle questioni sollevate.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte è netta e si fonda su un’interpretazione letterale e restrittiva della norma. I giudici hanno chiarito che il legislatore ha volutamente limitato la possibilità di impugnare le sentenze di patteggiamento per garantire la stabilità e la definitività degli accordi raggiunti, che costituiscono il fondamento di questo rito speciale. Contestare il percorso argomentativo del giudice su elementi discrezionali come il bilanciamento delle circostanze non equivale a denunciare un’illegalità della pena, ma a criticare una valutazione di merito, attività preclusa in sede di legittimità per questo tipo di sentenze. La Corte ha inoltre applicato l’articolo 616 del codice di procedura penale, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro a favore della Cassa delle ammende, non ravvisando un’assenza di colpa nella proposizione di un ricorso palesemente inammissibile.

Conclusioni

La decisione riafferma un principio fondamentale: la scelta del patteggiamento comporta una significativa rinuncia al diritto di impugnazione nel merito. Il ricorso patteggiamento è un rimedio eccezionale, esperibile solo per vizi gravi e specifici che minano la legalità dell’accordo o della pena. Questa pronuncia serve da monito per la difesa: è cruciale valutare attentamente, prima di accedere al rito, non solo la convenienza della pena, ma anche la consapevolezza dei limitati strumenti di impugnazione disponibili in seguito. La stabilità degli accordi processuali prevale sulla possibilità di rimettere in discussione valutazioni discrezionali del giudice.

È possibile presentare ricorso per Cassazione contro una sentenza di patteggiamento per contestare la motivazione sulla recidiva?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che un simile motivo di ricorso è inammissibile, in quanto non rientra tra i casi espressamente e tassativamente previsti dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.

Quali sono gli unici motivi per cui si può impugnare una sentenza di patteggiamento in Cassazione?
I motivi ammessi sono esclusivamente quelli attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria (in questo caso, 3.000 euro) in favore della Cassa delle ammende, a meno che non si dimostri un’assenza di colpa nel determinare la causa di inammissibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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