Ricorso Patteggiamento: i Limiti Tassativi per l’Impugnazione in Cassazione
Il ricorso patteggiamento rappresenta una delle aree più delicate della procedura penale, poiché bilancia l’esigenza di economia processuale con il diritto di difesa. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 25609/2024) ha ribadito con fermezza i confini entro cui è possibile impugnare una sentenza emessa a seguito di accordo tra le parti, fornendo chiarimenti essenziali per gli operatori del diritto.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da un ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di patteggiamento emessa dal Tribunale di Brescia. L’imputato lamentava un vizio di motivazione in relazione a due aspetti specifici della sentenza: il riconoscimento della recidiva e il giudizio di bilanciamento tra questa e le circostanze attenuanti generiche. In sostanza, il ricorrente non contestava l’accordo raggiunto, ma il modo in cui il giudice aveva motivato alcuni elementi che avevano inciso sulla determinazione finale della pena.
I Limiti al Ricorso Patteggiamento secondo la Legge
Il cuore della questione risiede nell’interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce in modo tassativo i motivi per cui una sentenza di patteggiamento può essere oggetto di ricorso patteggiamento in Cassazione. I casi ammessi sono esclusivamente i seguenti:
1. Vizi relativi all’espressione della volontà dell’imputato di patteggiare.
2. Difetto di correlazione tra la richiesta di patteggiamento e la sentenza emessa.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto.
4. Illegalità della pena applicata o della misura di sicurezza disposta.
Qualsiasi altro motivo, per quanto potenzialmente fondato, esula da questo perimetro e non può essere fatto valere davanti alla Suprema Corte.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno rilevato che le doglianze sollevate dal ricorrente, relative alla motivazione sulla recidiva e sul bilanciamento delle circostanze, non rientravano in alcuna delle ipotesi previste dal citato art. 448, comma 2-bis. Di conseguenza, il ricorso è stato respinto senza nemmeno entrare nel merito delle questioni sollevate.
Le Motivazioni
La motivazione della Corte è netta e si fonda su un’interpretazione letterale e restrittiva della norma. I giudici hanno chiarito che il legislatore ha volutamente limitato la possibilità di impugnare le sentenze di patteggiamento per garantire la stabilità e la definitività degli accordi raggiunti, che costituiscono il fondamento di questo rito speciale. Contestare il percorso argomentativo del giudice su elementi discrezionali come il bilanciamento delle circostanze non equivale a denunciare un’illegalità della pena, ma a criticare una valutazione di merito, attività preclusa in sede di legittimità per questo tipo di sentenze. La Corte ha inoltre applicato l’articolo 616 del codice di procedura penale, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro a favore della Cassa delle ammende, non ravvisando un’assenza di colpa nella proposizione di un ricorso palesemente inammissibile.
Conclusioni
La decisione riafferma un principio fondamentale: la scelta del patteggiamento comporta una significativa rinuncia al diritto di impugnazione nel merito. Il ricorso patteggiamento è un rimedio eccezionale, esperibile solo per vizi gravi e specifici che minano la legalità dell’accordo o della pena. Questa pronuncia serve da monito per la difesa: è cruciale valutare attentamente, prima di accedere al rito, non solo la convenienza della pena, ma anche la consapevolezza dei limitati strumenti di impugnazione disponibili in seguito. La stabilità degli accordi processuali prevale sulla possibilità di rimettere in discussione valutazioni discrezionali del giudice.
È possibile presentare ricorso per Cassazione contro una sentenza di patteggiamento per contestare la motivazione sulla recidiva?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che un simile motivo di ricorso è inammissibile, in quanto non rientra tra i casi espressamente e tassativamente previsti dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.
Quali sono gli unici motivi per cui si può impugnare una sentenza di patteggiamento in Cassazione?
I motivi ammessi sono esclusivamente quelli attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria (in questo caso, 3.000 euro) in favore della Cassa delle ammende, a meno che non si dimostri un’assenza di colpa nel determinare la causa di inammissibilità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 25609 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 25609 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MUGNANO DI NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/09/2023 del TRIBUNALE di BRESCIA
(avviso alle parti;/ .
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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Rilevato che il ricorso proposto da NOME COGNOME, che deduce il vizio di motivazione in relazione al riconoscimento della recidiva e al giudizio di bilanciamento con le circostanze attenuanti generiche avverso sentenza di applicazione della pena emessa su accordo delle parti ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., è inammissibile, essendo proposto al di fuori dei casi espressamente previsti dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., che consente il ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 444 cod. proc. pen. soltanto per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza: ipotesi, queste, ch certamente esulano dalla vicenda in esame;
stante l’inammissibilità del ricorso e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. Sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 24 maggio 2024.