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Ricorso patteggiamento: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso avverso una sentenza di patteggiamento per rapina aggravata. Il motivo del ricorso, basato sul difetto di motivazione circa la mancata concessione di attenuanti generiche, non rientra tra le casistiche tassativamente previste dall’art. 448, comma 2-bis c.p.p. Tale norma, introdotta con la riforma del 2017, limita l’impugnazione del patteggiamento a specifici vizi, escludendo quelli relativi alla motivazione su circostanze già concordate tra le parti. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Limiti al Ricorso Patteggiamento: La Cassazione Chiarisce i Motivi di Inammissibilità

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sui limiti del ricorso patteggiamento, chiarendo in modo definitivo quali motivi possono essere validamente presentati per impugnare una sentenza emessa a seguito di accordo tra le parti. La decisione sottolinea la portata restrittiva della riforma introdotta con la legge n. 103 del 2017, che ha riscritto le regole per l’appello a questo rito speciale.

Il Caso: Un Appello per Mancata Concessione delle Attenuanti

Il caso in esame ha origine dalla decisione del G.I.P. del Tribunale di Roma, che applicava a un imputato la pena concordata tra le parti per il reato di concorso in rapina aggravata. La difesa dell’imputato presentava ricorso per cassazione, lamentando un unico vizio: il difetto di motivazione della sentenza in merito alla mancata concessione delle attenuanti generiche con un giudizio di prevalenza sulle aggravanti. In sostanza, si contestava al giudice di non aver adeguatamente spiegato perché non avesse ulteriormente ridotto la pena attraverso il meccanismo delle attenuanti.

I Limiti al Ricorso Patteggiamento dopo la Riforma

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la propria decisione sull’interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta nel 2017, elenca in modo tassativo i motivi per cui è possibile impugnare una sentenza di patteggiamento. Essi sono:

1. Vizi relativi all’espressione della volontà dell’imputato di patteggiare.
2. Difetto di correlazione tra la richiesta delle parti e la sentenza del giudice.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto contestato.
4. Illegalità della pena applicata o della misura di sicurezza disposta.

La norma ha lo scopo di deflazionare il carico della giustizia e di conferire maggiore stabilità alle sentenze che recepiscono un accordo processuale.

La questione del difetto di motivazione

Il fulcro della decisione della Suprema Corte risiede nel fatto che il motivo addotto dal ricorrente – il difetto di motivazione sulla comparazione delle circostanze – non rientra in nessuna delle quattro categorie sopra elencate. La Corte ha precisato che, soprattutto quando le circostanze sono state oggetto dell’accordo tra accusa e difesa, la motivazione del giudice su di esse non può essere contestata in sede di legittimità, poiché esula dal perimetro del controllo demandato alla Cassazione per questo tipo di sentenze.

Le Motivazioni della Suprema Corte

Nelle motivazioni, i giudici hanno ribadito che l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma dell’art. 606, comma terzo, del codice di procedura penale. La doglianza del ricorrente, focalizzata su un presunto vizio motivazionale, si scontra direttamente con i limiti imposti dall’art. 448, comma 2-bis. L’analisi di tale norma chiarisce che il legislatore ha inteso escludere dal sindacato di legittimità ogni questione che non riguardi i vizi fondamentali dell’accordo o della sua trasposizione in sentenza. Il giudizio di comparazione delle circostanze, essendo parte integrante dell’accordo sulla pena, non può essere rimesso in discussione attraverso un motivo di ricorso non previsto dalla legge.

Le Conclusioni

L’ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato: il ricorso patteggiamento è uno strumento con confini ben definiti. Non è possibile utilizzarlo per contestare aspetti discrezionali della valutazione del giudice, come la gestione delle attenuanti, quando questi sono già stati oggetto del patto processuale. La conseguenza diretta dell’inammissibilità del ricorso è stata, per l’imputato, la condanna al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione per aver proposto un’impugnazione priva di fondamento giuridico.

È possibile fare ricorso contro una sentenza di patteggiamento per un difetto di motivazione sulle attenuanti generiche?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che, dopo la riforma del 2017, il difetto di motivazione sulle circostanze oggetto dell’accordo tra le parti non rientra tra i motivi tassativi per cui è ammesso il ricorso contro una sentenza di patteggiamento.

Quali sono gli unici motivi per cui si può impugnare una sentenza di patteggiamento?
Secondo l’art. 448, comma 2 bis, del codice di procedura penale, il ricorso è ammesso solo per motivi relativi all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto o all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.

Cosa succede se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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