Ricorso Patteggiamento: i Limiti Tassativi per l’Accesso in Cassazione
Il ricorso patteggiamento rappresenta una delle questioni più delicate della procedura penale, specialmente quando si tratta di impugnare la sentenza davanti alla Corte di Cassazione. Una recente ordinanza della Suprema Corte (n. 13281/2024) offre un chiaro promemoria sui motivi, estremamente limitati, per cui è possibile contestare un accordo sulla pena. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni pratiche.
I Fatti del Caso
Un imputato, dopo aver raggiunto un accordo sulla pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p. (il cosiddetto ‘patteggiamento’) davanti al Tribunale di Milano, decideva di presentare ricorso per cassazione. Il motivo addotto a sostegno dell’impugnazione era il ‘vizio di motivazione’ della sentenza. In pratica, il ricorrente lamentava che il giudice di primo grado non avesse adeguatamente argomentato le ragioni della sua decisione.
L’Analisi della Corte e i Limiti del Ricorso Patteggiamento
La Corte di Cassazione ha esaminato il caso e lo ha rapidamente archiviato come inammissibile. La ragione è netta e si fonda su una norma specifica del codice di procedura penale: l’articolo 448, comma 2-bis. Questa disposizione elenca in modo tassativo i soli motivi per cui una sentenza di patteggiamento può essere impugnata in Cassazione. Essi sono:
1. Espressione della volontà dell’imputato: se l’accordo non è stato frutto di una scelta libera e consapevole.
2. Difetto di correlazione tra richiesta e sentenza: se il giudice ha deciso qualcosa di diverso da quanto concordato tra le parti.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto: se il reato è stato classificato in modo giuridicamente sbagliato.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza: se la sanzione applicata è contraria alla legge.
La Corte ha sottolineato che il ‘vizio di motivazione’ non rientra in questo elenco. Di conseguenza, il ricorso patteggiamento basato su tale doglianza era destinato fin dall’inizio a fallire.
Le Motivazioni della Decisione
La Suprema Corte ha fondato la propria decisione sulla chiara lettera della legge. Il legislatore ha volutamente ristretto le possibilità di impugnazione per le sentenze di patteggiamento al fine di garantire la stabilità e la rapidità di questo rito speciale. Consentire un sindacato sulla motivazione aprirebbe le porte a un contenzioso che snaturerebbe la logica deflattiva del patteggiamento stesso. La Corte ha quindi ritenuto il ricorso proposto ‘al di fuori dei casi espressamente previsti’.
Inoltre, applicando l’articolo 616 del codice di procedura penale, la Cassazione ha stabilito che l’inammissibilità del ricorso non fosse dovuta a una causa non imputabile al ricorrente. Di conseguenza, oltre a dichiarare l’inammissibilità, ha condannato quest’ultimo al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un ricorso palesemente infondato.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: chi sceglie la via del patteggiamento accetta un giudizio semplificato, rinunciando a un’ampia possibilità di appello. Il ricorso patteggiamento in Cassazione è un rimedio eccezionale, esperibile solo per vizi gravi e specifici che intaccano la legalità dell’accordo o della pena. Proporre un ricorso per motivi non consentiti, come il vizio di motivazione, non solo è inutile ai fini processuali, ma comporta anche conseguenze economiche negative per il ricorrente, con la condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria. È quindi cruciale, per gli operatori del diritto, valutare con estrema attenzione i presupposti di un’eventuale impugnazione per evitare esiti sfavorevoli e costi aggiuntivi.
Per quali motivi è possibile presentare un ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
È possibile presentare ricorso solo per motivi tassativamente previsti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., ovvero per vizi relativi all’espressione della volontà dell’imputato, difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, erronea qualificazione giuridica del fatto, o illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Cosa succede se si presenta un ricorso patteggiamento per motivi non previsti dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in 3.000 euro.
Il vizio di motivazione è un motivo valido per impugnare una sentenza di patteggiamento in Cassazione?
No, il vizio di motivazione non rientra nell’elenco dei motivi per i quali è ammesso il ricorso per cassazione avverso una sentenza di patteggiamento. Pertanto, un ricorso basato su tale doglianza è inammissibile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13281 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13281 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/09/2023 del TRIBUNALE di MILANO
i clato avviso alle partii udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto che il ricorso di NOME COGNOME, che deduce il vizio di motivazion avverso sentenza di applicazione della pena emessa su accordo delle parti ai sensi dell’art. 4 cod. proc. pen., è inammissibile, essendo proposto al di fuori dei casi espressamente previ dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., che consente il ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 444 cod. proc. pen. soltanto per motivi attinenti all’espressione de volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza queste, che certamente esulano dalla vicenda in esame;
stante l’inammissibilità del ricorso e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisa assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. Sent. n. 1 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processua e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 15/03/2024.