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Ricorso patteggiamento: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13282/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso patteggiamento presentato da due imputati. La Corte ha stabilito che i motivi di ricorso sono limitati a specifici casi previsti dalla legge e che l’obbligo per il giudice di avvisare sulla conversione della pena in sanzioni sostitutive (art. 545-bis c.p.p.) non si applica al rito del patteggiamento.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: Limiti e Inapplicabilità delle Sanzioni Sostitutive

L’ordinanza n. 13282/2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti del ricorso patteggiamento e sull’applicazione delle norme relative alle sanzioni sostitutive. La Suprema Corte ha ribadito che l’impugnazione di una sentenza emessa a seguito di accordo tra le parti è soggetta a vincoli precisi e che alcune garanzie previste per il rito ordinario non si estendono automaticamente ai procedimenti speciali. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale cruciale per la corretta gestione dei riti alternativi nel nostro sistema processuale penale.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso presentato da due imputati avverso una sentenza di patteggiamento emessa dal Tribunale di Bologna. Gli imputati, attraverso atti di impugnazione separati, lamentavano la violazione di legge, in particolare con riferimento all’art. 545-bis del codice di procedura penale. Tale norma impone al giudice, in caso di condanna a pena detentiva non superiore a quattro anni, di dare avviso alle parti sulla possibilità di convertire la pena detentiva in una sanzione sostitutiva. Secondo i ricorrenti, questa omissione avrebbe viziato la sentenza emessa su accordo.

I Motivi del Ricorso Patteggiamento

I ricorrenti fondavano il loro ricorso patteggiamento su due principali argomentazioni:
1. La presunta violazione dell’art. 545-bis c.p.p., sostenendo che l’obbligo di avviso per la conversione della pena dovesse applicarsi anche al procedimento di applicazione della pena su richiesta delle parti.
2. Una generica violazione dell’art. 129 c.p.p., che disciplina l’obbligo di immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità.

L’obiettivo era ottenere l’annullamento della sentenza di patteggiamento per un vizio procedurale considerato fondamentale, legato alla mancata prospettazione di un’alternativa al carcere.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili, basando la propria decisione su argomentazioni chiare e rigorose. In primo luogo, i giudici hanno ricordato che il ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento è consentito solo per i motivi tassativamente elencati dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questi includono:
* Vizi relativi all’espressione della volontà dell’imputato.
* Difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza.
* Erronea qualificazione giuridica del fatto.
* Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.

La Corte ha evidenziato come le censure mosse dai ricorrenti esulassero completamente da questo elenco. La presunta violazione dell’art. 545-bis c.p.p. non rientra in nessuna delle categorie ammesse per l’impugnazione di un patteggiamento.

Inoltre, la Cassazione ha affermato un principio di diritto fondamentale: la norma contenuta nell’art. 545-bis c.p.p. non si applica al procedimento di patteggiamento. I giudici hanno spiegato che, per ragioni sia testuali che sistematiche, tale disposizione è dettata esclusivamente per il giudizio ordinario. La natura negoziale del patteggiamento, basata su un accordo tra accusa e difesa, è intrinsecamente diversa dalla logica del dibattimento, dove il giudice valuta autonomamente la pena e le sue possibili conversioni solo al termine dell’istruttoria. A sostegno di questa interpretazione, sono state richiamate precedenti pronunce conformi (Sez. 2, n. 50010/2023; Sez. 6, n. 30767/2023).

Conclusioni

La decisione della Suprema Corte consolida la specialità del rito del patteggiamento e ne definisce con precisione i confini di impugnabilità. Viene stabilito che chi accede a un rito premiale come il patteggiamento accetta un quadro di garanzie e di possibilità di ricorso più circoscritto rispetto al rito ordinario. L’obbligo di avviso per la conversione in sanzioni sostitutive è una prerogativa del giudizio dibattimentale e non può essere esteso a un contesto basato sull’accordo processuale. Di conseguenza, l’inammissibilità dei ricorsi ha comportato la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro a favore della Cassa delle ammende, a causa dell’assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.

È possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento per qualsiasi motivo?
No, il ricorso è consentito solo per i motivi tassativamente indicati dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., quali vizi del consenso, erronea qualificazione giuridica del fatto o illegalità della pena.

Nel procedimento di patteggiamento, il giudice è obbligato ad avvisare della possibilità di convertire la pena in sanzioni sostitutive?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’obbligo di avviso previsto dall’art. 545-bis c.p.p. è dettato esclusivamente per il giudizio ordinario e non si applica al rito del patteggiamento.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile e non si ravvisa assenza di colpa nel ricorrente, quest’ultimo viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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