Ricorso Patteggiamento: La Cassazione e i Limiti all’Impugnazione
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito i confini invalicabili per l’impugnazione di una sentenza emessa a seguito di patteggiamento. L’analisi del ricorso patteggiamento in questione offre uno spunto fondamentale per comprendere le modifiche introdotte dalla riforma del 2017 e le loro conseguenze pratiche. La decisione sottolinea come la scelta del rito alternativo comporti una rinuncia a determinate garanzie, inclusa la possibilità di contestare la sentenza per qualsiasi motivo.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dalla decisione di un individuo, imputato per il reato di tentato furto aggravato, di accedere al rito del patteggiamento, come previsto dall’art. 444 del codice di procedura penale. Il Tribunale di Busto Arsizio accoglieva la richiesta, emettendo la relativa sentenza. Successivamente, l’imputato proponeva ricorso per cassazione avverso tale sentenza, lamentando un unico vizio: la mancanza di motivazione.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile senza neppure la necessità di formalità di udienza. La decisione si fonda sull’applicazione dell’art. 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale, introdotto dalla legge n. 103 del 2017. Questa norma ha significativamente ristretto i motivi per cui è possibile presentare un ricorso patteggiamento.
La Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di quattromila euro in favore della Cassa delle ammende, a causa della palese infondatezza del ricorso proposto.
Le Motivazioni della Decisione
Il cuore della pronuncia risiede nell’analisi dell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa disposizione, anch’essa frutto della riforma del 2017, elenca in modo tassativo i motivi per cui il pubblico ministero e l’imputato possono impugnare una sentenza di patteggiamento. Essi sono:
1. Vizi relativi all’espressione della volontà dell’imputato.
2. Difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.
La Corte ha evidenziato come il motivo addotto dal ricorrente, ovvero la “mancanza di motivazione”, non rientri in questo elenco chiuso. La legge, infatti, non consente una critica generica sull’apparato motivazionale della sentenza di patteggiamento, ma solo la contestazione di vizi specificamente individuati. Poiché nel ricorso non veniva denunciata alcuna illegalità della pena, né alcuno degli altri motivi ammessi, l’impugnazione è stata ritenuta inammissibile.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato. La scelta del patteggiamento è un atto processuale dalle conseguenze significative, che implica una compressione del diritto di impugnazione. Gli operatori del diritto e gli imputati devono essere consapevoli che, una volta emessa la sentenza di applicazione della pena su richiesta, le possibilità di rimetterla in discussione sono estremamente limitate. È essenziale, quindi, una valutazione ponderata e strategica prima di optare per questo rito alternativo, poiché un eventuale ricorso patteggiamento basato su motivi non previsti dalla legge sarà inevitabilmente destinato all’inammissibilità, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per mancanza di motivazione?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che, a seguito della riforma del 2017, la mancanza di motivazione non rientra più tra i motivi validi per proporre ricorso contro una sentenza di patteggiamento.
Quali sono gli unici motivi per cui si può fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
Il ricorso è ammesso solo per motivi specifici: problemi legati all’espressione della volontà dell’imputato, difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, erronea qualificazione giuridica del fatto, e illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Cosa accade se si propone un ricorso per un motivo non consentito dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35994 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35994 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/04/2025 del TRIBUNALE di BUSTO ARSIZIO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Il ricorrente in epigrafe ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. dal Tribunale di Busto Arsizio in relazione al reato d aggravato tentato.
L’esponente deduce vizio di mancanza di motivazione.
Va dichiarata l’inammissibilità del ricorso senza formalità ai sensi dell’art. 610, com 5 -bis cod. proc. pen, introdotto dall’art. 1, comma 62, della legge 23.6.2017 n. 103, a decorrer dal 3 agosto 2017.
Ed invero, a far tempo da tale ultima data, successive alla quale sono sia la richiesta patteggiamento che la relativa impugnativa (cfr. art. 1, co. 51, della L. 23.6.2017 n. 10 pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza di applicazione della pena ex artt. 444 e so. cod. proc. pen. “solo per motivi attinenti all’espress della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza all’ qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena e della misura di sicurezza” ( comma 2-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla legge n.103/17).
Orbene, é agevole rilevare il vizio di motivazione non rientra tra i motivi prospettabili il ricorso per cassazione e che non è stata denunciata la illegalità della pena.
Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila, determinata secondo equità, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di quattromila euro in favore della Cassa delle ammende.
Roma 7 ottobre 2025