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Ricorso patteggiamento: quando è inammissibile?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso contro una sentenza di patteggiamento. Il motivo dell’appello, basato su un presunto vizio di motivazione, non rientra tra le cause tassativamente previste dalla legge (art. 448, comma 2-bis, c.p.p.). Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di 3.000 euro.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: la Cassazione Ribadisce i Limiti Tassativi

L’istituto dell’applicazione della pena su richiesta delle parti, comunemente noto come patteggiamento, rappresenta una delle principali forme di definizione alternativa del processo penale. Tuttavia, la sua natura consensuale impone limiti stringenti alla possibilità di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione illumina proprio i confini del ricorso patteggiamento, chiarendo quali motivi possono essere validamente presentati e quali, invece, conducono a una declaratoria di inammissibilità con conseguente condanna a spese e sanzioni.

I Fatti del Caso Processuale

Il caso in esame ha origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di patteggiamento emessa dal Tribunale di Brescia. Il ricorrente lamentava un ‘vizio di motivazione’ nella sentenza con cui era stata applicata la pena concordata con il pubblico ministero. Questa doglianza, sebbene comune nelle impugnazioni ordinarie, si scontra con la disciplina specifica prevista per il rito speciale del patteggiamento.

I Limiti al Ricorso Patteggiamento secondo la Legge

La Corte di Cassazione ha immediatamente dichiarato il ricorso inammissibile, fondando la propria decisione sul dettato normativo dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce un elenco tassativo ed esclusivo di motivi per i quali è possibile presentare ricorso contro una sentenza di patteggiamento. I motivi ammessi sono:

1. Vizi relativi all’espressione della volontà dell’imputato: ad esempio, se il consenso al patteggiamento non è stato prestato liberamente e consapevolmente.
2. Difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza: quando il giudice si discosta da quanto concordato tra le parti.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto: se il reato contestato è stato inquadrato in una fattispecie errata.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata: qualora la sanzione inflitta sia contraria alla legge per specie o quantità.

La Suprema Corte ha sottolineato che il vizio di motivazione, motivo addotto dal ricorrente, non rientra in questo elenco circoscritto.

Le Motivazioni della Decisione

I giudici di legittimità hanno spiegato che la logica dietro questa limitazione risiede nella natura stessa del patteggiamento. Essendo un accordo tra accusa e difesa, ratificato dal giudice, il controllo successivo non può estendersi alla congruità della motivazione, se non nei limiti in cui questa incida su uno dei profili di illegalità espressamente previsti. Il ricorso proposto, pertanto, si collocava al di fuori del perimetro legale, rendendolo irrimediabilmente inammissibile.

La Corte ha inoltre applicato il principio, consolidato anche dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale, secondo cui all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente. Non essendo stata ravvisata un’assenza di colpa nella proposizione dell’impugnazione, l’imputato è stato condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una sanzione pecuniaria.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per la difesa: il ricorso patteggiamento non è uno strumento utilizzabile per rimettere in discussione l’opportunità o la congruità della pena concordata. Le vie di impugnazione sono strettamente definite e limitate a vizi sostanziali che inficiano la legalità dell’accordo o della sentenza che lo recepisce. La proposizione di un ricorso per motivi non consentiti, come il semplice vizio di motivazione, comporta non solo il rigetto dell’istanza, ma anche onerose conseguenze economiche, quali la condanna al pagamento di una somma, ritenuta equa nel caso di specie in 3.000 euro, in favore della Cassa delle ammende. Questa decisione rafforza la stabilità delle sentenze di patteggiamento e disincentiva impugnazioni dilatorie o palesemente infondate.

È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per un vizio di motivazione?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che il vizio di motivazione non rientra tra i motivi tassativamente previsti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., per impugnare una sentenza emessa a seguito di patteggiamento.

Quali sono i motivi per cui si può fare ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
Il ricorso è consentito solo per questioni attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto o all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.

Cosa succede se un ricorso contro un patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso viene dichiarato inammissibile e non si ravvisa un’assenza di colpa nel ricorrente, questi viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata a 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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