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Ricorso patteggiamento: quando è inammissibile?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso patteggiamento presentato da due imputati. Essi contestavano la mancata valutazione, da parte del giudice, delle condizioni per una sentenza di proscioglimento. La Corte ha stabilito che, in base all’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., tale motivo di ricorso è espressamente escluso per le sentenze di patteggiamento, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: Limiti e Inammissibilità secondo la Cassazione

Il ricorso patteggiamento rappresenta una delle questioni più delicate della procedura penale, poiché bilancia l’esigenza di economia processuale con il diritto di difesa. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce in modo inequivocabile i limiti di tale ricorso, specialmente dopo le riforme legislative. Il caso analizzato offre spunti fondamentali per comprendere quando l’impugnazione di una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti è destinata a essere dichiarata inammissibile, con conseguenze onerose per il ricorrente.

I Fatti del Caso

Due soggetti avevano concordato una pena (patteggiamento) con la Procura per i reati, rispettivamente, di riciclaggio e di ricettazione e violazione di una misura di prevenzione. Il Giudice per le indagini preliminari aveva ratificato l’accordo, emettendo la relativa sentenza. Successivamente, tramite il loro difensore, i due imputati proponevano ricorso per cassazione, lamentando un vizio procedurale. A loro avviso, il giudice di primo grado avrebbe errato nell’affermare la loro responsabilità, omettendo di valutare la sussistenza delle condizioni per una sentenza di proscioglimento immediato, come previsto dall’articolo 129 del codice di procedura penale.

La Decisione della Corte e i Limiti al Ricorso Patteggiamento

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi proposti totalmente inammissibili. La decisione si fonda su un’interpretazione rigorosa e letterale di una norma specifica, introdotta per limitare le impugnazioni meramente dilatorie avverso le sentenze di patteggiamento. Gli Ermellini hanno agito con una procedura accelerata (“de plano”), confermando la solidità del quadro normativo vigente.

Le Motivazioni

Il fulcro della motivazione risiede nell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto dalla legge n. 103 del 2017. Questa norma stabilisce in modo esplicito che il ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento è inammissibile se si basa sulla “omessa valutazione da parte del giudice delle condizioni per pronunziare sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.”.

La Corte ha ribadito un orientamento ormai consolidato: la legge ha voluto chiudere la porta a un tipo di contestazione che, in passato, poteva essere utilizzata per mettere in discussione l’accordo stesso raggiunto tra difesa e accusa. La scelta del patteggiamento implica una rinuncia a contestare nel merito l’accusa, in cambio di uno sconto di pena. Permettere un ricorso basato sulla mancata valutazione dei presupposti per l’assoluzione svuoterebbe di significato l’istituto stesso.
Di conseguenza, avendo i ricorrenti basato la loro impugnazione proprio su un motivo escluso dalla legge, la Corte non ha potuto fare altro che dichiarare l’inammissibilità del ricorso. Come conseguenza diretta, ai sensi dell’articolo 616 del codice di procedura penale, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro ciascuno alla Cassa delle ammende, a titolo di sanzione per aver proposto un ricorso infondato.

Le Conclusioni

Questa ordinanza conferma che le vie di impugnazione di una sentenza di patteggiamento sono estremamente ristrette. La scelta di accedere a questo rito alternativo deve essere ponderata attentamente, poiché preclude la possibilità di sollevare in Cassazione questioni relative alla valutazione del merito della colpevolezza, inclusa l’eventuale esistenza di cause di proscioglimento. Il legislatore ha inteso cristallizzare l’accordo tra le parti, rendendolo difficilmente attaccabile, se non per vizi procedurali specifici e diversi da quelli esclusi dalla norma. Per gli operatori del diritto, ciò significa consigliare con estrema chiarezza i propri assistiti sulle conseguenze preclusive del patteggiamento, mentre per gli imputati rappresenta un monito a non intraprendere ricorsi privi di fondamento legale, pena l’applicazione di pesanti sanzioni economiche.

È possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
Sì, è possibile, ma solo per un numero limitato di motivi espressamente previsti dalla legge. Non si possono contestare i fatti o la valutazione della colpevolezza.

Si può contestare in Cassazione la mancata assoluzione (ex art. 129 c.p.p.) in una sentenza di patteggiamento?
No. In base all’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, questo specifico motivo di ricorso è espressamente dichiarato inammissibile dalla legge.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso contro un patteggiamento?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un ricorso privo dei presupposti di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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