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Ricorso patteggiamento: quando è inammissibile?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5894/2025, ha dichiarato inammissibile un ricorso patteggiamento presentato da un imputato condannato per un reato minore di droga. Il ricorso lamentava la mancata motivazione sull’assenza di cause di proscioglimento. La Corte ha ritenuto il motivo generico e non rientrante nei casi di ricorso ammessi dalla legge, condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento Inammissibile: La Lezione della Cassazione

L’istituto della pena concordata, comunemente noto come ‘patteggiamento’, rappresenta una delle vie più rapide per la definizione di un procedimento penale. Tuttavia, la scelta di questo rito speciale comporta significative limitazioni al diritto di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 5894/2025) offre un chiaro esempio dei rigorosi paletti che delimitano l’ammissibilità di un ricorso patteggiamento, sottolineando l’importanza della specificità dei motivi e del rispetto dei limiti normativi.

I Fatti del Caso: Dal Patteggiamento al Ricorso

Il caso trae origine da una sentenza di patteggiamento emessa dal Tribunale di Rimini. Un individuo, accusato di un reato in materia di stupefacenti di lieve entità (previsto dall’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990), aveva concordato con la Procura una pena di undici mesi di reclusione e 1.100,00 euro di multa. Nonostante l’accordo, la difesa decideva di presentare ricorso davanti alla Suprema Corte di Cassazione.

Il Motivo del Ricorso: La Presunta Violazione dell’Art. 129 c.p.p.

L’unico motivo di doglianza sollevato dal ricorrente riguardava un presunto vizio di motivazione. In particolare, si contestava al giudice di primo grado di non aver adeguatamente spiegato le ragioni per cui aveva escluso la sussistenza delle condizioni per un proscioglimento immediato, come previsto dall’articolo 129 del codice di procedura penale. Quest’ultima norma impone al giudice di dichiarare d’ufficio determinate cause di non punibilità in ogni stato e grado del processo, qualora ne ricorrano i presupposti evidenti.

La Decisione della Cassazione: Analisi del ricorso patteggiamento

La Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza dell’imputato, ma si concentra esclusivamente sulla correttezza procedurale e sulla fondatezza giuridica del ricorso stesso. La Corte ha stabilito che i motivi presentati non superavano la soglia di ammissibilità richiesta dalla legge.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha fondato la sua decisione su due pilastri argomentativi principali.

In primo luogo, ha rilevato la genericità e la mancanza di specificità del motivo di ricorso. La difesa si era limitata a lamentare un’omessa motivazione senza però indicare alcun elemento fattuale concreto che avrebbe dovuto indurre il giudice a una valutazione diversa. Per contestare la mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p., non è sufficiente una critica astratta, ma è necessario specificare quali elementi di prova, presenti agli atti, rendessero evidente una causa di proscioglimento.

In secondo luogo, e in modo ancora più decisivo, la Corte ha sottolineato che il motivo sollevato era estraneo al catalogo tassativo dei vizi denunciabili con il ricorso contro una sentenza di patteggiamento. L’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale elenca in modo preciso le uniche ragioni per cui è possibile impugnare una sentenza di questo tipo. Tra queste non rientra una generica contestazione sulla valutazione delle condizioni per il proscioglimento, a meno che non emerga da elementi palesi e incontestabili.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale: il ricorso patteggiamento è uno strumento con limiti ben definiti. La scelta di definire il processo con un accordo sulla pena implica una sostanziale rinuncia a contestare nel merito la ricostruzione dei fatti. Le impugnazioni successive sono consentite solo per vizi specifici e gravi, come errori nella qualificazione giuridica del fatto o nell’applicazione della pena.

La decisione ha anche conseguenze pratiche per il ricorrente, che è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle Ammende. Ciò evidenzia come un ricorso presentato senza solide basi giuridiche non solo sia destinato all’insuccesso, ma comporti anche un ulteriore onere economico. Per gli operatori del diritto, questa pronuncia è un monito a formulare i motivi di ricorso con estrema precisione, soprattutto in un ambito così circoscritto come quello delle impugnazioni post-patteggiamento.

È possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
Sì, ma solo per i motivi specificamente elencati nell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, che non includono una generica contestazione della mancata motivazione sul proscioglimento se non basata su elementi fattuali concreti.

Perché il ricorso in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché il motivo era privo di specificità, non indicava elementi concreti a sostegno della richiesta di proscioglimento e, comunque, sollevava questioni non comprese tra quelle per cui la legge ammette l’impugnazione di una sentenza di patteggiamento.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, 3.000 euro) a favore della Cassa delle Ammende, a causa della colpa nell’aver proposto un’impugnazione non consentita.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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