Ricorso Patteggiamento: Limiti e Inammissibilità secondo la Cassazione
Il ricorso patteggiamento rappresenta un’area del diritto processuale penale dai contorni ben definiti. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci offre l’opportunità di approfondire i limiti entro cui è possibile impugnare una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti. Analizzeremo come la Suprema Corte abbia ribadito il suo orientamento restrittivo, sottolineando che il controllo di legittimità è ammesso solo in casi eccezionali e ben circostanziati.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dalla decisione del G.i.p. del Tribunale di Lecco, che aveva applicato a un imputato la pena concordata con il pubblico ministero, secondo il rito del patteggiamento previsto dall’art. 444 del codice di procedura penale. Successivamente, l’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza. L’unica doglianza sollevata riguardava un presunto vizio di motivazione: secondo la difesa, il giudice di merito non aveva specificato le ragioni per cui non aveva applicato l’art. 129 c.p.p., norma che impone l’immediato proscioglimento dell’imputato qualora sussista una causa di non punibilità.
Il Ricorso Patteggiamento e i Suoi Limiti
La difesa ha incentrato il ricorso patteggiamento su un punto cruciale: l’obbligo del giudice di valutare, prima di applicare la pena concordata, l’eventuale sussistenza di cause di proscioglimento. Il mancato esplicito ragionamento su questo punto, secondo il ricorrente, costituiva un vizio di motivazione che invalidava la sentenza. Tuttavia, l’approccio della difesa è stato ritenuto dalla Suprema Corte troppo generico e non supportato da elementi concreti.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo una chiara spiegazione basata su principi giuridici consolidati. Gli Ermellini hanno premesso che il ricorso avverso una sentenza di patteggiamento propone questioni non consentite, data la natura negoziale dell’accordo tra accusa e difesa.
Richiamando un proprio precedente (sentenza n. 39159 del 2019), la Corte ha ribadito un principio fondamentale: una sentenza di patteggiamento può essere oggetto di controllo di legittimità per vizio di motivazione, in relazione alla mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p., soltanto se dal testo stesso della sentenza impugnata appaia evidente la sussistenza di una causa di non punibilità.
Nel caso specifico, il ricorrente si era limitato a denunciare l’omessa motivazione in modo del tutto “generico ed apodittico”, senza indicare alcun elemento concreto ed evidente, desumibile dalla sentenza, che potesse far emergere una causa di proscioglimento. Di conseguenza, il motivo di ricorso è stato giudicato manifestamente infondato.
La declaratoria di inammissibilità ha comportato, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a causa della colpa ravvisata nella proposizione di un ricorso privo dei requisiti di legge.
Le Conclusioni
Questa ordinanza conferma la rigidità con cui la Corte di Cassazione valuta i ricorsi avverso le sentenze di patteggiamento. La decisione sottolinea che l’accordo sulla pena limita notevolmente le successive possibilità di impugnazione. Il controllo sulla corretta applicazione dell’art. 129 c.p.p. non è escluso in assoluto, ma è confinato a ipotesi eccezionali in cui l’innocenza o la non punibilità dell’imputato emergano ictu oculi dal provvedimento stesso. Per gli operatori del diritto, questo rappresenta un monito a non intraprendere impugnazioni generiche, che non solo non hanno possibilità di successo, ma espongono anche il proprio assistito a ulteriori sanzioni economiche.
È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per mancata motivazione sul proscioglimento?
No. Secondo la Corte di Cassazione, tale impugnazione è ammissibile solo se la causa di proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.) è palesemente evidente dal testo stesso della sentenza impugnata. Non è sufficiente una lamentela generica.
Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, l’art. 616 del codice di procedura penale prevede la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, se si ravvisa una colpa nella proposizione del ricorso, anche al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende. In questo caso, la somma è stata fissata a 3.000 euro.
Perché il motivo di ricorso è stato definito ‘generico ed apodittico’?
Perché la difesa si è limitata a sostenere che il giudice non aveva motivato la mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p., senza però indicare alcun elemento specifico presente nella sentenza che potesse rendere evidente una causa di non punibilità. Era un’affermazione non supportata da prove concrete desumibili dagli atti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 33815 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 33815 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME, nato in Marocco il DATA_NASCITA; avverso la sentenza pronunciata in data 14/05/2025 dal Tribunale di Lecco; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; rilevato che il procedimento è stato trattato con il rito “de plano”;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe resa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., il G.i.p. del Tribun Lecco, ha applicato all’imputato, ritenendola congrua, la pena concordata dalle parti.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del propri difensore, articolando un unico motivo di doglianza, con il quale ha dedotto vizio di motivazi per non avere, il Tribunale di Lecco, indicato i motivi per i quali aveva ritenuto di non app l’art. 129 cod. proc. pen..
GLYPH
9
Ciò premesso, il ricorso è inammissibile perché propone questioni non consentite in presenza di una sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen..
3.1 Questa Corte ha avuto occasione di puntualizzare che «la sentenza del giudice di merito che applichi la pena su richiesta delle parti, escludendo che ricorra una delle ipotesi prosciogliment previste dall’art. 129 cod. proc. pen., può essere oggetto di controllo di legittimità, sotto il del vizio di motivazione, soltanto se dal testo della sentenza impugnata appaia evidente la sussistenza di una causa di non punibilità ex art. 129 cod. proc. pen.» (Sez. 2, n. 39159 del 10/09/2019, COGNOME, Rv. 277102-01); evenienza peraltro dedotta nel ricorso in esame in modo de tutto generico ed apodittico.
Quanto esposto comporta la declaratoria di inammissibilità del ricorso, cui segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così è deciso, in Roma il 9 luglio 2025
NOME COGNOME
Il Consigliere estensore
GLYPH
Il Presidente
NOME COGNOME