Ricorso Patteggiamento: i Limiti Tassativi dell’Impugnazione
L’istituto del patteggiamento rappresenta una delle vie più comuni per la definizione accelerata dei procedimenti penali. Tuttavia, la scelta di questo rito speciale comporta significative limitazioni per quanto riguarda la possibilità di impugnare la sentenza. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 854/2024) ribadisce con chiarezza i confini invalicabili del ricorso patteggiamento, dichiarandolo inammissibile quando i motivi proposti non rientrano nell’elenco tassativo previsto dalla legge.
Il Caso: Appello contro una Sentenza di Patteggiamento
Il caso esaminato dalla Suprema Corte nasce dal ricorso di un imputato avverso una sentenza di patteggiamento emessa dal Tribunale di Brescia. Il ricorrente lamentava una violazione di legge, sostenendo che il giudice di merito avesse omesso di verificare l’eventuale sussistenza di cause di proscioglimento, come previsto dall’articolo 129 del Codice di Procedura Penale. In sostanza, si contestava che il giudice avesse applicato la pena concordata senza prima accertare che non vi fossero le condizioni per un’assoluzione piena.
I Limiti al Ricorso Patteggiamento secondo la Cassazione
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso con una procedura semplificata (de plano), dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su un’interpretazione rigorosa dell’articolo 448, comma 2-bis, del Codice di Procedura Penale. Questa norma limita in modo esplicito e tassativo i motivi per cui è possibile presentare un ricorso patteggiamento.
I giudici hanno sottolineato come i motivi proposti dall’imputato non rientrassero in alcuna delle ipotesi consentite dalla legge. In particolare, la presunta mancata verifica delle cause di proscioglimento non costituisce un vizio che può essere fatto valere in sede di legittimità contro una sentenza emessa a seguito di accordo tra le parti.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha spiegato che la scelta del patteggiamento implica una parziale rinuncia al diritto di impugnazione. L’articolo 448, comma 2-bis, c.p.p. è stato introdotto proprio per deflazionare il carico della Corte di Cassazione, impedendo ricorsi basati su motivi non essenziali o pretestuosi. La norma consente l’impugnazione solo per vizi specifici, come errori nel calcolo della pena, errata qualificazione giuridica del fatto, o illegalità della sanzione applicata. La doglianza relativa all’articolo 129 c.p.p., essendo di carattere più generale e attinente a una valutazione di merito che si presume superata dall’accordo stesso, non trova spazio in questo elenco chiuso. La Corte ha richiamato anche un suo precedente conforme (Sentenza n. 1032 del 2019), consolidando un orientamento giurisprudenziale ormai stabile.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per la difesa. La decisione di accedere al patteggiamento deve essere ponderata attentamente, tenendo conto delle severe limitazioni all’impugnazione. Non è possibile utilizzare il ricorso in Cassazione per rimettere in discussione valutazioni che sono state implicitamente superate dall’accordo sulla pena. La conseguenza di un ricorso inammissibile, come in questo caso, non è solo la conferma della sentenza, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata quantificata in tremila euro.
È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
No, non è sempre possibile. L’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale elenca tassativamente i motivi per cui si può impugnare una sentenza di patteggiamento, limitandoli a specifiche violazioni di legge.
Si può contestare con il ricorso patteggiamento la mancata verifica di cause di proscioglimento da parte del giudice?
No, secondo questa ordinanza, la mancata verifica da parte del giudice dell’insussistenza di cause di proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.) non rientra tra i motivi per cui è ammesso il ricorso contro una sentenza di patteggiamento.
Cosa succede se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito nel provvedimento.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 854 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 6 Num. 854 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME nato in Marocco il 10.04.1978
avverso la sentenza dell’11/05/2023 emessa dal Tribunale di Brescia;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
OSSERVA
Ritenuto che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con procedura de plano perché i motivi proposti non sono consentiti in relazione alla tipologia di sentenza. In tema di patteggiamento, è, invero, inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza applicativa della pena con cui si deduca il vizio di violazione di legge per la mancata verifica dell’insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 cod., atteso che l’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., limita l’impugnabilità della pronuncia alle sole ipotesi di violazione di legge in esso tassativamente indicate (Sez. 6, Sentenza n. 1032 del 07/11/2019, COGNOME, Rv. 278337).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con procedura de plano e condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 30 novembre 2023
SEZIONE VI PENALE