Ricorso Patteggiamento: Quando la Richiesta di Sanzioni Sostitutive è Inammissibile
L’istituto del patteggiamento rappresenta una delle vie più battute nel processo penale per definire la posizione di un imputato in modo rapido. Tuttavia, i confini di questo accordo sono rigidi e non ammettono ripensamenti o aggiunte postume. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: la richiesta di sanzioni sostitutive, come i lavori di pubblica utilità, deve essere parte integrante dell’accordo iniziale. Analizziamo questa decisione per comprendere le implicazioni pratiche per chi affronta un ricorso patteggiamento.
I Fatti del Caso
Un imputato, dopo aver raggiunto un accordo con la pubblica accusa per l’applicazione di una determinata pena (patteggiamento), presentava in udienza una richiesta separata. In questa istanza, chiedeva al giudice di sostituire la pena detentiva concordata con una sanzione alternativa, come i lavori di pubblica utilità o la detenzione domiciliare. Il giudice di primo grado respingeva tale richiesta, applicando la pena come da accordo. Contro questa decisione, l’imputato proponeva ricorso per cassazione, lamentando il mancato accoglimento della sua istanza di sostituzione della pena.
La Decisione della Corte di Cassazione sul ricorso patteggiamento
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno stabilito che la questione sollevata dal ricorrente non rientrava tra i motivi per cui è possibile impugnare una sentenza di patteggiamento, così come tassativamente elencati dalla legge. La Corte ha inoltre condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, confermando la correttezza della decisione del giudice di merito.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha basato la sua decisione su una chiara interpretazione delle norme che regolano il patteggiamento e il relativo ricorso. Vediamo i punti chiave:
1. Limiti all’Impugnazione: L’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto dalla riforma Orlando (legge n. 103/2017), stabilisce che il ricorso avverso una sentenza di patteggiamento è consentito solo per motivi specifici: vizio della volontà dell’imputato, mancata correlazione tra richiesta e sentenza, erronea qualificazione giuridica del fatto o illegalità della pena. La richiesta di una sanzione sostitutiva non concordata non rientra in nessuna di queste categorie.
2. Necessità dell’Accordo sulle Sanzioni Sostitutive: Il punto cruciale della motivazione risiede nell’articolo 448, comma 1-bis, c.p.p. Questa norma prevede che le sanzioni sostitutive possano essere applicate in sede di patteggiamento solo se le parti (imputato e pubblico ministero) le hanno espressamente concordate nella richiesta di applicazione della pena. In altre parole, la scelta di una pena alternativa non può essere una decisione unilaterale dell’imputato o una richiesta successiva all’accordo, ma deve essere il frutto della negoziazione tra le parti e formalizzata nel patto stesso.
3. Inapplicabilità delle Norme del Giudizio Ordinario: La difesa aveva implicitamente invocato l’applicazione dell’articolo 545-bis c.p.p., che permette al giudice del dibattimento, dopo la condanna, di valutare la sostituzione della pena detentiva. La Cassazione ha ribadito che questa norma è dettata per il giudizio ordinario e non è estensibile al rito speciale del patteggiamento, che ha una sua disciplina autonoma e fondata sull’accordo delle parti.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza consolida un principio fondamentale per chi intende accedere al patteggiamento. La decisione di richiedere una sanzione sostitutiva deve essere presa durante la fase delle trattative con il pubblico ministero e deve essere formalizzata nell’atto di patteggiamento. Non è possibile ‘tenere in serbo’ questa richiesta per presentarla solo davanti al giudice in un secondo momento.
Per gli avvocati e i loro assistiti, ciò significa che l’accordo deve essere completo e deve contemplare ogni aspetto della sanzione finale. Qualsiasi richiesta avanzata al di fuori di questo perimetro negoziale è destinata a essere respinta, e un eventuale ricorso patteggiamento basato su tale diniego sarà dichiarato inammissibile, con conseguente condanna alle spese. La strategia difensiva deve quindi essere chiara e definita fin dal principio, includendo nell’accordo ogni elemento che si desidera sottoporre alla valutazione del giudice.
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per chiedere sanzioni sostitutive non concordate?
No, la Cassazione ha chiarito che il ricorso è inammissibile se la richiesta di sanzioni sostitutive (come lavori di pubblica utilità o detenzione domiciliare) non era inclusa nell’accordo di patteggiamento originario tra l’imputato e il pubblico ministero.
Quali sono i motivi validi per un ricorso patteggiamento?
L’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale limita i motivi di ricorso a questioni relative all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto, all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Perché la richiesta di una sanzione sostitutiva deve essere inclusa nell’accordo di patteggiamento?
Perché l’art. 448, comma 1-bis, del codice di procedura penale stabilisce espressamente che si può applicare una sanzione sostitutiva solo se le parti l’hanno specificamente concordata nella richiesta di applicazione della pena. La normativa prevista per il giudizio ordinario non si applica al rito speciale del patteggiamento.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33515 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33515 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
SINISTRO NOME nato a LECCE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/12/2023 del GIP TRIBUNALE di LECCE
– ralle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminato il ricorso proposto da Sinistro NOME.
Considerato che, ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla legge n. 103 del 2017, in vigore dal 3 agosto 2017, il ricorso avverso la sentenza di patteggiamento risulta proponibile solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto, all’illegali della pena o della misura di sicurezza.
Considerato che il rilievo difensivo, riguardante il mancato accoglimento della richiesta di sostituzione della pena concordata con quella del lavoro del lavoro di pubblica utilità o della detenzione domiciliare – presentata separatamente in udienza e non contenuta nel patto raggiunto – è destituito di fondamento;
considerato che appaiono condivisibili le argomentazioni a sostegno del diniego illustrate in motivazione, in quanto conformi al dettato di cui all’art. 448, comma 1-bis cod. proc. pen., a mente del quale si può fare luogo all’applicazione della sanzione sostitutiva ove le parti lo abbiano concordato nella richiesta di applicazione della pena, essendo esclusa l’applicabilità in sede di patteggiamento dell’art. 545-bis cod. proc. pen., norma dettata per il giudizio ordinario.
Ritenuto pertanto che il caso prospettato nel ricorso non rientra tra quelli per i quali è proponibile l’impugnazione.
Ritenuto che la decisione in ordine alla inammissibilità del ricorso deve essere adottata “de plano”, poiché l’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen. prevede espressamente, quale unico modello procedimentale per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso avverso la sentenza di applicazione della pena, la dichiarazione senza formalità.
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa del ricorrente (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 29 maggio 2024
Il Consigliere estensore
Il Pre den e