Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 31777 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 31777 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato in Egitto il 28/01/1971
avverso la sentenza del 04/04/2025 del Tribunale di Cremona
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 04/04/2025, il Tribunale di Cremona, su richiesta del difensore munito di procura speciale e con il consenso del pubblico ministero, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., ritenuta la continuazione tra i reati sub iudice di ricettazione di farmaci di cui ai capi 2), 4) e 5) dell’imputazione e i reati g giudicati con la sentenza del 06/07/2020 del G.i.p. del Tribunale di Cremona, divenuta definitiva il 20/04/2022 (reati di cui ai capi 1, 4, 14, 23, 35 e 38 dell’imputazione) ha applicato ad NOME la pena di tre anni e quattro mesi di reclusione ed C 3.200,00 di multa.
Avverso l’indicata sentenza del 04/04/2025 del Tribunale di Cremona, ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite del proprio difensore avv. NOME COGNOME NOME COGNOME affidato a due motivi.
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., il «vizio di motivazione in merito al trattamento sanzionatorio irrogato», per avere il Tribunale di Cremona «ome una propria valutazione circa le motivazioni sottese alla congruità di tale trattamento
sanzionatorio», attesa «la carenza di motivazione dell’impugnanda sentenza, idonea ad enucleare e ad individuare i criteri legali che hanno determinato l’applicazione della pena irrogata in concreto».
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., l’«erronea applicazione della legge penale in relazione alla rilevata sussistenza degli elementi costitutivi del reato di cui al capo d’imputazione ovvero per erronea qualificazione giuridica», per avere il Tribunale di Cremona «omesso] un vaglio critico circa la sussistenza degli elementi integranti la fattispecie di reato contestata», atteso che «’interpretazione data dal Tribunale appare giuridicamente incongrua e/o comunque non corretta, sotto il profilo della contestata violazione della norma sostanziale, nonché dell’applicazione delle norme processuali», e che lo stesso Tribunale avrebbe «omesso di valutare compiutamente gli elementi costitutivi del delitto p. e p. dall’articolo di cui al capo d’imputazione».
In base al nuovo comma 2-bis dell’art. 448 cod. proc. pen., inserito dall’art. 1, comma 50, della legge 23 giugno 2017, n. 103, il pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Ciò rammentato, si deve rilevare che il primo motivo di ricorso, il quale concerne non l’illegalità della pena – da intendere come sanzione non prevista dall’ordinamento giuridico ovvero eccedente, per specie e quantità, il limite legale – ma profili relativi alla motivazione della commisurazione della stessa non rientra tra i suddetti casi per i quali è ammesso il ricorso per cassazione avverso la sentenza di patteggiamento.
La Corte di cassazione ha infatti chiarito che è inammissibile, a norma dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., il ricorso per cassazione che deduca motivi concernenti non l’illegalità della pena, intesa come sanzione non prevista dall’ordinamento giuridico ovvero eccedente, per specie e quantità, il limite legale, ma profili commisurativi della stessa, discendenti dalla violazione dei parametri di cui all’art. 133 cod. pen., ovvero attinenti al bilanciamento delle circostanze del reato o alla misura delle diminuzioni conseguenti alla loro applicazione (Sez. 5, n. 19757 del 16/04/2019, COGNOME, Rv. 276509-01).
Quanto al secondo motivo, si deve ricordare che la Corte di cassazione ha costantemente affermato che, in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo, ai sensi dell’art. 448,
comma 2-bis, cod. proc. pen., l’insussistenza degli elementi costitutivi del reato e, con ciò, l’erronea qualificazione giuridica del fatto, è limitata ai soli casi di error manifesto – ossia ai casi in cui sussiste l’eventualità che l’accordo sulla pena si trasformi in accordo sui reati -, il quale è configurabile quando detta qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza e senza margini di opinabilità, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo d’imputazione (Sez. 4, n. 13749 del 23/03/2022, NOME COGNOME Rv. 283023-01; Sez. 2, n. 14377 del 31/03/2021, COGNOME, Rv. 281116-01), dovendosi escludere l’ammissibilità dell’impugnazione che richiami, quale necessario passaggio logico del motivo di ricorso, aspetti in fatto e probatori che non risultino con immediatezza dalla contestazione (Sez. 6, n. 3108 del 08/01/2018, COGNOME Rv. 272252-01) o che denunci errori valutativi in diritto che non risultino evidenti dalla stessa contestazione e dal testo del provvedimento impugnato (Sez. 5, n. 33145 del 08/10/2020, Cari, Rv. 27984201; Sez. 6, n. 25617 del 25/06/2020, NOME COGNOME Rv. 279573-01; Sez. 3, n. 23150 del 17/04/2019, El COGNOME, Rv. 275971-02).
Ciò rammentato, si deve rilevare che il secondo motivo di ricorso non evidenzia alcun un errore manifesto che sarebbe stato commesso nel ritenere la sussistenza degli elementi costitutivi dei reati e nel qualificare i fatti attribui all’imputato, avendo anzi il ricorrente del tutto omesso di indicare in cosa consisterebbero siffatti asseriti errori.
Trattandosi di impugnazione proposta contro la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti dopo l’entrata in vigore della menzionata novella di cui alla legge n. 103 del 2017, il cui art. 1, comma 62, ha aggiunto all’art. 610 cod. proc. pen. il comma 5-bis, il ricorso deve essere trattato nelle forme de plano, ai sensi del secondo periodo di quest’ultimo comma.
Per le ragioni sopra indicate, il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali, nonché, essendo ravvisabili profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento della somma di € 3.000,00 in favore cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 09/09/2025.