Ricorso Patteggiamento: i Limiti Tassativi Stabiliti dalla Cassazione
Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, è un istituto fondamentale del nostro sistema processuale penale che permette di definire il processo in modo rapido. Tuttavia, la sua natura di accordo tra accusa e difesa impone limiti precisi alla possibilità di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce ancora una volta i confini del ricorso per patteggiamento, dichiarando inammissibile un appello basato sulla mancata applicazione di un’attenuante.
I Fatti del Caso
Un imputato, dopo aver concordato una pena con il pubblico ministero e aver ottenuto la ratifica dal Tribunale, decideva di presentare ricorso in Cassazione. Il motivo del contendere era la presunta mancata applicazione della circostanza attenuante prevista dall’art. 62 n. 4 del codice penale. L’imputato, in sostanza, si doleva del fatto che, a suo avviso, il trattamento sanzionatorio finale non avesse tenuto conto di un elemento che avrebbe potuto ridurne l’entità. La pena applicata dal giudice, tuttavia, era esattamente quella concordata tra le parti in sede di patteggiamento.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso immediatamente inammissibile. I giudici hanno sottolineato come la scelta di accedere al patteggiamento comporti una rinuncia a contestare aspetti che sono oggetto dell’accordo stesso. Di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Le Motivazioni: la Tassatività dei Motivi di Ricorso per Patteggiamento
Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma elenca in modo tassativo i soli motivi per cui è possibile impugnare una sentenza di patteggiamento. Essi sono:
1. Vizi relativi all’espressione della volontà dell’imputato.
2. Difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.
La Corte ha evidenziato come la doglianza dell’imputato, relativa alla mancata concessione di un’attenuante, non rientri in nessuna di queste categorie. La pena concordata e applicata dal giudice non era ‘illegale’, poiché l’illegalità si configura solo quando la sanzione inflitta è di un genere diverso da quello previsto dalla legge o supera i limiti edittali massimi. Nel caso di specie, la pena era esattamente quella pattuita, e la discussione sull’attenuante faceva parte della negoziazione che ha portato all’accordo. Scegliendo di patteggiare, l’imputato ha implicitamente accettato la valutazione complessiva del trattamento sanzionatorio, comprensiva della gestione delle attenuanti.
Le Conclusioni
Questa ordinanza riafferma un principio cruciale: il patteggiamento è un accordo che cristallizza la pena, e le possibilità di rimetterlo in discussione sono estremamente limitate e circoscritte a vizi procedurali o a errori di diritto di eccezionale gravità. Non è possibile utilizzare il ricorso per patteggiamento come un ‘terzo grado’ di merito per rinegoziare elementi, come le attenuanti, che sono il fulcro dell’accordo stesso. La decisione serve da monito sulla natura quasi definitiva del patteggiamento, sottolineando che l’imputato, una volta accettato l’accordo, non può lamentarsi del suo contenuto se non per i motivi specificamente e tassativamente indicati dalla legge.
È possibile presentare ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
Sì, ma solo per i motivi tassativamente elencati dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, quali vizi della volontà, erronea qualificazione giuridica del fatto o illegalità della pena.
La mancata applicazione di una circostanza attenuante è un motivo valido per impugnare un patteggiamento?
No. Secondo questa ordinanza, tale motivo esula dall’ambito dei vizi denunciabili, poiché la valutazione delle attenuanti rientra nell’accordo sulla pena tra imputato e pubblico ministero, accettato con il patteggiamento stesso.
Cosa succede se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
L’imputato che ha proposto il ricorso viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria in favore della cassa delle ammende, come previsto dall’art. 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1516 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1516 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il 12/07/2000
avverso la sentenza del 12/07/2024 del TRIBUNALE di BOLOGNA
ato a GLYPH so alle parti; a la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
OSSERVA
ritenuto che il ricorso di COGNOME è inammissibile perché proposto per L n motivo non deducibile;
considerato infatti, che ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. p E! Il l’imputato può proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza di patteggiamento so;(, per moti /i attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la , /chi sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o de la mi sicurezza, all’evidenza il motivo di ricorso esula dall’ambito di quelli consentii: , in q denuncia la mancata applicazione dell’attenuante di cui all’art. 62 n.4 cod. pen., p avendo giudice applicato esattamente la pena concordata, della quale, comunque, non s;i denuncia l’illegalità;
considerato che l’illegalità della pena è ravvisabile solo quando sia stata nflitta pena non rientrante nel limite edittale ovvero diversa dalla sanzione prevista (Sezi, n. 944 23/10/2019, dep. 2020, M., Rv. 278170- 01; Sez.2, n. 22002 del 10/04/2019, Mz COGNOME, R. 276102-01), ipotesi che qui non ricorre, va dichiarata l’immediata ina -imissibilita dell’impugnazione ex art. 610, comma 5-bis, secondo periodo, cod. proc:. pen. col conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e dell i somma c i euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento lelle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.