Ricorso Patteggiamento: La Cassazione chiarisce i limiti invalicabili
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sui confini del ricorso patteggiamento, ribadendo i rigidi paletti introdotti dalla riforma del 2017. La decisione sottolinea come, una volta raggiunto l’accordo sulla pena, le possibilità di impugnazione siano estremamente limitate e circoscritte a vizi specifici, escludendo censure di carattere generale sulla motivazione della sentenza. Analizziamo insieme la vicenda e le sue importanti implicazioni pratiche.
Il caso: un ricorso contro la sentenza di patteggiamento
La vicenda trae origine dalla decisione di un imputato di impugnare davanti alla Corte di Cassazione la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (il cosiddetto patteggiamento) emessa dal Giudice per le indagini preliminari. L’imputato aveva concordato una pena di due anni e otto mesi di reclusione, oltre a una multa.
Nonostante l’accordo raggiunto, la difesa ha presentato ricorso, lamentando una violazione di legge. In particolare, si contestava la carenza di motivazione da parte del giudice di merito riguardo all’insussistenza delle cause di proscioglimento previste dall’art. 129 del codice di procedura penale (come l’evidenza che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso).
La questione giuridica e i limiti del ricorso patteggiamento
Il cuore della questione risiede nell’interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta con la legge n. 103 del 2017, ha drasticamente limitato la possibilità di presentare un ricorso patteggiamento. La legge stabilisce che la sentenza di patteggiamento può essere impugnata solo per i seguenti, tassativi motivi:
1. Difetti nell’espressione della volontà dell’imputato (ad esempio, un consenso viziato);
2. Mancata correlazione tra la richiesta delle parti e la sentenza del giudice;
3. Errata qualificazione giuridica del fatto contestato;
4. Illegalità della pena applicata o della misura di sicurezza disposta.
Qualsiasi altro motivo, inclusi quelli relativi a vizi di motivazione non riconducibili a queste categorie, è escluso dall’ambito dell’impugnazione.
Le motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione, nel dichiarare il ricorso inammissibile, ha seguito un ragionamento lineare e conforme alla sua giurisprudenza consolidata. I giudici hanno evidenziato che la censura sollevata dalla difesa – ovvero la presunta mancata verifica sull’assenza di cause di proscioglimento – non rientra in nessuna delle ipotesi tassativamente previste dall’art. 448, comma 2-bis.
La Suprema Corte ha ribadito che la riforma del 2017 ha avuto proprio lo scopo di limitare l’impugnabilità delle sentenze di patteggiamento, circoscrivendola a vizi di fondamentale importanza che attengono alla legalità della procedura e della pena, e non al merito della valutazione del giudice. Un controllo sulla motivazione, come quello richiesto dal ricorrente, è espressamente escluso dal perimetro normativo.
Di conseguenza, il ricorso è stato giudicato inammissibile. Tale declaratoria ha comportato non solo la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, a causa della colpa ravvisata nella proposizione di un’impugnazione palesemente infondata.
Le conclusioni e le implicazioni pratiche
Questa ordinanza conferma un principio fondamentale: la scelta del patteggiamento è un atto processuale dalle conseguenze quasi definitive. L’imputato che accede a questo rito premiale rinuncia di fatto a contestare nel merito la propria colpevolezza in cambio di uno sconto di pena. Le successive possibilità di impugnazione sono ridotte al minimo e legate a errori procedurali o di diritto ben definiti.
Per gli operatori del diritto, ciò significa che l’assistenza legale nella fase che precede l’accordo di patteggiamento è cruciale. È fondamentale che l’imputato sia pienamente consapevole che, salvo i rari casi previsti dalla legge, la sentenza che ne deriverà non potrà essere messa in discussione per vizi legati alla valutazione dei fatti o alla completezza della motivazione. Tentare un ricorso patteggiamento al di fuori di questi binari normativi si traduce, come dimostra il caso in esame, in una sicura declaratoria di inammissibilità e in ulteriori conseguenze economiche negative.
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per qualsiasi vizio di motivazione?
No. L’ordinanza chiarisce che, in base all’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., non è possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per un generico vizio di motivazione, come la mancata verifica sull’insussistenza di cause di proscioglimento.
Quali sono gli unici motivi per cui si può fare ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
Il ricorso è ammesso solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Cosa succede se si presenta un ricorso per patteggiamento per motivi non consentiti dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Come stabilito nel caso di specie, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 18426 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data Udienza: 06/05/2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 18426 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Composta da
Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Palermo il 11/02/1992
avverso la sentenza del 10/12/2024 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Termini Imerese
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
ricorso trattato con procedura de plano
.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Termini Imerese con sentenza del 10/12/2024 applicava a NOME COGNOME – su concorde richiesta delle parti – la pena di anni due, mesi otto di reclusione ed euro mille di multa per i reati ascrittigli.
L’imputato, a mezzo del difensore, ha interposto ricorso per cassazione, affidandolo ad un unico motivo con cui deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., ritenendo carente la motivazione in ordine alla insussistenza di cause di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.
Il ricorso Ł inammissibile.
Ed invero, Ł articolato su censura non consentita in questa sede alla luce di quanto espressamente disposto dall’art. 448, comma 2bis , cod. proc. pen., a mente del quale il pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza di applicazione della pena solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto ed all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
In particolare, Ł inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza applicativa della
pena con cui si deduca il vizio di violazione di legge per la mancata verifica dell’insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen., atteso che l’art. 448, comma 2bis , cod. proc. pen., introdotto dalla legge 23 giugno 2017 n. 103, limita l’impugnabilità della pronuncia alle sole ipotesi di violazione di legge in esso tassativamente indicate, tra cui non rientrano quella denunciata con il presente ricorso (Sez. F., n. 28742 del 25/08/2020, Messnaoui, Rv. 279761 – 01; Sez. 6, n. 1032 del 07/11/2019, dep. 2020, COGNOME Rv. 278337 – 01).
All’inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchØ, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 06/05/2025.
Il Presidente NOME COGNOME