Ricorso Patteggiamento: Quando la Cassazione lo Dichiara Inammissibile
Il ricorso patteggiamento rappresenta un’area del diritto processuale penale di grande interesse, soprattutto dopo le riforme che ne hanno circoscritto i limiti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 9593/2025, offre un chiaro esempio di come la Suprema Corte interpreti restrittivamente le possibilità di impugnazione di una sentenza emessa a seguito di accordo tra le parti. Questo articolo analizza la decisione, evidenziando i principi fondamentali che guidano l’inammissibilità di tali ricorsi.
I Fatti di Causa: Dal Patteggiamento al Ricorso
Il caso ha origine da una sentenza del G.U.P. del Tribunale di Verona, con la quale si applicava a un imputato la pena concordata di 3 anni e 6 mesi di reclusione e 2.400 euro di multa. Le accuse erano gravi e comprendevano il concorso in rapina, truffa, utilizzo abusivo di carta bancomat e sequestro di persona.
Nonostante l’accordo raggiunto tra difesa e accusa, il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione. Il motivo addotto era unico e si concentrava sulla presunta “mancanza e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla qualificazione giuridica dei fatti ed alla responsabilità dell’imputato”.
La Normativa di Riferimento per il Ricorso Patteggiamento
Il fulcro della questione risiede nell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta con la legge n. 103 del 2017, stabilisce che il ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento è consentito esclusivamente per motivi specifici:
1. Erronea espressione della volontà dell’imputato.
2. Difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto.
4. Illegalità della pena applicata.
Qualsiasi altro motivo, inclusa una generica contestazione sulla valutazione della responsabilità, è escluso.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile con una procedura semplificata (de plano), ritenendolo basato su motivi non deducibili e generici.
La Corte ha innanzitutto sottolineato come la difesa avesse sollevato, in modo del tutto generico, una questione relativa all’omessa indicazione degli elementi posti a fondamento del giudizio di responsabilità. Questo motivo, secondo i giudici, esula completamente dal perimetro dei vizi denunciabili con il ricorso patteggiamento, come definito dall’art. 448, comma 2-bis c.p.p.
L’Erronea Qualificazione Giuridica: Solo in Caso di Errore Manifesto
Particolarmente importante è il chiarimento fornito riguardo alla contestazione della qualificazione giuridica. La Cassazione ha ribadito un orientamento consolidato: l’ammissibilità di tale motivo è circoscritta ai soli casi di “errore manifesto”.
Cosa significa? Significa che l’errore deve essere palese ed emergere direttamente dalla lettura del provvedimento impugnato, senza necessità di complesse analisi o interpretazioni. Non è sufficiente una semplice divergenza di opinioni sulla corretta înquadratura giuridica del fatto. Nel caso di specie, il ricorso è stato giudicato generico anche su questo punto, non evidenziando un errore di tale macroscopica evidenza.
La Corte ha citato un precedente (Sez. 1, n. 15553 del 20/03/2018) per rafforzare il principio secondo cui sono inammissibili le denunce di errori valutativi in diritto che non risultino evidenti dal testo della sentenza.
Conclusioni
L’ordinanza in esame conferma la chiara volontà del legislatore e della giurisprudenza di limitare drasticamente l’accesso al giudizio di cassazione per le sentenze di patteggiamento. L’obiettivo è quello di garantire la stabilità di un accordo processuale liberamente raggiunto tra le parti, evitando che il ricorso diventi uno strumento per rimettere in discussione il merito della vicenda o la valutazione della responsabilità, aspetti implicitamente accettati con la richiesta di patteggiamento.
Per gli operatori del diritto, questa decisione è un monito: il ricorso patteggiamento deve essere fondato su vizi specifici, tassativamente elencati dalla legge, e argomentato in modo puntuale, specialmente quando si contesta la qualificazione giuridica, per la quale è richiesto un errore manifesto e non una mera opinione difforme.
In quali casi si può fare ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
Il ricorso è ammesso solo per motivi tassativi previsti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p.: vizi nell’espressione della volontà, difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, erronea qualificazione giuridica del fatto, o illegalità della pena. Non sono ammesse contestazioni sulla motivazione della responsabilità.
È possibile contestare la valutazione della responsabilità dell’imputato in un ricorso contro un patteggiamento?
No, la decisione della Cassazione chiarisce che dedurre in modo generico l’omessa indicazione degli elementi a fondamento della responsabilità non è un motivo valido di ricorso, in quanto non rientra tra quelli specificamente previsti dalla legge per questo tipo di sentenze.
Cosa intende la Cassazione per “errore manifesto” nella qualificazione giuridica del fatto?
Si tratta di un errore che risulta evidente dalla semplice lettura del provvedimento impugnato, senza la necessità di ulteriori valutazioni di merito. Non è sufficiente una diversa interpretazione giuridica proposta dalla difesa, ma serve un errore palese e inconfutabile nell’inquadramento del fatto.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9593 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data Udienza: 05/02/2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 9593 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME
ORDINANZA
Sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME (CUI CODICE_FISCALE) nato a FRATTAMINORE il 31/08/2003 avverso la sentenza del 12/12/2024 del GIP TRIBUNALE di VERONA udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Il G.U.P. del Tribunale di Verona, con sentenza ex art. 444 cod.proc.pen. in data 12 dicembre 2024, applicava a COGNOME NOME COGNOME la pena concordata tra le parti di anni 3, mesi 6 di reclusione ed € 2400,00 di multa in ordine ai reati di concorso in rapina, truffa, utilizzo abusivo di carta bancomat e sequestro di persona allo stesso ascritti.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, avv.to COGNOME deducendo, con unico motivo qui riassunto ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen., mancanza e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla qualificazione giuridica dei fatti ed alla responsabilità dell’imputato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł proposto per motivi non deducibili nel giudizio di cassazione avverso sentenze di patteggiamento oltre che generici e deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile con procedura de plano .
Ed invero, ai sensi dell’art.448 comma 2 bis cod.proc.pen. l’imputato può proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza di patteggiamento solo per motivi attinenti l’espressione della volontà, il difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, la qualificazione giuridica mentre, nel caso di specie la difesa, deduce, in forma totalmente generica, l’omessa indicazione degli elementi posti a fondamento del giudizio di responsabilità.
Quanto alla contestazione della qualificazione giuridica va poi rammentato che secondo l’interpretazione del giudice di legittimità Ł inammissibile il motivo di ricorso sulla qualificazione giuridica del fatto, avendo la giurisprudenza precisato che «in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo, ai sensi dell’art. 448, comma 2bis , cod. proc. pen., introdotto dall’art. 1, comma 50, della legge 23 giugno 2017, n. 103, l’erronea qualificazione del fatto contenuto in sentenza Ł limitata ai soli casi di errore manifesto, con
conseguente inammissibilità della denuncia di errori valutativi in diritto che non risultino evidenti dal testo del provvedimento impugnato» (Sez. 1, n. 15553 del 20/03/2018, COGNOME, Rv. 272619), mentre il ricorso Ł sul punto generico.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchØ al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in € 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 05/02/2025
Il Consigliere estensore COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME