Ricorso Patteggiamento: Quando è Inammissibile? L’Analisi della Cassazione
Il patteggiamento è un rito che consente di definire rapidamente un processo penale, ma quali sono i limiti per contestare la sentenza che ne deriva? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui motivi che rendono un ricorso patteggiamento inammissibile, specialmente quando si lamenta un vizio di motivazione. Analizziamo insieme questa importante decisione.
I Fatti di Causa
Il caso nasce dal ricorso di un imputato contro una sentenza del Tribunale di Napoli, emessa a seguito di una sua richiesta di applicazione della pena (il cosiddetto patteggiamento). L’accordo era stato raggiunto in relazione al reato previsto dall’articolo 453, comma 1, n. 4, del codice penale.
L’imputato, tramite il suo difensore, ha deciso di impugnare la sentenza davanti alla Corte di Cassazione, sollevando due specifiche censure.
I Motivi del Ricorso Patteggiamento
L’imputato ha basato il suo ricorso su due argomentazioni principali:
1. Difetto di correlazione: Si lamentava una discrepanza tra l’accusa contestata e quanto affermato dal Tribunale nella motivazione della sentenza. In particolare, si sosteneva che il giudice avesse qualificato i fatti ai sensi di una diversa ipotesi di reato (art. 453, comma 1, n. 3, c.p.) rispetto a quella oggetto del patteggiamento (n. 4).
2. Vizio di motivazione: La seconda censura riguardava un presunto difetto nella motivazione della sentenza. Secondo la difesa, il giudice non avrebbe adeguatamente valutato la possibilità di un proscioglimento, la corretta qualificazione giuridica dei fatti e la congruità della pena concordata.
La Decisione della Corte di Cassazione e le Motivazioni
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambe le censure con argomentazioni molto chiare.
Per quanto riguarda il primo motivo, la Corte lo ha ritenuto generico. I giudici hanno sottolineato che non è sufficiente indicare un diverso riferimento normativo nella motivazione per integrare un difetto di correlazione, se poi la descrizione dei fatti e la qualificazione giuridica complessiva rimangono coerenti con l’imputazione originaria.
Sul secondo e più importante motivo, la Corte ha richiamato il principio sancito dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma limita espressamente i motivi per cui si può presentare un ricorso patteggiamento. Essi sono:
* Problemi legati all’espressione della volontà dell’imputato.
* Difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza.
* Erronea qualificazione giuridica del fatto.
* Illegalità della pena.
La Corte ha chiarito che un generico vizio di motivazione non rientra tra queste ipotesi. In particolare, la valutazione sulla sussistenza di cause di proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.) può essere oggetto di controllo in Cassazione solo se la loro esistenza emerge in modo evidente ed inequivocabile dal testo stesso della sentenza impugnata, cosa che non accadeva nel caso di specie.
Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale: il ricorso contro una sentenza di patteggiamento non è un appello mascherato, ma un rimedio con confini ben definiti. L’intento del legislatore è quello di assicurare la stabilità delle sentenze emesse con questo rito premiale, limitando le impugnazioni a vizi specifici e gravi. Chi intende presentare un ricorso patteggiamento deve quindi essere consapevole che le censure relative alla valutazione del merito o alla sufficienza della motivazione del giudice sono, di regola, destinate a essere dichiarate inammissibili. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per un presunto errore nella motivazione del giudice?
No, in generale non è possibile. L’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale limita la possibilità di ricorso a specifici motivi, tra cui non rientra il generico vizio di motivazione. Unica eccezione è quando dal testo della sentenza emerga in modo evidente una causa di non punibilità.
Quali sono i motivi validi per un ricorso patteggiamento in Cassazione?
I motivi ammessi sono esclusivamente quelli attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena.
Cosa succede se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (nel caso di specie, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 6958 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 5 Num. 6958 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nato a Pollena Trocchia il 27 maggio 1990;
avverso la sentenza del 13 novembre 2024 del Tribunale di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
che il Tribunale di Napoli ha accolto la richiesta di applicazione della pena formulata da NOME COGNOME in ordine al reato di cui all’art. 453, comma 1, n. 4, cod. pen. contestato in rubrica;
che avverso detta sentenza ricorre l’imputato, a mezzo del suo difensore, articolando due motivi di censura, con il quale denuncia difetto di correlazione tra la richiesta di applicazione della pena e la successiva sentenza emessa (nella parte in cui il Tribunale, in parte motiva, avrebbe qualificato i fatti ai sensi dell’art comma 1 n. 3, cod. pen., diversamente da quanto contestato) e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza di eventuali condizioni per addivenire ad un proscioglimento, alla qualificazione giuridica dei fatti e sulla congruità della pen
che la prima censura è generica, in quanto deduce il difetto di correlazione dalla sola indicazione del riferimento normativo (art. 453 n. 3 e non 4), senza tener conto della successiva esplicitazione, in fatto, della condotta contestata, chiaramente coerente con l’imputazione formulata e con la relativa qualificazione; – che la seconda censura non può essere dedotta atteso che: a) in generale, l’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. limita la ricorribilità per cassazione della sentenza di patteggiamento ai soli motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erron qualificazione giuridica e all’illegalità della pena; b) la valutazione di sussiste di una delle ipotesi proscioglimento previste dall’art. 129 cod. proc. pen. può essere oggetto di controllo di legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazi soltanto se dal testo della sentenza impugnata appaia evidente la sussistenza di una causa di non punibilità ex art. 129 cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 39159 del 10/09/2019, Rv. 277102);
che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e che tale causa di inammissibilità va dichiarata senza formalità di procedura, ai sensi dell’art. 610 comma 5-bis cod. proc. pen., per cui consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17 gennaio 2025
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Il Presidente