LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Ricorso patteggiamento: limiti e inammissibilità

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso patteggiamento basato su una presunta carenza di motivazione della sentenza. La decisione ribadisce che i motivi per impugnare un patteggiamento sono tassativamente elencati dalla legge e la generica doglianza sulla motivazione non rientra tra questi. I ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 14 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: Quando è Inammissibile per Carenza di Motivazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha riaffermato un principio cruciale in materia di ricorso patteggiamento: le sentenze emesse a seguito di accordo tra le parti possono essere impugnate solo per un numero chiuso e limitato di motivi, tra i quali non rientra la generica doglianza sulla carenza di motivazione. Questa pronuncia offre un’importante lezione sulla stabilità degli accordi processuali e sui confini del diritto di impugnazione.

I Fatti del Caso

Due imputati, dopo aver concordato la pena con il Pubblico Ministero dinanzi al Tribunale di Bari, hanno proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza di patteggiamento. Il loro unico motivo di doglianza si fondava sulla presunta carenza di motivazione della sentenza stessa, un vizio che, a loro dire, ne avrebbe inficiato la validità.

I Motivi del Ricorso Patteggiamento e la Decisione della Cassazione

La Corte Suprema ha dichiarato i ricorsi manifestamente inammissibili. La decisione si fonda sull’interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta con la legge n. 103 del 2017, stabilisce un elenco tassativo di motivi per i quali è possibile presentare ricorso contro una sentenza di patteggiamento. La doglianza sollevata dai ricorrenti, relativa alla carenza di motivazione, non figura in tale elenco. Pertanto, il ricorso è stato respinto senza nemmeno un esame nel merito, attraverso una procedura semplificata detta “de plano”.

Le Motivazioni della Sentenza

Il cuore della decisione della Corte risiede nella rigorosa applicazione del principio del numerus clausus per l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento.

Il Principio del Numerus Clausus

L’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, è stato introdotto proprio per limitare le impugnazioni dilatorie e conferire maggiore stabilità alle sentenze di patteggiamento. La norma consente il ricorso solo ed esclusivamente per motivi attinenti a:
1. L’espressione della volontà dell’imputato (ad esempio, se il consenso non è stato libero e volontario).
2. Il difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza.
3. L’erronea qualificazione giuridica del fatto.
4. L’illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.

La Corte ha evidenziato come la lamentela per “carenza di motivazione” sia estranea a questo elenco tassativo. La scelta del legislatore è chiara: una volta raggiunto un accordo sulla pena, la sentenza che lo ratifica ha una stabilità rafforzata e non può essere messa in discussione per aspetti motivazionali generici, che sono peraltro intrinsecamente limitati dalla natura stessa del rito.

La Procedura Semplificata “De Plano”

La Corte ha inoltre applicato l’articolo 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale, che prevede una procedura senza formalità, detta “de plano”, per dichiarare l’inammissibilità dei ricorsi avverso le sentenze di applicazione della pena. Questa procedura accelerata sottolinea ulteriormente la volontà del legislatore di definire rapidamente i procedimenti in cui l’impugnazione è palesemente infondata perché basata su motivi non consentiti dalla legge.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in commento è un monito chiaro: il ricorso patteggiamento non è uno strumento per rimettere in discussione l’accordo raggiunto, ma solo per correggere specifici vizi di legalità. Chi intende impugnare una sentenza di patteggiamento deve basare il proprio ricorso esclusivamente su uno dei motivi tassativamente elencati dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. Qualsiasi altro motivo, come la generica carenza di motivazione, condurrà inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per carenza di motivazione?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la carenza di motivazione non rientra nell’elenco tassativo dei motivi per cui è consentito il ricorso avverso una sentenza di patteggiamento, come previsto dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.

Quali sono i motivi validi per fare ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
I motivi consentiti sono solo quelli attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto, oppure all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.

Cosa succede se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, quattromila euro) in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati