Ricorso Patteggiamento: Quando è Inammissibile l’Impugnazione in Cassazione
L’istituto del patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, rappresenta una delle vie alternative al dibattimento più utilizzate nel nostro sistema processuale. Tuttavia, una volta raggiunto l’accordo e ottenuta la ratifica del giudice, le possibilità di impugnazione sono estremamente limitate. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui confini invalicabili del ricorso patteggiamento, chiarendo perché la contestazione sulla congruità della pena non costituisce un motivo valido per l’appello.
I Fatti del Caso: Un Patteggiamento Contestato
Nel caso di specie, un imputato, dopo aver concordato la pena con il Pubblico Ministero, proponeva ricorso per Cassazione avverso la sentenza emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari. La doglianza principale si concentrava sulla motivazione con cui il giudice aveva ritenuto “congrua” la pena pattuita, ritenendola viziata. L’imputato chiedeva, pertanto, l’annullamento della sentenza.
La Decisione della Corte: La Stretta Via del Ricorso Patteggiamento
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso palesemente inammissibile. I giudici hanno richiamato la normativa introdotta con la legge n. 103 del 2017, che ha modificato l’art. 610 del codice di procedura penale. Questa riforma ha drasticamente ristretto l’ambito di ricorribilità delle sentenze di patteggiamento.
Secondo la nuova disciplina, applicabile al caso in esame, il ricorso patteggiamento in Cassazione è consentito esclusivamente per i seguenti motivi:
1. Vizi relativi all’espressione della volontà dell’imputato (ad esempio, un consenso non libero o consapevole).
2. Difetto di correlazione tra la richiesta delle parti e la sentenza del giudice.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto contestato.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.
La contestazione sulla congruità della pena, ovvero sulla sua adeguatezza e giustizia rispetto al caso concreto, non rientra in nessuna di queste categorie. Si tratta di una valutazione di merito che, una volta sigillata dall’accordo tra le parti e dalla ratifica del giudice, non è più sindacabile.
Le Motivazioni
La Corte ha sottolineato un principio consolidato: l’accordo raggiunto con il patteggiamento preclude alle parti la possibilità di sollevare successive censure sull’entità della pena, a meno che questa non sia illegale. Una pena è illegale quando non è prevista dall’ordinamento per quel tipo di reato o quando la sua quantificazione viola i minimi o massimi edittali stabiliti dalla legge. Al contrario, una pena può essere legale ma ritenuta da una delle parti non congrua, cioè sproporzionata.
Questo secondo tipo di valutazione è escluso dall’ambito del ricorso. L’obbligo di motivazione del giudice, in sede di patteggiamento, si ritiene assolto con la semplice affermazione di aver verificato e valutato positivamente i termini dell’accordo. Non è richiesta un’analisi dettagliata sulla congruità, poiché questa valutazione è implicita nell’accordo stesso, che nasce dalla volontà congiunta di accusa e difesa.
Le Conclusioni
La decisione in commento ribadisce la natura negoziale del patteggiamento e le conseguenze processuali che ne derivano. Chi sceglie questa via deve essere consapevole che sta rinunciando a un giudizio di merito approfondito in cambio di uno sconto di pena, accettando che le possibilità di impugnazione siano ridotte al minimo. Il ricorso patteggiamento non può essere utilizzato come un terzo grado di giudizio per rinegoziare la pena. La difesa deve quindi concentrarsi, in sede di impugnazione, esclusivamente sulla dimostrazione di uno dei quattro vizi tassativamente previsti dalla legge, con particolare attenzione alla legalità della pena, che rimane l’unico spiraglio per contestare la sanzione concordata.
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento perché si ritiene la pena non ‘congrua’?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la congruità della pena concordata non è un motivo valido per il ricorso, poiché si tratta di una valutazione di merito preclusa una volta che l’accordo è stato ratificato dal giudice.
Quali sono i motivi per cui si può fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
Il ricorso è ammesso solo per motivi specifici: problemi legati all’espressione della volontà dell’imputato, mancanza di corrispondenza tra richiesta e sentenza, errata qualificazione giuridica del fatto, e illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Cosa succede se un ricorso contro un patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale. Nel caso specifico, la sanzione è stata di quattromila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 38394 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38394 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/05/2024 del GIP TRIBUNALE di MANTOVA
( dato avviso alle parti;
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udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
NOME ricorre, a mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza indicata in epigrafe, con la quale gli è stata applicata la pena richiesta ai sensi degli artt. 444 e ss. cod. proc. pen. deducendo vizio di motivazione laddove il giudice adito ha ritenuto congrua la pena concordata tra le parti.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
Il ricorso è palesemente inammissibile per una causa che può dichiararsi senza formalità ai sensi dell’art. 610 comma 5bis cod. proc. pen. introdotto dall’art. 1, comma 62, della legge 23.6.2017 n. 103, a decorrere dal 3 agosto 2017.
Ed invero, a far tempo da tale ultima data, successivi alla quale sono sia la richiesta di patteggiamento che la relativa impugnativa (cfr. art. 1, co. 51, della I. 23.6.2017 n. 103) il pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza di applicazione della pena ex artt. 444 e ss. cod. proc. pen. “solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena e della misura di sicurezza”.
Le proposte alle doglienze in punto di dosimetria della pena, peraltro assolutamente generiche, sono perciò manifestamente inammissibili in quanto, come visto, l’ambito di ricorribilità rispetto a sentenze come quella che ci occupa è ristretto ai soli casi di illegalità della pena. E la pena irrogata nel caso in esame non è illegale.
Peraltro, sin dagli albori dell’istituto di cui agli artt. 444 e ss. cod. proc. pen. questa Corte di legittimità ha chiarito che, una volta che l’accordo sia stato ratificato dal giudice, non è più consentito alle parti (anche a quella pubblica) prospettare questioni e sollevare censure con riferimento all’entità della pena o alla motivazione sulla stessa che non sia illegale: anche entro tale ambito, invero, l’obbligo di motivazione deve ritenersi assolto con la semplice affermazione dell’effettuata verifica e positiva valutazione dei termini dell’accordo intervenuto fra le parti (Sez. 5, n. 5210 del 28/10/1999 dep. 2000, Verdi, Rv. 215467).
A norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna delle parti ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 3/10/2024