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Ricorso patteggiamento: limiti e inammissibilità

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza di patteggiamento. La decisione si fonda sui limiti introdotti dalla Riforma Orlando (L. 103/2017), che escludono la possibilità di impugnare la sentenza per motivi legati alla valutazione della prova o alla mancata assoluzione ex art. 129 c.p.p. L’ordinanza ribadisce che il ricorso patteggiamento è consentito solo per vizi specifici, condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: Quando la Cassazione lo Dichiara Inammissibile

Il ricorso patteggiamento rappresenta un tema cruciale nella procedura penale, specialmente dopo le modifiche introdotte dalla Riforma Orlando. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione, la n. 35665/2024, offre un chiaro esempio dei rigidi paletti imposti dal legislatore, dichiarando inammissibile l’impugnazione di un imputato che lamentava la mancata assoluzione nel merito. Questa decisione sottolinea come l’accesso alla Cassazione dopo un patteggiamento sia limitato a vizi specifici e tassativi.

I Fatti del Caso

Un imputato, dopo aver concordato l’applicazione della pena su richiesta delle parti (il cosiddetto ‘patteggiamento’) davanti al Tribunale, decideva di presentare ricorso per Cassazione. Assistito dal suo difensore, contestava la sentenza lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. In particolare, sosteneva che il giudice di merito avrebbe dovuto pronunciare una sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 del codice di procedura penale, anziché ratificare l’accordo sulla pena. La richiesta era, quindi, quella di annullare la sentenza di patteggiamento.

La Decisione della Corte sul ricorso patteggiamento

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso “palesemente inammissibile”. La Corte ha agito senza le formalità di rito, avvalendosi della procedura semplificata prevista dall’art. 610, comma 5-bis c.p.p., applicabile proprio nei casi di manifesta inammissibilità. La decisione non è entrata nel merito delle doglianze dell’imputato, ma si è fermata a una valutazione preliminare, riscontrando che i motivi addotti non rientravano tra quelli consentiti dalla legge per impugnare una sentenza di questo tipo.

Le Motivazioni: I Limiti al Ricorso Patteggiamento Post-Riforma Orlando

Il cuore della decisione risiede nell’impatto della Legge n. 103 del 23 giugno 2017 (nota come Riforma Orlando). Questa legge ha profondamente modificato le regole per l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento. La Corte ha chiarito che, per i procedimenti successivi al 3 agosto 2017 (data di entrata in vigore della riforma), il ricorso per Cassazione è ammesso esclusivamente per i seguenti motivi:

1. Vizi nella formazione della volontà: problemi legati all’espressione del consenso da parte dell’imputato.
2. Difetto di correlazione: discordanza tra quanto richiesto dalle parti e quanto deciso dal giudice nella sentenza.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto: se il reato è stato inquadrato in una fattispecie legale sbagliata.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza: se la sanzione applicata è contraria alla legge.

La Cassazione ha sottolineato che, di conseguenza, non sono più ammissibili i ricorsi basati su presunti errori nella valutazione della prova o, come nel caso specifico, sulla mancata pronuncia di una sentenza di proscioglimento. Tali questioni attengono al merito della responsabilità penale, che l’imputato sceglie di non contestare aderendo al rito speciale del patteggiamento. Il ricorso dell’imputato era, pertanto, destinato a fallire sin dall’inizio perché fondato su motivi non più consentiti dalla legge.

Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche e Sanzioni

L’ordinanza ha conseguenze pratiche molto chiare. Presentare un ricorso patteggiamento per motivi non previsti dalla legge non solo è inutile, ma anche controproducente. Ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, la Corte, nel dichiarare l’inammissibilità, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Inoltre, non ravvisando un’assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (richiamando una sentenza della Corte Costituzionale), ha imposto al ricorrente il pagamento di una sanzione pecuniaria di quattromila euro in favore della cassa delle ammende. Questa pronuncia funge da monito: le vie dell’impugnazione post-patteggiamento sono estremamente strette e tentare di forzarle comporta costi significativi.

È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento chiedendo l’assoluzione per mancanza di prove?
No. A seguito della Riforma Orlando (L. 103/2017), i motivi di ricorso contro una sentenza di patteggiamento non includono più la valutazione della prova o la mancata pronuncia di una sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p.

Quali sono gli unici motivi per cui si può fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
Il ricorso è ammesso esclusivamente per motivi che riguardano l’espressione della volontà dell’imputato, il difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, l’erronea qualificazione giuridica del fatto e l’illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.

Cosa succede se il ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (nel caso di specie, quattromila euro) a favore della cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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