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Ricorso patteggiamento: limiti e inammissibilità

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso patteggiamento, ribadendo che l’impugnazione è possibile solo per i motivi tassativamente indicati dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. Non è consentito contestare la responsabilità penale o la mancata concessione di attenuanti generiche, in quanto tali censure non rientrano tra i vizi di legalità della pena.

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Pubblicato il 5 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: I Limiti Imposti dalla Cassazione

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sui confini dell’impugnazione delle sentenze di patteggiamento, offrendo un’importante lezione pratica. Il tema centrale è il ricorso patteggiamento e i motivi, estremamente limitati, per cui può essere proposto. La decisione analizzata chiarisce in modo netto che non è possibile utilizzare questo strumento per rimettere in discussione la colpevolezza o la misura della pena concordata, a meno che non si configuri una vera e propria “illegalità” della sanzione.

I Fatti del Caso

Un imputato, a seguito di un accordo con la pubblica accusa, otteneva dal Tribunale di Foggia una sentenza di applicazione della pena (patteggiamento) a tre anni di reclusione e quattromila euro di multa, pena successivamente sostituita con la detenzione domiciliare. Nonostante l’accordo, l’imputato, tramite il suo difensore, decideva di presentare ricorso per cassazione, basandolo su due motivi principali:

1. Mancanza e illogicità della motivazione riguardo alla sua effettiva responsabilità, sostenendo che dagli atti non emergessero elementi sufficienti a provare la sua colpevolezza.
2. Erronea applicazione della legge per il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, che avrebbero potuto condurre a una pena più mite.

La Decisione della Corte di Cassazione e il Ricorso Patteggiamento

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso totalmente inammissibile. La decisione si fonda su una lettura rigorosa dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta dalla riforma Orlando (legge n. 103/2017), ha drasticamente ridotto le possibilità di impugnare una sentenza di patteggiamento. La Corte ha ribadito che il ricorso patteggiamento è un’opzione percorribile solo per un elenco tassativo di motivi, che non includono quelli sollevati dal ricorrente.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha smontato entrambi i motivi di ricorso con argomentazioni precise e basate sulla normativa vigente.

In primo luogo, ha chiarito che contestare la responsabilità penale e la valutazione delle prove è precluso. L’articolo 448, comma 2-bis, c.p.p. consente di ricorrere solo per:
– Difetti nell’espressione della volontà dell’imputato (es. consenso viziato).
– Mancata correlazione tra la richiesta e la sentenza.
– Erronea qualificazione giuridica del fatto.
– Illegalità della pena o della misura di sicurezza.

La valutazione sulla sussistenza dei presupposti per un proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.) è un’attività che il giudice compie prima di accogliere il patteggiamento, e la sua valutazione non può essere messa in discussione con un ricorso che, di fatto, mira a un riesame del merito.

In secondo luogo, e con altrettanta fermezza, la Corte ha respinto la censura relativa alle attenuanti generiche. Il mancato riconoscimento di tali circostanze non rende la pena “illegale”. L’illegalità, spiegano i giudici, si verifica solo quando la sanzione non è prevista dall’ordinamento giuridico o quando eccede, per specie o quantità, i limiti legali. Le questioni relative alla commisurazione della pena, come il bilanciamento delle circostanze o la concessione delle attenuanti, attengono a una valutazione discrezionale che, con il patteggiamento, viene cristallizzata nell’accordo tra le parti. In aggiunta, la Corte ha osservato che le attenuanti generiche non erano nemmeno parte dell’accordo stipulato, rendendo la doglianza del tutto infondata.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza è un monito fondamentale per chi sceglie la via del patteggiamento. La decisione di accordarsi sulla pena comporta una quasi totale rinuncia al diritto di impugnazione sul merito della vicenda. Il ricorso patteggiamento non è uno strumento per ottenere un secondo giudizio sui fatti o sulla congruità della pena concordata. Le uniche porte che restano aperte sono quelle, molto strette, dei vizi procedurali e della palese illegalità della sanzione. Chi presenta un ricorso basato su motivi non consentiti, come in questo caso, non solo non ottiene il risultato sperato, ma si espone anche alla condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende, come puntualmente avvenuto.

È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento contestando la colpevolezza dell’imputato?
No. Secondo la Corte di Cassazione e ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., non è possibile presentare ricorso per cassazione avverso una sentenza di patteggiamento per motivi che attengono alla responsabilità penale o alla valutazione degli elementi di reità, poiché non rientrano tra i motivi tassativamente previsti dalla legge.

La mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche rende la pena “illegale” e quindi impugnabile?
No. La Corte chiarisce che il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche riguarda la commisurazione della pena, non la sua legalità. Una pena è “illegale” solo se non prevista dall’ordinamento o se supera i limiti massimi fissati dalla legge. Questioni discrezionali come il bilanciamento delle circostanze, una volta definite nell’accordo, non costituiscono motivo valido di ricorso.

Quali sono gli unici motivi per cui si può fare ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
Il ricorso è ammesso solo per motivi specifici e tassativi: se vi è stato un difetto nell’espressione della volontà dell’imputato, se c’è una discordanza tra la richiesta delle parti e la decisione del giudice, per erronea qualificazione giuridica del fatto, o per illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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