Ricorso Patteggiamento: i Limiti Imposti dalla Cassazione
L’istituto del patteggiamento rappresenta una delle vie più percorse nel processo penale per definire la posizione di un imputato in modo rapido. Tuttavia, la scelta di questo rito speciale comporta precise conseguenze, soprattutto per quanto riguarda le possibilità di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i confini invalicabili per il ricorso patteggiamento, chiarendo quali motivi possono essere sollevati e quali, invece, conducono a un’inevitabile dichiarazione di inammissibilità.
I Fatti del Caso
Tre individui, condannati con sentenza di patteggiamento dal Tribunale di Roma per reati di furto aggravato e, per uno di essi, anche di resistenza a pubblico ufficiale, decidevano di presentare ricorso per cassazione. La loro difesa si basava sulla contestazione della motivazione della sentenza, ritenuta carente e basata su mere ‘formule di stile’, incapace di esaminare eventuali cause di non punibilità previste dalla legge.
I Motivi del Ricorso e la Tesi Difensiva
Due degli imputati hanno lamentato specificamente un vizio di motivazione, sostenendo che il giudice di primo grado non avesse adeguatamente vagliato la possibilità di proscioglimento immediato secondo l’art. 129 del codice di procedura penale. Il terzo ricorrente, invece, si è limitato a un generico richiamo ai casi di impugnazione previsti dalla normativa, senza però specificare in cosa consistesse concretamente il vizio della sentenza a suo carico. La strategia difensiva puntava a scardinare la sentenza di patteggiamento attaccandone l’apparato giustificativo.
Il Ricorso Patteggiamento dopo la Riforma Orlando
La Corte di Cassazione ha respinto in toto le argomentazioni dei ricorrenti, dichiarando i ricorsi inammissibili. Il fulcro della decisione risiede nell’applicazione della normativa introdotta con la Legge n. 103 del 2017 (nota come Riforma Orlando). Questa riforma ha drasticamente limitato i motivi per cui è possibile presentare un ricorso patteggiamento.
L’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale stabilisce infatti che la sentenza di patteggiamento può essere impugnata esclusivamente per motivi attinenti a:
1. L’espressione della volontà dell’imputato (ad esempio, se il consenso è stato viziato).
2. Il difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza.
3. L’erronea qualificazione giuridica del fatto.
4. L’illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte ha sottolineato come il ‘vizio di motivazione’, un tempo motivo frequente di impugnazione, sia stato deliberatamente escluso dal legislatore del 2017 dall’elenco dei motivi ammissibili. Questa scelta mira a garantire la stabilità delle sentenze di patteggiamento, che si fondano su un accordo tra le parti. Permettere un sindacato sulla motivazione, che in questo tipo di sentenze è fisiologicamente succinta, significherebbe snaturare l’istituto stesso.
I giudici hanno quindi affermato che, essendo il vizio di motivazione un motivo non previsto dalla norma, i ricorsi dei primi due imputati erano palesemente inammissibili. Anche il ricorso del terzo imputato è stato giudicato inammissibile per la sua genericità, in quanto non specificava quale dei motivi tassativamente previsti fosse stato violato. Di conseguenza, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e di una somma di quattromila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Conclusioni
Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato: la via del patteggiamento è una scelta processuale che implica una rinuncia a far valere determinate doglianze in sede di impugnazione. Chi opta per questo rito deve essere consapevole che la sentenza potrà essere messa in discussione solo per vizi specifici e gravi, legati alla formazione della volontà, alla legalità della pena o a errori macroscopici di inquadramento giuridico. Qualsiasi tentativo di contestare la sufficienza della motivazione è destinato a fallire, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per un vizio di motivazione?
No, a seguito della riforma legislativa del 2017, il vizio di motivazione non rientra più tra i motivi ammessi per proporre ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento.
Quali sono gli unici motivi per cui si può fare ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
Il ricorso è consentito solo per motivi tassativamente elencati dalla legge: vizi nell’espressione della volontà dell’imputato, difetto di correlazione tra la richiesta delle parti e la sentenza emessa, erronea qualificazione giuridica del fatto, e illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.
Cosa succede se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro, determinata in via equitativa dalla Corte, in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24227 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24227 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/05/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
ACUNA TOLEDO NOME nato il DATA_NASCITA
NOME ARTEAGA VICTOR NOME nato il DATA_NASCITA
COGNOME NOME (CUI 06CO3A6) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/06/2023 del TRIBUNALE di ROMA
dato avviso alle pari
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
I ricorrenti in epigrafe hanno proposto ricorso per cassazione avverso la emessa il 24 giugno 2023 ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. dal Tribunale di Roma i ai reati di furto aggravato e di resistenza a pubblico ufficiale ( quest’ultimo con NOME).
Gli imputati COGNOME ed COGNOME deducono vizio di motivazione, poiché la sent impugnata aveva fatto riferimento a mere formule di stile senza rilevare le cause di non ai sensi dell’art. 129 cod.proc. pen. Con unico motivo l’imputato COGNOME si limita a c cui all’art. 448 bis cod. proc. pen.
Va dichiarata l’inammissibilità del ricorso senza formalità ai sensi dell’art. 5-bis cod. proc. pen, introdotto dall’art. 1, comma 62, della legge 23.6.2017 n. 103, a dal 3 agosto 2017.
Ed invero, a far tempo da tale ultima data, successive alla quale sono sia la patteggiamento che la relativa impugnativa (cfr. art. 1, co. 51, della L. 23.6.20 pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la se applicazione della pena ex artt. 444 e sgg. cod. proc. pen. “solo per moti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richies all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena e della misu (art. 143, comma 2-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla legge n.103/17).
Orbene, é agevole rilevare il vizio di motivazione non rientra tra i motivi prosp il ricorso per cassazione e che il NOME, limitandosi ad una mera citazione della ricordata, neppure indica in cosa consistano i vizi della sentenza emessa a suo carico
I ricorsi vanno dunque dichiarati inammissibili, con conseguente condan ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila, de secondo equità, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento del processuali e della somma di quattromila euro in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 29 maggio 2024
Il Consigliere estensore
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