Ricorso Patteggiamento: Quando la Cassazione lo Dichiara Inammissibile
Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, è un istituto fondamentale del nostro ordinamento processuale penale che consente di definire il processo in modo rapido. Tuttavia, le vie per impugnare una sentenza di patteggiamento sono molto ristrette. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione chiarisce i limiti invalicabili del ricorso patteggiamento, confermando l’inammissibilità dei motivi che esulano da quelli tassativamente previsti dalla legge.
I Fatti del Caso: un Patteggiamento per Stupefacenti
Il caso in esame riguarda un imputato che aveva concordato con il Pubblico Ministero una pena di otto mesi di reclusione e tremila euro di multa per reati legati al traffico di sostanze stupefacenti. La pena era stata richiesta in continuazione con fatti già giudicati con una precedente sentenza. Il Giudice dell’Udienza Preliminare aveva accolto la richiesta, emettendo la relativa sentenza di patteggiamento.
Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, lamentando una violazione di legge e una carenza di motivazione riguardo all’affermazione della sua responsabilità e alla mancata esplorazione di eventuali cause di non punibilità.
La Disciplina del Ricorso Patteggiamento
Il punto centrale della questione risiede nella disciplina del ricorso patteggiamento contenuta nell’articolo 448, comma II-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta dalla cosiddetta ‘riforma Orlando’, ha limitato drasticamente i motivi per cui è possibile impugnare una sentenza di patteggiamento. Il ricorso è consentito solo per contestare:
* L’espressione della volontà dell’imputato (vizi del consenso);
* Il difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza;
* L’erronea qualificazione giuridica del fatto;
* L’illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.
Qualsiasi altro motivo, inclusa la contestazione sulla valutazione della responsabilità, è escluso.
La Valutazione del Giudice nel Patteggiamento
Quando il giudice ratifica un accordo di patteggiamento, il suo controllo non è meramente formale. Egli deve verificare che non sussistano le condizioni per un proscioglimento immediato secondo l’articolo 129 del codice di procedura penale (ad esempio, se il fatto non sussiste o non costituisce reato). Tuttavia, la giurisprudenza consolidata ritiene che, data la natura del rito che implica una rinuncia a contestare le prove, la motivazione del giudice su questo punto possa essere molto sintetica e basata sugli atti a sua disposizione.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso totalmente inammissibile. I giudici hanno sottolineato che i motivi presentati dall’imputato erano non solo generici, ma soprattutto estranei al perimetro disegnato dall’art. 448, comma II-bis. La contestazione relativa all’affermazione di responsabilità e alla mancata analisi di cause di non punibilità non rientra tra i vizi che possono essere fatti valere in sede di legittimità contro una sentenza di patteggiamento.
La Corte ha ribadito che il giudice di merito aveva correttamente ratificato l’accordo tra le parti, escludendo motivatamente, seppur in modo sintetico, la presenza dei presupposti per un proscioglimento. Tale motivazione è stata ritenuta pienamente adeguata, in linea con la giurisprudenza costante delle Sezioni Unite.
Le Conclusioni: i Limiti Imposti dalla Riforma Orlando
L’ordinanza in commento conferma la stretta interpretazione delle norme che regolano l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento. La scelta di accedere a questo rito speciale comporta una consapevole rinuncia a contestare l’impianto accusatorio nel merito. Di conseguenza, il ricorso patteggiamento non può trasformarsi in un’occasione per rimettere in discussione la valutazione dei fatti o la colpevolezza, aspetti che si considerano definiti con l’accordo stesso. La decisione si pone in linea di continuità con l’obiettivo del legislatore di deflazionare il carico giudiziario e di assicurare stabilità alle decisioni prese tramite riti alternativi. Per il difensore e l’imputato, ciò significa che la decisione di patteggiare deve essere ponderata attentamente, essendo le possibilità di un successivo riesame estremamente limitate e circoscritte a vizi di natura prettamente giuridica.
È possibile presentare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento per contestare la valutazione della responsabilità penale?
No. A seguito della riforma Orlando, l’art. 448, comma II-bis, del codice di procedura penale limita espressamente i motivi di ricorso a questioni relative a vizi del consenso, errata qualificazione giuridica del fatto, illegalità della pena o difetto di correlazione tra richiesta e sentenza. La contestazione sulla responsabilità è esclusa.
Il giudice del patteggiamento deve motivare in modo approfondito l’esclusione delle cause di proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p.?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che è sufficiente una motivazione sintetica, basata sugli atti, che escluda la ricorrenza di cause di proscioglimento. La richiesta di patteggiamento implica una volontaria rinuncia alla contestazione delle prove, rendendo adeguata una motivazione concisa da parte del giudice.
Cosa succede se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità del ricorso, il ricorrente viene condannato, secondo l’art. 616 del codice di procedura penale, al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, a meno che non riesca a dimostrare l’assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23853 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23853 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a FROSINONE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 29/11/2023 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di FROSINONE
/dato avviso
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza del Tribunale di Frosinone che ha applicato, su sua richiesta e con il consenso del PM, ai sensi degli artt. 444 e ss. cod. proc. pen., una pena concordata di mesi otto di reclusione ed euro tremila di multa per una serie di reati concernenti il traffico di sostanze stupefacenti in continuazione con i fatti già giudicati dal Tribunale di Frosinone con sentenza emessa in data 8 settembre 2021 n.218/21, passata in giudicato.
Il ricorrente deduce violazione di legge e carenza motivazionale in relazione alla affermazione di responsabilità e al rispetto dell’onere motivazionale in capo al decidente con riferimento alla mancata esplorazione di cause di non punibilità.
I profili di doglianza sopra richiamati sono inammissibili in quanto assolutamente generici, privi di fondamento nonché esclusi dai motivi di impugnazione della sentenza di applicazione della pena su richiesta, come previsto dall’articolo 448 comma II bis cod.proc.pen., a seguito delle modifiche apportate dalla novella Orlando, applicabile ratione tennporis in presenza di richiesta formulata dopo la data del 3.8.2017, la quale limita il ricorso per cassazione avverso la sentenza di applicazione della pena su richiesta a profili concernenti la qualificazione giuridica del reato, la illegalità della pena e i vizi del consenso.
3.1 Invero il giudice, nell’applicare la pena concordata, ha ratificato l’accordo intervenuto tra le parti, escludendo motivatamente, sulla base degli atti, che ricorressero i presupposti di cui all’art. 129 c.p.p. per il proscioglimento dell’odierno ricorrente. La pur sintetica motivazione, avuto riguardo alla (consapevole e volontaria) rinunzia alla contestazione delle prove dei fatti costituenti oggetto di imputazione, implicita nella domanda di patteggiamento, nonché alla speciale natura dell’accertamento devoluto al giudice del merito in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti che ne consegue, appare pienamente adeguata ai parametri indicati per tale genere di decisioni dalla ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità (cfr., tra le altre, Sez. un., n. 5777 del 27 marzo 1992, COGNOME, rv. 191135; Sez. un., n. 10372 del 27 settembre 1995, COGNOME, rv. 202270; sez. un., n. 20 del 27 ottobre 1999, COGNOME, rv. 214637).
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della cassa dell ammende.
Così deciso in Roma il 15 maggio 2024
Il Consigliere estensore
GLYPH Il Presidente