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Ricorso patteggiamento: limiti e inammissibilità

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 23645/2024, ha dichiarato inammissibile un ricorso patteggiamento con cui si contestava la determinazione della pena. La Corte ha ribadito che l’impugnazione è consentita solo per i motivi tassativamente previsti dall’art. 448, co. 2-bis c.p.p., tra i quali non rientra la semplice doglianza sul calcolo della pena, a meno che questa non risulti palesemente illegale.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: Quando la Cassazione lo Dichiara Inammissibile

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito i rigidi confini entro cui è possibile impugnare una sentenza di patteggiamento. La decisione sottolinea come il ricorso patteggiamento non possa essere utilizzato per contestare genericamente la determinazione della pena concordata tra le parti, a meno che non si configurino specifiche e gravi violazioni di legge. Questa pronuncia offre un importante chiarimento sui limiti del sindacato di legittimità in materia di applicazione della pena su richiesta delle parti.

Il Caso in Esame: l’Impugnazione della Pena Concordata

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di patteggiamento emessa dal Giudice dell’Udienza Preliminare (GUP) del Tribunale di Crotone. Il ricorrente lamentava un vizio di violazione di legge specificamente legato alla quantificazione della pena applicata, frutto dell’accordo con il Pubblico Ministero e ratificato dal giudice.

L’imputato, attraverso il suo difensore, ha tentato di portare all’attenzione della Suprema Corte la presunta erroneità nel calcolo della sanzione, sperando in una riforma della sentenza di primo grado. Tuttavia, la questione centrale che la Cassazione ha dovuto affrontare non era il merito del calcolo, ma la stessa ammissibilità del ricorso.

La Disciplina del Ricorso Patteggiamento secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la propria decisione sulla disciplina specifica che regola l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento. I giudici hanno richiamato un principio consolidato, fondato sull’interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.

I Motivi Tassativi dell’Art. 448, comma 2-bis, c.p.p.

Questa norma limita drasticamente i motivi per cui è possibile presentare un ricorso patteggiamento in Cassazione. L’impugnazione è consentita solo per un elenco tassativo di vizi, che includono, ad esempio, l’errata qualificazione giuridica del fatto, l’illegalità della pena o l’inosservanza di norme processuali la cui violazione è sanzionata con la nullità.

La contestazione relativa alla determinazione della pena, ovvero al calcolo effettuato dal giudice nel ratificare l’accordo, non rientra in questo elenco. La logica del legislatore è quella di dare stabilità alle sentenze che si fondano su un accordo tra accusa e difesa, limitando le possibilità di rimetterle in discussione.

La Distinzione tra Errata Determinazione e Pena ‘Illegale’

È fondamentale comprendere la differenza tra un’errata determinazione della pena e una pena ‘illegale’. Un’errata determinazione potrebbe riguardare un calcolo non del tutto corretto delle attenuanti o delle aggravanti. Una pena ‘illegale’, invece, è una sanzione che l’ordinamento non prevede per quel tipo di reato (es. una pena detentiva al posto di una pecuniaria) o che supera i limiti massimi stabiliti dalla legge. Solo in quest’ultimo caso il ricorso sarebbe ammissibile. Nel caso di specie, la Corte non ha riscontrato alcuna illegalità nel trattamento sanzionatorio, ma solo una doglianza sulla sua quantificazione.

Le Motivazioni della Corte Suprema

Nelle motivazioni, la Corte ha chiarito che il ricorso proposto esulava completamente dalle impugnazioni consentite dalla legge. Citando un proprio precedente (Sentenza n. 1032 del 2019), ha ribadito che l’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. limita l’impugnabilità della pronuncia alle sole ipotesi di violazione di legge in esso tassativamente indicate. Poiché la contestazione del ricorrente riguardava la quantificazione della pena e non la sua illegalità, il ricorso è stato giudicato al di fuori del perimetro di ammissibilità.

Di conseguenza, la Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso con una procedura semplificata (de plano), senza necessità di udienza. Ha inoltre condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un ricorso palesemente infondato.

Conclusioni: le Implicazioni Pratiche della Decisione

Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale rigoroso: la scelta del patteggiamento comporta una sostanziale rinuncia a contestare nel merito la quantificazione della pena, a meno di palesi illegalità. Gli avvocati e i loro assistiti devono essere pienamente consapevoli che, una volta raggiunto l’accordo sulla pena, le possibilità di impugnazione sono estremamente limitate. La decisione rafforza la stabilità delle sentenze di patteggiamento e scoraggia ricorsi dilatori o infondati, ponendo l’accento sulla natura negoziale e definitiva di questo rito speciale.

È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
No, il ricorso è possibile solo per i motivi tassativamente indicati dall’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, che non includono la generica contestazione della misura della pena.

Contestare il calcolo della pena è un motivo valido per il ricorso patteggiamento?
No, la semplice contestazione sulla determinazione della pena non è un motivo ammissibile. Lo diventa solo se la pena applicata è ‘illegale’, cioè di un tipo non previsto dalla legge per quel reato o superiore ai limiti massimi edittali.

Cosa succede se il ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver proposto un’impugnazione non consentita dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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