Ricorso Patteggiamento: Quando la Cassazione Dichiara l’Inammissibilità
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i confini invalicabili del ricorso patteggiamento, chiarendo in modo definitivo perché un vizio di motivazione non possa portare all’annullamento della sentenza. Questa pronuncia offre spunti fondamentali per comprendere i limiti dell’impugnazione in uno dei riti alternativi più diffusi del nostro ordinamento processuale penale.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da una sentenza di patteggiamento emessa dal Tribunale di Fermo. L’imputato, d’accordo con il pubblico ministero, aveva ottenuto l’applicazione di una pena per il reato di furto, a seguito di una riqualificazione del fatto originariamente contestato come appropriazione indebita. La pena concordata era di sei mesi e venti giorni di reclusione e 170,00 euro di multa, poi interamente convertita in una sanzione pecuniaria finale di 2.170,00 euro.
Tuttavia, l’imputato, tramite il suo difensore, ha deciso di presentare ricorso in Cassazione, lamentando un vizio specifico: l’assoluta mancanza di motivazione da parte del giudice di merito sulla correttezza della riqualificazione giuridica del fatto. Secondo la difesa, il giudice si era limitato ad accettare la qualificazione proposta dalle parti senza fornire alcuna spiegazione sul percorso logico-giuridico seguito.
Analisi del ricorso patteggiamento in Cassazione
Il cuore della questione giuridica risiede nei limiti imposti dall’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta dalla riforma del 2017, stabilisce in modo tassativo i motivi per cui è possibile presentare ricorso contro una sentenza di patteggiamento. Essi sono:
1. Problemi relativi all’espressione della volontà dell’imputato.
2. Difetto di correlazione tra la richiesta delle parti e la sentenza emessa.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.
La difesa ha tentato di far valere la propria doglianza sostenendo che l’assenza di motivazione sulla riqualificazione equivale a un errore di diritto. La Cassazione, però, ha seguito un’interpretazione molto più rigorosa.
Le motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile con una motivazione netta e precisa. I giudici hanno sottolineato che la doglianza dell’imputato non riguardava uno dei quattro motivi elencati dall’art. 448, comma 2-bis, bensì un vizio motivazionale. La legge, infatti, non include la carenza o illogicità della motivazione tra le ragioni valide per impugnare un patteggiamento.
La norma citata ha volutamente creato un regime speciale e derogatorio rispetto alle regole generali sulle impugnazioni (art. 606 c.p.p.), limitando drasticamente la possibilità di ricorso per cassazione. L’obiettivo del legislatore era quello di definire più rapidamente i procedimenti basati su un accordo tra le parti. Lamentare che il giudice non ha spiegato perché la riqualificazione fosse corretta è un vizio di motivazione, non un’erronea qualificazione del fatto in sé. Quest’ultima si verifica quando il giudice applica una norma palesemente sbagliata ai fatti descritti, non quando omette di argomentare la sua scelta.
Inoltre, la Corte ha richiamato un principio consolidato, espresso anche dalle Sezioni Unite, secondo cui i vizi di motivazione non sono mai denunciabili in Cassazione per questioni di puro diritto, nemmeno quando la soluzione adottata dal giudice di merito sia giuridicamente errata.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
La decisione in esame consolida un orientamento restrittivo e conferma che le sentenze di patteggiamento godono di una notevole stabilità. Le parti che scelgono questo rito devono essere consapevoli che le possibilità di impugnazione sono estremamente limitate e circoscritte a violazioni di legge specifiche e sostanziali. Un’eventuale carenza argomentativa del giudice che si limita a ratificare l’accordo non costituisce un motivo valido per rimettere in discussione la sentenza. Di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di tremila euro alla Cassa delle ammende, a testimonianza della severità con cui viene trattato un ricorso ritenuto palesemente inammissibile.
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per assenza di motivazione?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la carenza di motivazione non rientra tra i motivi tassativamente previsti dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, che disciplinano il ricorso contro una sentenza di patteggiamento.
Quali sono i motivi validi per presentare un ricorso patteggiamento in Cassazione?
Il ricorso è ammesso solo per motivi specifici: problemi legati all’espressione della volontà dell’imputato, difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, erronea qualificazione giuridica del fatto e illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Cosa accade se un ricorso contro un patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie con una sanzione di tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 37229 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 37229 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
Borodan Catalin Marine! nato in Romania il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/05/2025 emessa dal Tribunale di Fermo; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; procedimento trattato con il rito “de plano”.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con la sentenza impugnata il Tribunale di Fermo applicava a Borodan Catalin Marine!, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., previa riqualificazione del fatto cont nel delitto di furto come proposto dalle parti, la pena di mesi sei giorni venti di reclu ed euro 170,00 di multa, con conversione della componente detentiva in pecuniaria, così determinando la sanzione finale in euro 2.170,00 di multa.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, tramite il difensore di fiducia, deducendo l’assenza di motivazione in punto di riqualificazio giuridica del fatto.
Osserva il ricorrente che, a fronte di una richiesta di applicazione concordemente proposta dalle parti, il giudice deve preliminarmente verificare la corretta qualificaz giuridica dei fatti dando conto, con argomenti privi di vizi logici, del percorso motivazio seguito. Nel caso di specie, tale valutazione è stata del tutto pretermessa. Invero Tribunale non ha argomentato in ordine alla sussunzione del fatto nel delitto di furto com proposto dalle parti, anziché nella fattispecie di appropriazione indebita, contestat imputazione, limitandosi ad affermare apoditticamente la correttezza di tal riqualificazione.
3. Il ricorso è inammissibile.
La doglianza dedotta attiene ad un vizio motivazionale che esula dal novero di quelle contemplate dall’art. 448, comma 2-bis cod. proc. pen., introdotto dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, in vigore dal 3 agosto 2017, secondo cui il ricorso per cassazione contro l sentenza di patteggiamento è proponibile solo per motivi attinenti all’espressione dell volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’e qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Detta previsione, in deroga alla disciplina generale di cui all’art. 606 cod. proc. p delimita quindi l’impugnazione ai soli casi ivi tassativamente indicati che riguardano ipot specifiche di violazione di legge e non anche la carente motivazione della decisione che in questa sede viene lamentata.
In ogni caso, va ricordato che, per costante giurisprudenza, in tema di ricorso pe cassazione, i vizi di motivazione indicati dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. non sono mai denunciabili con riferimento alle questioni di diritto, non solo quando soluzione adottata dal giudice sia giuridicamente corretta, ma anche nel caso contrario (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, Filardo, Rv. 280027 – 05).
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali relative al presente giudizio e al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 07/10/2025