Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 37202 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 37202 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/04/2025 del Giudice per le indagini preliminari TRIBUNALE di MONZA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
rilevato che il presente procedimento è stato trattato con il rito “de plano”;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza resa in data 17 aprile 2025 ex art. 444 cod. proc. pen. il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Monza applicava all’imputato NOME COGNOME la pena concordata di anni tre e mesi sette di reclusione ed euro 1.000,00 di multa in relazione ai reati di rapina aggravata in concorso, lesioni personali aggravate in concorso, porto abusivo di strumento atto a offendere, ricettazione e furto pluriaggravato in concorso.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del proprio difensore, chiedendone l’annullamento e articolando quattro motivi di doglianza.
Con il primo motivo deduceva violazione dell’art. 129 cod. proc. pen. e vizio di motivazione, assumendo che erroneamente il giudice non aveva emesso sentenza assolutoria in relazione ai reati di rapina aggravata e lesioni personali aggravate, essendo carente l’elemento soggettivo dei detti reati, e che al
riguardo non aveva reso idonea motivazione; deduceva in particolare che l’imputato aveva accompagnato gli autori materiali dei detti reati senza avere consapevolezza di ciò che i citati soggetti avevano in animo di compiere.
Con il secondo motivo deduceva violazione dell’art. 129 cod. proc. pen. e vizio di motivazione, assumendo che erroneamente il giudice non aveva emesso sentenza assolutoria in relazione al reato di porto abusivo di strumento atto a offendere, e che al riguardo non aveva reso idonea motivazione, rassegnando le medesime argomentazioni sviluppate in sede di trattazione del primo motivo.
Con il terzo motivo deduceva violazione dell’art. 129 cod. proc. pen. e vizio di motivazione, assumendo che erroneamente il giudice aveva ritenuta corretta la qualificazione del fatto descritto al capo D) dell’imputazione nel reato di ricettazione – avente ad oggetto un’autovettura provento del reato di appropriazione indebita – dovendosi considerare che l’imputato aveva partecipato alla commissione del reato presupposto di appropriazione indebita, circostanza che era emersa per il fatto che l’utilizzatore della vettura aveva contattato per telefono la società di noleggio utilizzando un’utenza intestata all’imputato.
Con il quarto motivo deduceva violazione dell’art. 129 cod. proc. pen. e vizio di motivazione, assumendo che erroneamente il giudice non aveva emesso sentenza assolutoria in relazione ai reati di furto pluriaggravato di cui ai capi E) ed F), in difetto di elementi tali da far ritenere la partecipazione consapevole dell’imputato ad azioni delittuose commesse da terzi.
Tutti i motivi di ricorso sono inammissibili in quanto non consentiti.
Ed invero, a mente del disposto di cui all’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. avverso la sentenza emessa ex art. 444 cod. proc. pen. il pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione solo per motivi attinenti alla volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Occorre precisare che, secondo il consolidato orientamento del Giudice di legittimità, condiviso da questo Collegio, in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo, ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., l’erronea qualificazione giuridica del fatto contenuto in sentenza è limitata ai soli casi di errore manifesto, configurabile quando tale qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza e senza margini di opinabilità, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del
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capo di imputazione (v., ex multis, Sez. 2, n. 14377 del 31/03/2021, Paolino, Rv. 281116 – 01; in applicazione del principio la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata che aveva erroneamente qualificato come furto aggravato un fatto che, sulla base del capo di imputazione e della motivazione della sentenza, doveva qualificarsi invece quale tentativo di rapina impropria aggravata).
La verifica sul punto, dunque, deve essere compiuta esclusivamente sulla base del capo di imputazione, con conseguente inammissibilità della denuncia di errori valutativi che non risultino evidenti dal testo del provvedimento impugnato.
In ragione dei principi indicati, nel caso di specie l’esame del contenuto del capo d’imputazione e della motivazione della sentenza impugnata non rivela la manifesta erroneità della qualificazione giuridica del fatto descritto al capo D), considerato che la assunta partecipazione dell’imputato alla commissione del reato presupposto, rispetto al contestato reato di ricettazione, richiederebbe di necessità un accertamento istruttorio che risulta logicamente incompatibile con il concetto di errore manifesto.
Gli ulteriori motivi dedotti dal ricorrente non rientrano, palesemente, fra quelli consentiti, elencati all’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen.
8. Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve, dunque, essere dichiarato inammissibile; il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento. In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 09/09/2025