Ricorso Patteggiamento: i Limiti Imposti dalla Cassazione
L’istituto del patteggiamento, disciplinato dall’art. 444 c.p.p., rappresenta una delle vie più comuni per la definizione accelerata dei procedimenti penali. Tuttavia, la scelta di questo rito comporta significative limitazioni sul fronte delle impugnazioni. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 22751/2024) ribadisce con chiarezza i confini invalicabili del ricorso patteggiamento, dichiarandolo inammissibile quando i motivi addotti non rientrano nel novero di quelli tassativamente previsti dalla legge.
Il Caso in Analisi: un’impugnazione oltre i limiti consentiti
Nel caso di specie, un imputato aveva proposto ricorso per Cassazione avverso una sentenza di patteggiamento emessa dal Giudice dell’Udienza Preliminare del Tribunale di Napoli. L’imputato, nato nel 2001, lamentava un vizio di motivazione della sentenza in relazione all’articolo 129 del codice di procedura penale, che impone al giudice di prosciogliere l’imputato qualora ne ricorrano le condizioni, anche in presenza di un accordo sulla pena.
In sostanza, la difesa tentava di far valere in sede di legittimità una doglianza che, per sua natura, implicava una valutazione sul merito della motivazione del giudice di primo grado, un terreno precluso quando si tratta di impugnare una sentenza di patteggiamento.
La Decisione della Corte: l’inammissibilità del ricorso patteggiamento
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha risolto la questione in modo netto e conforme al suo consolidato orientamento. Con una procedura snella, definita de plano (cioè senza udienza pubblica), ha dichiarato il ricorso inammissibile. La Corte ha stabilito che i motivi presentati dall’imputato non erano consentiti dalla legge in sede di legittimità.
Di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria prevista proprio per i casi di ricorsi temerari o palesemente infondati.
Le Motivazioni Giuridiche: l’Art. 448, comma 2-bis c.p.p.
Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma elenca in modo tassativo i motivi per cui è possibile presentare ricorso per Cassazione contro una sentenza di patteggiamento. Tra questi non figura il ‘vizio di motivazione’.
I motivi ammessi sono circoscritti a questioni di puro diritto, come:
* La mancata espressione del consenso da parte dell’imputato o del suo difensore.
* L’erronea qualificazione giuridica del fatto.
* L’illegalità della pena applicata.
La Corte ha ritenuto che la doglianza sollevata dal ricorrente, relativa a un presunto vizio di motivazione sull’art. 129 c.p.p., esulasse completamente da questo elenco. Pertanto, il ricorso è stato giudicato inammissibile per carenza di uno dei presupposti fondamentali previsti dalla legge.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Difesa
Questa ordinanza funge da importante monito per la difesa tecnica. Scegliere la via del patteggiamento significa accettare una forte limitazione del diritto di impugnazione. Qualsiasi tentativo di aggirare i paletti imposti dall’art. 448, comma 2-bis c.p.p., introducendo motivi di ricorso non consentiti, è destinato all’insuccesso e comporta conseguenze economiche negative per l’assistito.
È fondamentale, quindi, che la decisione di patteggiare sia preceduta da un’attenta valutazione di tutti gli aspetti processuali, nella piena consapevolezza che, una volta emessa la sentenza, le possibilità di rimetterla in discussione saranno estremamente ridotte e limitate a vizi specifici e non a una generica contestazione della motivazione del giudice.
È sempre possibile impugnare in Cassazione una sentenza di patteggiamento?
No, l’impugnazione è possibile solo per i motivi tassativamente elencati nell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Al di fuori di questi casi specifici, il ricorso non è ammesso.
Quale tipo di contestazione è stata ritenuta inammissibile in questo caso?
La Corte ha ritenuto inammissibile la contestazione di un ‘vizio di motivazione’ relativo all’applicazione dell’art. 129 c.p.p. (obbligo di proscioglimento immediato). Questo tipo di doglianza non rientra tra i motivi consentiti per impugnare una sentenza di patteggiamento.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
Quando un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, 3.000 euro) da versare alla Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22751 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22751 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
MILANO NOME NOME a MASSA DI SOMMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/12/2023 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di NAPOLI
dato avviso allc porti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
n. 174 – R.G. n. 1642/24
OSSERVA
Ritenuto che i motivi dedotti nel ricorso avverso sentenza ex art. 444 cod. proc. pen. non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità, perché costituiti da doglianze non previste dall’art. 448, comma 2-bis cod. proc. pen. (vizio di motivazione sull’art. 129 cod. proc. pen.);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con procedura de plano, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17/05/2024.