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Ricorso patteggiamento: limiti e inammissibilità

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso contro una sentenza di patteggiamento per il reato di riciclaggio. La decisione si fonda sulla tassatività dei motivi di impugnazione previsti dall’art. 448-bis c.p.p. Il motivo sollevato dal ricorrente, relativo alla mancata motivazione sull’assenza di cause di proscioglimento, non rientra tra quelli consentiti, determinando la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. Questo caso evidenzia l’importanza di rispettare i limiti imposti dalla legge per il ricorso patteggiamento.

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Pubblicato il 22 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: i Motivi Tassativi per Evitare l’Inammissibilità

Il ricorso patteggiamento rappresenta un istituto fondamentale del nostro ordinamento processuale penale, ma la sua impugnazione è soggetta a limiti molto stringenti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con forza questi confini, dichiarando inammissibile un ricorso presentato per motivi non contemplati dalla legge. Analizziamo questa decisione per comprendere quali sono le uniche vie percorribili per contestare una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti e le conseguenze di un’impugnazione errata.

I Fatti del Caso: Il Ricorso contro la Sentenza di Patteggiamento

Il caso trae origine dal ricorso presentato dal difensore di un imputato avverso una sentenza di patteggiamento emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale. La sentenza riguardava il delitto di riciclaggio e altre imputazioni. Il ricorrente lamentava, quale unico motivo di doglianza, la mancanza di un’adeguata motivazione da parte del giudice di merito riguardo all’insussistenza delle cause di proscioglimento previste dall’art. 129 del codice di procedura penale. In sostanza, si contestava al giudice di non aver verificato a sufficienza l’eventuale innocenza dell’imputato prima di ratificare l’accordo sulla pena.

L’Analisi della Corte: I Limiti del Ricorso Patteggiamento

La Corte di Cassazione ha prontamente dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si basa su una norma specifica, l’articolo 448-bis, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa disposizione, introdotta nel 2017, ha cristallizzato i motivi per cui l’imputato e il pubblico ministero possono presentare ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento. La norma stabilisce un elenco tassativo, ovvero una lista chiusa e non ampliabile, di ragioni valide, che sono:

1. Vizi legati all’espressione della volontà dell’imputato: ad esempio, se il consenso al patteggiamento non è stato dato liberamente.
2. Difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza: se il giudice ha emesso una decisione che non corrisponde all’accordo tra le parti.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto: se il reato è stato inquadrato in una fattispecie giuridica sbagliata.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata: se la sanzione è contraria alla legge per tipo o quantità.

Il motivo sollevato dal ricorrente – la presunta carenza di motivazione sull’art. 129 c.p.p. – non rientra in nessuna di queste categorie. Pertanto, il ricorso è stato considerato al di fuori del perimetro consentito dalla legge.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Suprema Corte è netta e si fonda su un’interpretazione letterale e rigorosa della normativa. Il legislatore, limitando i motivi di ricorso, ha voluto conferire maggiore stabilità alle sentenze di patteggiamento, che nascono da un accordo tra accusa e difesa. L’obiettivo è evitare impugnazioni dilatorie o basate su questioni che avrebbero dovuto essere valutate prima di raggiungere l’accordo sulla pena. La verifica della sussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. è un dovere del giudice che applica la pena, ma un eventuale vizio di motivazione su questo punto non è stato incluso dal legislatore tra i motivi specifici che consentono di impugnare la sentenza in Cassazione. Di conseguenza, presentare un ricorso per una ragione non prevista equivale a presentare un’impugnazione senza fondamento giuridico, destinata inevitabilmente all’inammissibilità.

Le Conclusioni: Conseguenze dell’Inammissibilità

La dichiarazione di inammissibilità non è priva di conseguenze. Ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, la parte che ha proposto un ricorso inammissibile deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, se la Corte ravvisa profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – come nel caso di un ricorso basato su motivi palesemente esclusi dalla legge – condanna il ricorrente anche al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende. In questa vicenda, tale somma è stata equitativamente fissata in 3.000,00 euro. La lezione pratica è chiara: prima di intraprendere la via del ricorso patteggiamento, è essenziale verificare con scrupolo che le proprie doglianze rientrino nel novero tassativo indicato dall’art. 448-bis c.p.p., per non incorrere in una declaratoria di inammissibilità e nelle relative sanzioni economiche.

È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
No, il ricorso è possibile solo per un numero limitato di motivi espressamente previsti dall’art. 448-bis, comma 2-bis, del codice di procedura penale.

Quali sono i motivi validi per impugnare una sentenza di patteggiamento?
I motivi validi riguardano l’espressione della volontà dell’imputato, il difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, l’erronea qualificazione giuridica del fatto e l’illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.

Cosa succede se si presenta un ricorso per motivi non consentiti dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Di conseguenza, la parte che lo ha proposto viene condannata al pagamento delle spese processuali e, in caso di colpa, di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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