Ricorso Patteggiamento: quando la Cassazione lo dichiara inammissibile
Il ricorso patteggiamento rappresenta una delle questioni più delicate nel panorama della procedura penale. Sebbene l’accordo sulla pena sia uno strumento deflattivo del contenzioso, le vie per impugnarlo sono molto strette. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce ulteriormente i confini di questa impugnazione, confermando che non ogni doglianza può essere portata all’attenzione dei giudici di legittimità. Analizziamo il caso e la decisione per capire le implicazioni pratiche.
I Fatti del Caso
Un imputato, dopo aver concordato una pena ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale (c.d. patteggiamento) per un reato legato agli stupefacenti (art. 73 D.P.R. 309/1990), decideva di presentare ricorso per cassazione. La sua contestazione si fondava su un unico motivo: la violazione di legge per mancanza di motivazione da parte del Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) in merito alla qualificazione giuridica del fatto. In altre parole, l’imputato lamentava che il giudice di primo grado non avesse spiegato adeguatamente le ragioni per cui il fatto contestato rientrasse in quella specifica ipotesi di reato.
L’Analisi della Corte e i Limiti del Ricorso Patteggiamento
La Corte di Cassazione, nell’esaminare il ricorso, si è concentrata sulla norma chiave che regola le impugnazioni delle sentenze di patteggiamento: l’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa disposizione, introdotta dalla riforma del 2017, elenca in modo tassativo i motivi per cui è possibile presentare ricorso. Essi sono:
1. Problemi relativi all’espressione della volontà dell’imputato (es. un consenso viziato).
2. Difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.
Il Collegio ha subito evidenziato come la censura mossa dal ricorrente – la mancanza di motivazione sulla qualificazione giuridica – non corrisponda a nessuno dei motivi consentiti. La legge permette di contestare l’errore nella qualificazione, non la sua mancata o carente giustificazione nella sentenza.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La motivazione della Suprema Corte si basa su un principio consolidato: la sentenza di patteggiamento ha una natura giuridica particolare, frutto di un accordo tra le parti. L’imputato, accettando il rito, dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti contestati. Di conseguenza, l’obbligo di motivazione del giudice è conformato a questa natura ‘negoziale’.
Lo sviluppo delle argomentazioni del giudice è necessariamente correlato all’esistenza di questo patto processuale. Non si può pretendere una motivazione approfondita come quella di una sentenza emessa dopo un dibattimento ordinario. La censura del ricorrente, focalizzandosi su un presunto deficit motivazionale, esulava quindi dal perimetro delle contestazioni ammissibili stabilito dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce la rigidità dei presupposti per impugnare una sentenza di patteggiamento. La scelta di questo rito alternativo comporta una rinuncia significativa al diritto di contestare la decisione nel merito. Chi intende presentare un ricorso patteggiamento deve essere consapevole che solo vizi specifici e di particolare gravità possono essere fatti valere in Cassazione.
In pratica, l’imputato e il suo difensore devono valutare con estrema attenzione i termini dell’accordo prima di formalizzarlo, poiché le possibilità di un ripensamento successivo sono estremamente limitate. La declaratoria di inammissibilità, inoltre, comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, rendendo il tentativo di ricorso, se infondato, anche economicamente svantaggioso.
È sempre possibile fare ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
No, il ricorso è possibile solo per i motivi tassativamente elencati dall’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, come un vizio del consenso, un’erronea qualificazione giuridica del fatto o l’illegalità della pena.
La mancanza di motivazione del giudice è un motivo valido per impugnare un patteggiamento?
No. Secondo l’ordinanza, la censura relativa alla mancanza di motivazione, anche sulla qualificazione giuridica del fatto, non rientra tra i motivi consentiti dalla legge per ricorrere contro una sentenza di patteggiamento.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso contro il patteggiamento?
Quando il ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro a titolo di sanzione a favore della Cassa delle ammende, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21514 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21514 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TARANTO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/12/2023 del GIP TRIBUNALE di TARANTO
dato av .zo alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO ED IN DIRITTO
Restano NOME ricorre per cassazione avverso la sentenza del Gip del Tribunale di Taranto recante applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. in ordine al reato di cui all’art. 73 comma 1 d.p.r. 9 ottobre 1990 n.309, deducendo violazione di legge dell’art. 606 lett. e) cod.proc.pen. per mancanza della motivazione in ordine alla qualificazione giuridica del fatto.
Il ricorso va dichiarato inammissibile per indeducibilità della descritta censura, che non rientra fra quelle consentite dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. (come introdotto dalla legge n. 103 del 23 giugno 2017, in vigore dal 3 agosto 2017), in quanto non riguardante motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’errone qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura sicurezza.
Questa Corte ha ripetutamente affermato il principio che l’obbligo della motivazione della sentenza non può non essere conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di patteggiamento: lo sviluppo delle linee argomentative è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti dedotti nell’imputazione.
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro quattromila a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente aL pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 17.4.2024