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Ricorso patteggiamento: limiti e inammissibilità

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso patteggiamento presentato da un imputato condannato per furto pluriaggravato. Il ricorso si basava sulla presunta omessa valutazione di cause di non punibilità. La Corte ha ribadito che i motivi di ricorso contro una sentenza di patteggiamento sono tassativamente limitati a quelli previsti dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., tra i quali non rientra la doglianza sollevata. Di conseguenza, il ricorso è stato respinto con condanna al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso patteggiamento: quando la Cassazione lo dichiara inammissibile

L’istituto del patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, rappresenta una delle vie principali per la definizione alternativa dei procedimenti penali. Tuttavia, una volta che l’accordo tra imputato e Pubblico Ministero viene ratificato dal Giudice, le possibilità di impugnazione sono estremamente limitate. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione chiarisce i confini invalicabili del ricorso patteggiamento, confermando la rigidità delle norme introdotte con la riforma del 2017.

I fatti di causa

Nel caso in esame, il Tribunale di Genova, in funzione di Giudice per le Indagini Preliminari, aveva applicato a un imputato la pena concordata tra le parti per una serie di imputazioni relative a furto pluriaggravato. L’imputato, tramite il proprio difensore, decideva di presentare ricorso per cassazione avverso tale sentenza.

I motivi del ricorso e la normativa di riferimento

L’unico motivo di doglianza sollevato dalla difesa riguardava la presunta ‘omessa valutazione sulla mancanza di cause di non punibilità ex art. 129 cod. proc. pen.’. In sostanza, secondo il ricorrente, il giudice di primo grado non avrebbe verificato, prima di applicare la pena concordata, l’eventuale presenza di condizioni che avrebbero dovuto portare a un proscioglimento immediato.

Questa argomentazione si scontra, però, con la disciplina specifica che regola l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento, contenuta nell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta dalla legge n. 103 del 2017, elenca in modo tassativo i soli motivi per cui è possibile presentare ricorso.

L’inammissibilità del ricorso patteggiamento secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente inammissibile. La decisione si fonda su un’interpretazione letterale e rigorosa dell’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. I giudici hanno sottolineato che il legislatore, con la riforma del 2017, ha voluto ridurre drasticamente le possibilità di impugnare le sentenze di patteggiamento, al fine di garantire la stabilità e l’efficienza di questo rito speciale. Il ricorso patteggiamento è oggi un’eccezione, non la regola.

Le motivazioni

La motivazione della Corte è netta e lineare: il ricorso è stato proposto per un motivo non consentito dalla legge. L’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., stabilisce un elenco chiuso di ragioni valide per l’impugnazione, e la presunta omessa valutazione delle cause di proscioglimento di cui all’art. 129 c.p.p. non rientra in tale elenco. Pertanto, la doglianza sollevata dal difensore si poneva al di fuori del perimetro di ammissibilità tracciato dal legislatore.

La Corte ha inoltre specificato che, data la manifesta inammissibilità, la declaratoria dovesse avvenire de plano, ovvero senza le formalità di un’udienza, come previsto dall’art. 610, comma 5-bis, c.p.p. Alla declaratoria di inammissibilità è seguita, come per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 4.000,00 Euro in favore della Cassa delle ammende.

Le conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale per chiunque acceda al rito del patteggiamento: la scelta di concordare la pena comporta una quasi totale rinuncia al diritto di impugnazione. Gli unici spiragli per un ricorso sono legati a vizi specifici e tassativamente indicati dalla legge, come errori nella qualificazione giuridica del fatto o nell’applicazione della pena. Qualsiasi tentativo di contestare la sentenza per motivi diversi è destinato a scontrarsi con una pronuncia di inammissibilità, con conseguenti oneri economici a carico del ricorrente. La decisione della Cassazione serve da monito sulla necessità di una valutazione attenta e consapevole prima di intraprendere la strada del patteggiamento.

È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
No, non è sempre possibile. Il ricorso è ammesso solo per i motivi specificamente ed esclusivamente elencati nell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.

Qual era il motivo del ricorso presentato in questo caso?
Il ricorrente lamentava la mancata valutazione da parte del giudice di primo grado sulla possibile esistenza di cause di non punibilità previste dall’art. 129 del codice di procedura penale.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo presentato, relativo all’art. 129 c.p.p., non rientra nell’elenco tassativo dei casi per cui la legge consente di impugnare una sentenza di patteggiamento, come stabilito dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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