Ricorso Patteggiamento: i Limiti Tassativi per l’Impugnazione in Cassazione
L’ordinanza n. 18788 del 2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui confini del ricorso patteggiamento. La Suprema Corte ha ribadito la rigida interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, che elenca in modo tassativo i motivi per cui è possibile impugnare una sentenza di applicazione della pena. Questa pronuncia sottolinea come, a seguito della riforma, le possibilità di contestare un patteggiamento siano state significativamente ristrette.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di patteggiamento emessa dal Giudice dell’Udienza Preliminare. La condanna riguardava un reato previsto dall’articolo 73 del d.P.R. 309/90, in materia di stupefacenti. L’imputato, nel suo ricorso per Cassazione, lamentava la violazione dell’articolo 129 del codice di procedura penale, sostenendo che il giudice di merito avesse omesso di valutare la possibile esistenza di cause di proscioglimento prima di ratificare l’accordo sulla pena.
L’Analisi della Corte sul Ricorso Patteggiamento
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile senza entrare nel merito della questione sollevata. Il fulcro della decisione risiede nell’interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto dalla legge n. 103 del 2017. Questa norma ha circoscritto in modo netto i motivi per cui l’imputato e il pubblico ministero possono presentare ricorso contro una sentenza di patteggiamento.
I motivi ammessi sono esclusivamente:
1. Vizi nella formazione della volontà dell’imputato: problemi legati al consenso prestato all’accordo.
2. Difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza: quando la decisione del giudice non corrisponde a quanto concordato tra le parti.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto: se il reato è stato classificato in modo giuridicamente sbagliato.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza: qualora la sanzione applicata sia contraria alla legge.
La Corte ha evidenziato che le doglianze del ricorrente, focalizzate sulla mancata valutazione delle cause di proscioglimento, non rientrano in nessuna di queste categorie. Pertanto, l’impugnazione è stata ritenuta inammissibile a priori.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Corte si fondano su un principio di tassatività. La riforma del 2017 ha avuto lo scopo di deflazionare il contenzioso in Cassazione, stabilizzando più rapidamente le sentenze di patteggiamento. Consentire ricorsi basati su motivi non espressamente previsti dalla norma vanificherebbe questo obiettivo. La Suprema Corte ha inoltre richiamato la propria giurisprudenza consolidata (citando l’ord. n. 28742/2020), la quale afferma che il vizio di violazione di legge per mancata verifica delle cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. non è più un motivo valido di ricorso contro le sentenze di patteggiamento. La scelta di accedere a questo rito premiale implica una parziale rinuncia a far valere determinate questioni, a fronte dei benefici ottenuti, come lo sconto di pena. Le uniche vie di impugnazione rimangono quelle, eccezionali, elencate dalla legge.
Conclusioni
La decisione in commento conferma l’orientamento rigoroso della giurisprudenza riguardo all’impugnazione delle sentenze di patteggiamento. Per gli operatori del diritto e per i cittadini, emerge un’indicazione chiara: la scelta del patteggiamento è una decisione strategica con conseguenze processuali significative, inclusa una forte limitazione del diritto di impugnazione. Qualsiasi ricorso patteggiamento deve fondarsi esclusivamente su uno dei quattro motivi tassativi previsti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., pena la sua immediata dichiarazione di inammissibilità, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento?
No, non è sempre possibile. L’impugnazione in Cassazione di una sentenza di patteggiamento è consentita solo per i motivi specifici e tassativamente elencati dall’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.
La mancata valutazione delle cause di proscioglimento è un motivo valido per il ricorso patteggiamento in Cassazione?
No. Secondo l’ordinanza, la mancata valutazione dell’esistenza di cause di proscioglimento (previste dall’art. 129 c.p.p.) non rientra tra i motivi tassativi per i quali è ammesso il ricorso per Cassazione contro una sentenza di patteggiamento.
Cosa succede se si presenta un ricorso patteggiamento per motivi non consentiti dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Come stabilito nel caso di specie, ciò comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, in questo caso fissata in 3000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18788 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18788 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/10/2023 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di REGGIO EMILIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RG. n.
Rilevato che il ricorso proposto da NOME, nei cui confronti è stata emessa sentenza di applicazione della pena per il reato di cui all’art. 73, d.P.R. 309/90, deduce la violazione di legge in relazione all’art. 129, cod. proc. pen.;
Rilevato che il ricorso avverso sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. (da trattarsi ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis cod. proc. pen.) è inammissibile, atteso che, secondo quanto previsto dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. disposizione introdotta con la legge 23 giugno 2017, n. 103 -, il pubblico ministero e l’imputato possono ricorrere per Cassazione contro la sentenza di applicazione della pena su richiesta solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato stesso, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza;
Considerato che, nel caso in esame, il ricorrente ha dedotto vizi che attingono la sentenza di applicazione della pena unicamente per la mancata valutazione dell’esistenza di cause di proscioglimento, ma non ha posto a sostegno del suo ricorso alcuna della ipotesi richiamate per le quali è attualmente consentito il ricorso per Cassazione e che conseguentemente si tratta di doglianze avverso sentenze di applicazione della pena su richiesta non consentite nel giudizio di legittimità;
Rilevato, in particolare, che per pacifica giurisprudenza di questa Corte, è inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza applicativa della pena con cui si deduca il vizio di violazione di legge per la mancata verifica dell’insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 cod., atteso che l’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla legge 23 giugno 2017 n. 103, limita l’impugnabilità della pronuncia alle sole ipotesi di violazione di legge in esso tassativamente indicate (Sez. F, ord. n. 28742 del 25/08/2020, Rv. 279761 – 01);
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della cassa delle ammende, non potendosi escludere profili di colpa nella proposizione del ricorso.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, il 1° marzo 2024
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Il Presidente