Ricorso Patteggiamento: Quando è Inammissibile? L’Analisi della Cassazione
L’istituto del patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, rappresenta una delle vie più comuni per la definizione dei procedimenti penali. Tuttavia, una volta che il giudice ha ratificato l’accordo, le possibilità di impugnazione sono molto limitate. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini invalicabili del ricorso patteggiamento, sottolineando come non tutte le doglianze dell’imputato possano essere portate all’attenzione della Suprema Corte. Questo caso offre uno spunto fondamentale per comprendere quali motivi sono considerati validi e quali, invece, conducono a una declaratoria di inammissibilità.
I Fatti del Caso: Dal Patteggiamento al Ricorso in Cassazione
Un imputato, accusato dei reati di resistenza a pubblico ufficiale e ricettazione, aveva concordato con la Procura una pena poi applicata dal Tribunale di Napoli tramite sentenza di patteggiamento, ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale. Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato decideva di presentare ricorso in Cassazione. Il motivo della sua doglianza era molto specifico: lamentava il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche come prevalenti sulle circostanze aggravanti contestate. A suo avviso, questa errata valutazione nel bilanciamento delle circostanze aveva inciso sulla determinazione finale della pena.
I Limiti al Ricorso Patteggiamento secondo la Cassazione
La Corte di Cassazione ha respinto categoricamente le argomentazioni del ricorrente, dichiarando il ricorso patteggiamento inammissibile. La decisione si fonda su una norma precisa, l’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa disposizione, introdotta con la riforma del 2017, ha lo scopo di deflazionare il carico della Suprema Corte, limitando drasticamente i motivi per cui una sentenza di patteggiamento può essere impugnata.
L’Elenco Tassativo dei Motivi di Ricorso
La norma stabilisce che il ricorso è consentito esclusivamente per i seguenti motivi:
1. Vizi della volontà: quando l’espressione della volontà dell’imputato di patteggiare è stata viziata (ad esempio, per errore o violenza).
2. Difetto di correlazione: se c’è una palese differenza tra quanto richiesto dalle parti e quanto deciso dal giudice nella sentenza.
3. Errata qualificazione giuridica: nel caso in cui il fatto sia stato inquadrato in una fattispecie di reato errata.
4. Illegalità della pena: se la pena applicata è illegale (ad esempio, perché superiore ai massimi edittali o di una specie non prevista dalla legge) o se è illegale la misura di sicurezza disposta.
Il Motivo del Ricorrente: Un’Argomentazione Non Ammessa
La Corte ha evidenziato come la lamentela del ricorrente, relativa al giudizio di bilanciamento tra le circostanze attenuanti e aggravanti, non rientri in nessuna delle categorie sopra elencate. Si tratta di una valutazione di merito, discrezionale del giudice, che non si traduce in una ‘pena illegale’ e che, pertanto, non può essere oggetto di sindacato in sede di legittimità dopo un patteggiamento.
le motivazioni
La Suprema Corte ha ribadito che la scelta di accedere al rito alternativo del patteggiamento comporta una rinuncia a far valere alcune doglianze. La logica del legislatore del 2017 è stata quella di rendere il patteggiamento un accordo più stabile e meno suscettibile di impugnazioni dilatorie. Permettere un ricorso su aspetti discrezionali come il bilanciamento delle circostanze vanificherebbe lo scopo deflattivo del rito e trasformerebbe la Cassazione in un terzo grado di giudizio sul merito, ruolo che non le compete. La pena concordata tra le parti e ratificata dal giudice diventa, quindi, quasi intangibile, salvo i casi eccezionali e tassativi previsti dall’art. 448, comma 2-bis c.p.p. La declaratoria di inammissibilità, in questi casi, è una conseguenza inevitabile, che comporta anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende, commisurata alla colpa nell’aver promosso un ricorso privo di fondamento.
le conclusioni
Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato. Per gli imputati e i loro difensori, la lezione è chiara: la decisione di patteggiare deve essere ponderata attentamente, poiché preclude quasi ogni possibilità di successiva rinegoziazione della pena davanti a un giudice superiore. Le questioni relative alla valutazione delle attenuanti o al bilanciamento delle circostanze devono essere risolte e accettate prima della richiesta di applicazione pena. Un ricorso patteggiamento basato su tali motivi non solo sarà infruttuoso, ma comporterà anche un aggravio di spese per il condannato. La via del ricorso resta aperta solo per vizi gravi e specifici, che attengono alla legalità della pena o alla formazione della volontà, e non a valutazioni di merito.
È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
No, non è sempre possibile. Il ricorso è ammesso solo per un elenco tassativo di motivi previsto dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, come vizi della volontà, difetto di correlazione, erronea qualificazione giuridica del fatto o illegalità della pena.
Contestare il bilanciamento tra attenuanti e aggravanti è un motivo valido per il ricorso patteggiamento?
No. Come chiarito dalla sentenza in esame, la contestazione del giudizio di bilanciamento delle circostanze non rientra tra i motivi consentiti dalla legge per impugnare una sentenza di patteggiamento, in quanto attiene a una valutazione di merito del giudice e non all’illegalità della pena.
Cosa succede se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso viene dichiarato inammissibile perché proposto per motivi non consentiti, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, come sanzione per aver intrapreso un’azione giudiziaria infondata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 13012 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 13012 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/03/2024
ORDINANZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME NOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA, avverso la sentenza del 30/11/2023 del Tribunale di Napoli; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Con la sentenza in epigrafe, Il Tribunale di Napoli, ha applicato al ricorrente, ex art. 444 cod. proc. pen., la pena concordata tra le parti in relazione ai reati di resistenza a pubblico ufficiale e ricettazione.
Ricorre per cassazione l’imputato dolendosi del mancato riconoscimento RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche come prevalenti sulle aggravanti.
Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivi non consentiti.
Ai sensi dell’art. 448, comma 2 -bis, cod. proc. pen., introdotto dall’art. 50 della legge n. 103 del 23 giugno 2017, precedente alla richiesta di applicazione della pena, il Pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena e della misura d sicurezza.
Ne consegue che sono inammissibili ex art. 606, comma 3, cod. proc. pen., in quanto non consentiti dalla legge, i motivi di ricorso che, come quelli in esame, attengono alla mancata concessione di attenuanti o al giudizio di bilanciamento in presenza di pene non illegali.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna d ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE. Così deliberato in Roma, udienza in camera di consiglio del 1.03.2024.
Il Consigliere estensore COGNOME Il Presid nte
NOME COGNOME COGNOME
NOME
B COGNOME
ani