Ricorso Patteggiamento: Quando la Cassazione lo Dichiara Inammissibile
Il ricorso patteggiamento rappresenta uno strumento di difesa fondamentale, ma i suoi confini sono rigorosamente delineati dalla legge. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ribadisce con fermezza i limiti all’impugnazione delle sentenze emesse a seguito di accordo tra le parti, evidenziando la differenza cruciale tra illegalità della pena e semplice carenza di motivazione. Questo provvedimento offre spunti essenziali per comprendere le condizioni di ammissibilità di tale ricorso.
Il Caso in Esame: Impugnazione di una Sentenza di Patteggiamento
La vicenda trae origine dalla decisione di un imputato di impugnare una sentenza di patteggiamento emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale. L’imputato, attraverso il suo difensore, aveva presentato ricorso alla Corte di Cassazione, lamentando un vizio specifico nella sentenza.
In particolare, il ricorso si concentrava sulla motivazione addotta dal GIP per giustificare l’aumento della pena applicato in virtù della “continuazione”, un istituto giuridico che considera più reati come un’unica violazione della legge penale quando commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso.
I Motivi del Ricorso Patteggiamento: la Carenza di Motivazione
Il punto centrale del ricorso patteggiamento era la presunta “carenza di motivazione”. Secondo la difesa, il giudice di primo grado non aveva adeguatamente spiegato le ragioni logico-giuridiche che lo avevano portato a determinare l’aumento di pena per la continuazione. Il ricorso, quindi, non contestava la legalità della pena in sé, ma il percorso argomentativo seguito dal giudice per arrivarci.
Questa distinzione è di fondamentale importanza, come la Corte di Cassazione ha poi sottolineato, perché la normativa processuale penale pone paletti molto precisi per l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento.
La Decisione della Corte: i Limiti del Ricorso Patteggiamento
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si basa su una rigida interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del Codice di Procedura Penale. Questa norma stabilisce che una sentenza di patteggiamento può essere oggetto di ricorso per cassazione solo per motivi specifici e tassativi.
Le Motivazioni della Cassazione
I giudici di legittimità hanno spiegato che la legge non consente di impugnare una sentenza di patteggiamento per una semplice carenza di motivazione. I motivi ammessi per un ricorso patteggiamento includono, tra gli altri, l’errata qualificazione giuridica del fatto o l’illegalità della pena comminata. Nel caso di specie, il ricorrente non aveva dedotto che la pena fosse illegale (ad esempio, perché superiore ai limiti di legge o di una specie non consentita), ma si era limitato a criticare la mancanza di una spiegazione dettagliata da parte del giudice.
La Corte ha quindi affermato che una tale doglianza non rientra nel novero dei motivi consentiti dall’art. 448 c.p.p. Di conseguenza, l’impugnazione è stata ritenuta inammissibile in base all’art. 606, comma 3, c.p.p., con la conseguente condanna del ricorrente, come previsto dall’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali e di una somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza conferma un principio consolidato nella giurisprudenza: l’accesso al ricorso patteggiamento è limitato per evitare che l’accordo tra le parti, accettato dall’imputato, possa essere rimesso in discussione per questioni puramente formali o argomentative. La scelta del patteggiamento implica una parziale rinuncia al diritto di impugnazione, che resta garantito solo per vizi sostanziali e gravi, come l’applicazione di una pena contra legem. Per gli operatori del diritto e per gli imputati, ciò significa che la decisione di patteggiare deve essere ponderata attentamente, con la consapevolezza che le possibilità di rimettere in discussione la sentenza sono circoscritte a violazioni normative ben precise.
È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per un vizio di motivazione?
No, in base all’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., non è possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per una semplice carenza di motivazione. Il ricorso è ammesso solo per specifici motivi, tra cui l’illegalità della pena.
Cosa accade se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito dall’art. 616 c.p.p.
Qual è la differenza tra ‘carenza di motivazione’ e ‘illegalità della pena’ ai fini del ricorso?
La ‘carenza di motivazione’ attiene al difetto nelle argomentazioni usate dal giudice per giustificare la sua decisione. L”illegalità della pena’ si verifica, invece, quando la sanzione applicata è contraria alla legge (es. supera i limiti edittali). Solo la seconda costituisce un motivo valido per impugnare una sentenza di patteggiamento.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 12689 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 12689 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato in TUNISIA il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 15/12/2023 del GIP del TRIBUNALE di BARI udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; ricorso trattato de plano.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con ricorso avverso l’indicata sentenza pronunciata ex art. 444 c.p.p. l’imputato ha dedotto vizio di motivazione “in relazione all’aumento per continuazione” (pg.1).
Il ricorso è inammissibile in quanto avanzato avverso sentenza di patteggiamento per motivi non consentiti ex art.448 co. 2 bis c.p.p. in quanto non viene dedotta l’illegali della pena ma semplicemente la carenza di motivazione.
L’impugnazione è quindi inammissibile (ex art. 606 co.3 c.p.p.) con conseguente condanna ex art. 616 c.p.p. del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, ritenuti valutati i profili di colpa emergenti, si determina equitativarnente in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Roma; 5 marzo 2024
Il Consigliere est.
COGNOME
La Presidente
NOME COGNOME
NOME COGNOME
osi