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Ricorso Patteggiamento: limiti e inammissibilità

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 12703/2024, ha dichiarato inammissibile un ricorso patteggiamento. La Corte ha ribadito che, a seguito della riforma introdotta con la L. 103/2017, non è più possibile impugnare la sentenza per la presunta mancata verifica delle cause di proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p., essendo i motivi di ricorso tassativamente limitati.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: I Limiti dell’Impugnazione Dopo la Riforma Orlando

L’istituto del patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, rappresenta uno strumento fondamentale per la deflazione del carico giudiziario. Tuttavia, le possibilità di contestare la sentenza che ne deriva sono state notevolmente ristrette. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 12703 del 2024, offre un chiaro esempio dei rigidi paletti imposti dalla legge, specialmente quando si tratta di un ricorso patteggiamento. Analizziamo nel dettaglio la decisione e le sue implicazioni.

Il caso: un ricorso contro la sentenza di patteggiamento

Un imputato, dopo aver raggiunto un accordo con la pubblica accusa sulla pena da applicare, vedeva la sua richiesta ratificata dal Tribunale di Como. Successivamente, decideva di impugnare tale sentenza presentando ricorso per cassazione. Il ricorrente lamentava, tra le altre cose, un vizio di violazione di legge, sostenendo che il giudice del merito non avesse adempiuto al suo dovere di verificare l’eventuale sussistenza di cause di proscioglimento, come previsto dall’articolo 129 del codice di procedura penale.

I limiti normativi del ricorso patteggiamento

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile con una procedura semplificata (de plano), senza nemmeno la necessità di un’udienza pubblica, evidenziando come i motivi proposti non rientrassero tra quelli consentiti dalla legge.

L’impatto della Riforma Orlando

Il punto cruciale della decisione risiede nell’applicazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto dalla legge 23 giugno 2017, n. 103 (la cosiddetta Riforma Orlando). Questa norma ha drasticamente limitato l’impugnabilità delle sentenze di patteggiamento.

I motivi tassativi per l’impugnazione

Secondo il comma 2-bis, la sentenza di patteggiamento può essere impugnata solo per motivi specifici, tra cui:
* Mancata espressione del consenso da parte dell’imputato o del suo difensore.
* Corruzione del consenso.
* Erronea qualificazione giuridica del fatto.
* Illegalità della pena applicata.

Come sottolineato dalla Cassazione, tra queste ipotesi tassative non è contemplata la mancata osservanza dell’obbligo di verifica delle cause di proscioglimento di cui all’art. 129 c.p.p.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ribadito un principio ormai consolidato nella sua giurisprudenza. L’accordo tra le parti, che sta alla base del patteggiamento, esonera l’accusa dall’onere della prova e rende la sentenza sufficientemente motivata con una semplice descrizione del fatto, la conferma della corretta qualificazione giuridica e la congruità della pena. Dopo la riforma del 2017, il legislatore ha scelto di limitare ulteriormente il controllo di legittimità sulle sentenze di patteggiamento per evitare un uso strumentale del ricorso. Pertanto, un ricorso patteggiamento che si fonda su un presunto vizio di violazione di legge per mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p. è destinato a un’inevitabile declaratoria di inammissibilità. La Corte ha inoltre specificato che l’inammissibilità si estende anche alle censure relative agli aumenti di pena per la continuazione tra reati (art. 81 c.p.).

Le conclusioni: cosa insegna questa ordinanza

Questa pronuncia conferma la volontà del legislatore e della giurisprudenza di rendere il patteggiamento un rito veramente alternativo e definitivo, la cui stabilità non può essere messa in discussione se non per vizi gravi e specificamente previsti. Per l’imputato e il suo difensore, ciò significa che la scelta di accedere a questo rito deve essere ponderata con estrema attenzione, poiché le vie d’uscita successive sono molto limitate. L’ordinanza serve da monito: i motivi di ricorso devono essere rigorosamente attinenti alle ipotesi permesse dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., pena la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento?
No. Dopo la riforma introdotta con la legge n. 103 del 2017, il ricorso contro una sentenza di patteggiamento è consentito solo per i motivi tassativamente elencati nell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.

Si può fare ricorso se il giudice del patteggiamento non ha verificato le cause di proscioglimento dell’art. 129 c.p.p.?
No. Secondo la costante giurisprudenza confermata da questa ordinanza, la mancata verifica dell’insussistenza di cause di proscioglimento non è tra i motivi per cui è ammesso il ricorso per cassazione avverso una sentenza di patteggiamento.

Quali sono le conseguenze se un ricorso viene dichiarato inammissibile?
La parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un’impugnazione non consentita.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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