Ricorso Patteggiamento: Quando è Ammesso in Cassazione?
Il ricorso contro una sentenza di patteggiamento rappresenta un’area del diritto processuale penale con confini ben definiti. L’ordinanza n. 12445 del 2024 della Corte di Cassazione offre un’importante occasione per chiarire i limiti di questo strumento di impugnazione. Comprendere quando e perché un ricorso patteggiamento può essere presentato è fondamentale per gli operatori del diritto e per chiunque sia coinvolto in un procedimento penale definito con questo rito speciale.
I Fatti del Caso: Un’Impugnazione Respinta
Il caso in esame riguarda un imputato che, dopo aver concordato una pena con il pubblico ministero (patteggiamento), ha deciso di impugnare la sentenza del GIP del Tribunale di Bari dinanzi alla Corte di Cassazione. Le sue lamentele, o doglianze, si concentravano su due aspetti principali: la presunta carenza generica di motivazione sul trattamento sanzionatorio applicato e il diniego delle circostanze attenuanti generiche previste dall’art. 62 bis del codice penale.
L’imputato, in sostanza, contestava non la validità del suo accordo, ma il modo in cui il giudice aveva motivato la quantificazione finale della pena.
Limiti al Ricorso Patteggiamento: La Disciplina dell’Art. 448 c.p.p.
La Corte Suprema, nell’analizzare il caso, ha immediatamente richiamato il quadro normativo di riferimento, in particolare l’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa disposizione, introdotta con la legge n. 103 del 2017 (nota come Riforma Orlando), ha drasticamente ristretto le possibilità di impugnare una sentenza di patteggiamento.
I Motivi Tassativi per l’Impugnazione
La legge stabilisce che sia l’imputato sia il pubblico ministero possono presentare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento solo ed esclusivamente per i seguenti motivi:
1. Vizi della volontà: Quando l’espressione del consenso dell’imputato all’accordo è viziata (ad esempio, per errore o violenza).
2. Difetto di correlazione: Se c’è una discordanza tra quanto richiesto dalle parti nell’accordo e quanto deciso dal giudice nella sentenza.
3. Erronea qualificazione giuridica: Nel caso in cui il fatto sia stato qualificato con un titolo di reato errato.
4. Illegalità della pena: Qualora la pena applicata sia illegale (perché, ad esempio, superiore ai massimi edittali o di una specie non prevista dalla legge) o sia illegale la misura di sicurezza disposta.
Le Doglianze Generiche non sono Ammesse
La norma mira a dare stabilità alle sentenze emesse a seguito di un accordo tra le parti, evitando impugnazioni basate su ripensamenti o su critiche generiche all’operato del giudice. Le lamentele sulla congruità della pena o sulla mancata concessione di attenuanti, una volta che l’accordo è stato siglato e ratificato, non rientrano nei motivi tassativi previsti dalla legge.
La Decisione della Suprema Corte sul Ricorso Patteggiamento
Sulla base di queste premesse, la decisione della Corte di Cassazione è stata netta e consequenziale. Gli Ermellini hanno rilevato che i motivi addotti dal ricorrente – la generica carenza di motivazione sulla pena e sul diniego delle attenuanti – non rientravano in nessuna delle quattro ipotesi consentite dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p.
Le motivazioni
La Corte ha spiegato che, una volta che l’imputato ha liberamente scelto di accedere al rito del patteggiamento, accetta implicitamente il trattamento sanzionatorio concordato con l’accusa. Contestare successivamente la motivazione del giudice su aspetti che sono il cuore dell’accordo stesso equivarrebbe a rimettere in discussione l’intero patto, una possibilità che il legislatore ha voluto escludere per garantire la celerità e l’efficienza del procedimento. Le doglianze del ricorrente sono state quindi giudicate come non consentite nel giudizio di legittimità avverso sentenze di applicazione della pena su richiesta.
Le conclusioni
Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Questa decisione ha comportato per il ricorrente non solo la conferma della sentenza impugnata, ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro alla Cassa delle Ammende. La pronuncia ribadisce un principio cruciale: il patteggiamento è una scelta processuale che comporta una rinuncia a far valere determinate contestazioni, e i suoi esiti possono essere messi in discussione solo entro i rigidi paletti fissati dalla legge.
È sempre possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
No, non è sempre possibile. L’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale elenca tassativamente i soli e specifici motivi per cui si può presentare ricorso, escludendo contestazioni di carattere generale.
La mancanza di motivazione sulla pena è un motivo valido per impugnare un patteggiamento?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la generica carenza di motivazione sul trattamento sanzionatorio o sul diniego di circostanze attenuanti non rientra tra i motivi ammessi dalla legge per il ricorso contro una sentenza di patteggiamento.
Cosa succede se un ricorso contro un patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, al versamento di una somma di denaro a titolo di sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle Ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12445 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12445 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ACQUAVIVA DELLE FONTI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/10/2023 del GIP TRIBUNALE di BARI
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) dato avviso alle parti;
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udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Il ricorso di NOME NOME, avverso sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 cpp (da trattarsi ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis cod. proc. peri.) è inammissibile.
Deve invero rammentarsi che, secondo quanto previsto dall’art. 448, comma 2bis, cod. proc. pen. – disposizione introdotta con la legge 23 giugno 2017, n. 103 -, il pubblico ministero e l’imputato possono ricorrere per cassazione contro la sentenza di applicazione della pena su richiesta solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato stesso, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura sicurezza.
Nel caso in esame il ricorrente ha allegato la – generica – carenza di motivazione sul trattamento sanzionatorio e sul diniego di riconoscimento RAGIONE_SOCIALE circostanze di cui all’art. 62 bis cod.pen.
In definitiva, quindi, il ricorrente non ha posto a sostegno del suo ricorso alcuna della ipotesi per le quali è attualmente consentito il ricorso per cassazione avverso sentenze di applicazione della pena su richiesta, non avendo sollevato questioni attinenti all’espressione della volontà dell’imputato stesso, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del Fatto e all’illegali della pena o della misura di sicurezza.
Si tratta di doglianze non consentite, nel giudizio di legittimità avverso sentenze di applicazione della pena su richiesta.
Rilevato che pertanto che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così deciso in Roma, il 15 marzo 2024
Il Consicittiier estensore
Il Presidente