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Ricorso patteggiamento: limiti e inammissibilità

Un imputato, condannato con rito di patteggiamento, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando un errore nel calcolo della pena. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso patteggiamento inammissibile, ribadendo che, secondo l’art. 448, co. 2-bis c.p.p., l’impugnazione è consentita solo per vizi specifici (es. volontà dell’imputato, illegalità della pena), escludendo le censure sulla quantificazione della sanzione. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese e di una sanzione.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: Quando è Inammissibile secondo la Cassazione

L’istituto dell’applicazione della pena su richiesta delle parti, comunemente noto come patteggiamento, rappresenta una scelta strategica che comporta benefici ma anche importanti rinunce. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i confini stringenti entro cui è possibile presentare un ricorso patteggiamento, chiarendo che le doglianze relative alla quantificazione della pena non rientrano tra i motivi ammessi. Analizziamo questa decisione per comprendere le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso: La Condanna e il Ricorso

Il caso ha origine da una sentenza emessa dal Giudice dell’Udienza Preliminare (GUP) del Tribunale, con la quale un imputato veniva condannato, a seguito di patteggiamento, a una pena di quattro anni e sei mesi di reclusione e ventimila euro di multa per una serie di reati, tra cui la violazione della legge sugli stupefacenti. L’imputato decideva di proporre ricorso per Cassazione avverso tale sentenza, lamentando una violazione di legge e un difetto di motivazione.

I Motivi del Ricorso Patteggiamento Contestato

Nello specifico, il ricorrente contestava i criteri utilizzati dal giudice di primo grado per determinare la pena base relativa al delitto più grave e l’aumento applicato per la continuazione con un altro reato, già oggetto di una precedente sentenza irrevocabile. Sostanzialmente, il ricorso non metteva in discussione la legalità della pena in sé, ma la sua congruità e il percorso logico-giuridico seguito per la sua quantificazione.

La Decisione della Cassazione: Inammissibilità del Ricorso Patteggiamento

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. La decisione si fonda su un’interpretazione rigorosa della normativa che disciplina l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento, così come modificata dalla cosiddetta “riforma Orlando” (legge n. 103/2017).

Le Motivazioni: I Limiti Imposti dall’Art. 448 cod. proc. pen.

La Corte ha richiamato il disposto dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma elenca tassativamente i motivi per cui l’imputato e il pubblico ministero possono presentare ricorso per Cassazione contro una sentenza di patteggiamento. Tali motivi sono limitati a:
1. Questioni relative all’espressione della volontà dell’imputato di patteggiare.
2. Difetto di correlazione tra la richiesta di patteggiamento e la sentenza emessa.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto contestato.
4. Illegalità della pena applicata o della misura di sicurezza disposta.

I giudici hanno chiarito che le critiche mosse dal ricorrente, attinenti al trattamento sanzionatorio e alla sua determinazione discrezionale, non rientrano in nessuna di queste categorie. La doglianza non verteva sull'”illegalità” della pena (ad esempio, una pena superiore al massimo edittale o di specie diversa da quella prevista), ma sulla sua entità, aspetto che, con l’accordo sul patteggiamento, viene sottratto al sindacato di legittimità. Inoltre, la Corte ha ricordato che la scelta del patteggiamento implica la rinuncia a far valere qualsiasi altra eccezione di nullità, anche assoluta.

Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche della Decisione

L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale: chi sceglie il patteggiamento accetta un accordo con lo Stato che rende la sentenza quasi inattaccabile, salvo i pochi e specifici vizi previsti dalla legge. Non è possibile, in un secondo momento, rimettere in discussione l’equità del calcolo della pena concordata. La manifesta infondatezza del ricorso ha comportato, per il ricorrente, non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 c.p.p. Questa decisione serve da monito sulla natura definitiva e vincolante dell’accordo raggiunto con il patteggiamento.

È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento contestando il calcolo della pena base o l’aumento per la continuazione?
No, la sentenza chiarisce che dopo la riforma del 2017 (art. 448, comma 2-bis, c.p.p.), non è possibile ricorrere per cassazione contro una sentenza di patteggiamento per motivi relativi alla determinazione discrezionale della pena, a meno che non si configuri un’ipotesi di ‘illegalità’ della pena stessa.

Quali sono gli unici motivi per cui si può fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
Il ricorso è ammesso solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.

Cosa succede se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 c.p.p., il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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