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Ricorso Patteggiamento: limiti e inammissibilità

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso patteggiamento, sottolineando che l’impugnazione di una sentenza di applicazione della pena su richiesta è consentita solo per i motivi tassativamente indicati dalla legge. Nel caso specifico, le doglianze del ricorrente, inclusa una questione di legittimità costituzionale, sono state ritenute manifestamente infondate e non rientranti nelle ipotesi previste, comportando la condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: La Cassazione Ribadisce i Rigidi Limiti di Impugnazione

L’ordinanza in esame offre un’importante lezione sui limiti dell’impugnazione delle sentenze emesse a seguito di applicazione della pena su richiesta, comunemente nota come patteggiamento. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso patteggiamento presentato da un imputato, confermando che tale via è percorribile solo per motivi specifici e tassativamente previsti dalla legge. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le ragioni della decisione.

I Fatti del Caso: Una Condanna per Droga e l’Appello in Cassazione

Un imputato veniva condannato dal Giudice per l’Udienza Preliminare del Tribunale di Ravenna, tramite patteggiamento ai sensi dell’art. 444 c.p.p., a una pena di tre mesi e quindici giorni di reclusione e cento euro di multa. La condanna riguardava reati in materia di stupefacenti, posti in continuazione con una precedente sentenza della Corte di Appello di Bologna.

Contro questa decisione, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, sollevando due questioni principali: una presunta violazione di legge e, soprattutto, una questione di legittimità costituzionale dell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.

La Decisione della Corte e i Limiti del Ricorso Patteggiamento

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Il cuore della decisione si basa su un principio cardine della procedura penale: il ricorso patteggiamento non è uno strumento di appello generalizzato. L’articolo 448, comma 2-bis, c.p.p. elenca in modo esplicito e restrittivo i soli motivi per cui è possibile impugnare una sentenza di applicazione della pena su richiesta.

I giudici hanno rilevato che le argomentazioni del ricorrente non rientravano in nessuna delle categorie ammesse dalla norma. Di conseguenza, il ricorso è stato considerato, fin da subito, privo dei presupposti legali per essere esaminato nel merito.

Le Motivazioni: Errore di Sede e Manifesta Infondatezza

La Corte ha smontato le argomentazioni difensive con due osservazioni cruciali.

In primo luogo, la questione di legittimità costituzionale sollevata era irrilevante. L’imputato si lamentava di una norma relativa alla riduzione di pena in caso di rinuncia all’impugnazione, un meccanismo previsto per il giudizio abbreviato e gestito dal Giudice dell’esecuzione. Tuttavia, il suo caso si era concluso con un patteggiamento, un rito completamente diverso. Era stato commesso, quindi, un errore di sede e di procedura, confondendo istituti non assimilabili.

In secondo luogo, il ricorso è stato giudicato manifestamente infondato. La sentenza impugnata non conteneva alcun riferimento alla presunta ‘rinuncia preventiva’ all’impugnazione su cui si basava gran parte del ricorso. Mancava quindi qualsiasi base fattuale e motivazionale per sostenere la doglianza.

Le Conclusioni: Conseguenze dell’Inammissibilità

La pronuncia di inammissibilità non è stata priva di conseguenze. Richiamando la giurisprudenza della Corte Costituzionale (sentenza n. 186/2000), la Cassazione ha stabilito che non vi erano elementi per ritenere che il ricorrente avesse proposto l’impugnazione senza colpa. Pertanto, in applicazione dell’art. 616 c.p.p., l’imputato è stato condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: prima di impugnare una sentenza di patteggiamento, è essenziale verificare scrupolosamente se i propri motivi di doglianza rientrino nel novero, molto ristretto, di quelli consentiti dalla legge. Tentare un’impugnazione basata su argomenti generici o non pertinenti conduce inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità e a sanzioni economiche aggiuntive.

È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento?
No. Secondo l’art. 448, comma 2-bis del codice di procedura penale, l’imputato può ricorrere per cassazione contro una sentenza di patteggiamento solo per i motivi espressamente previsti dalla norma, come ad esempio un errore nel calcolo della pena o l’applicazione di una pena illegale.

Qual è la conseguenza di un ricorso inammissibile?
La declaratoria di inammissibilità comporta, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro in favore della Cassa delle ammende, a meno che non si dimostri di aver agito senza colpa. In questo caso, la somma è stata fissata in 3.000 euro.

Perché la questione di legittimità costituzionale sollevata dal ricorrente è stata considerata irrilevante?
Perché la norma di cui si lamentava la presunta incostituzionalità riguardava un istituto (la riduzione di pena per rinuncia all’impugnazione nel giudizio abbreviato) non applicabile al caso di specie, che si era concluso con un patteggiamento. La doglianza era quindi fuori tema e proposta nella sede processuale sbagliata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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