Ricorso Patteggiamento: la Cassazione Ribadisce i Motivi Tassativi di Inammissibilità
L’istituto del patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, rappresenta uno strumento fondamentale per la deflazione del carico giudiziario. Tuttavia, la sua natura di accordo processuale comporta una significativa limitazione delle possibilità di impugnazione. Con la recente ordinanza n. 5391 del 2024, la Corte di Cassazione torna a fare chiarezza sui confini del ricorso patteggiamento, confermando l’inammissibilità delle doglianze che esulano dal perimetro normativo.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di patteggiamento emessa dal Giudice dell’Udienza Preliminare del Tribunale di Pavia. Il ricorrente, tramite il suo difensore, lamentava la mancata considerazione da parte del giudice di primo grado di eventuali cause di proscioglimento immediato, così come previsto dall’articolo 129 del codice di procedura penale. In sostanza, si contestava che il giudice avesse ratificato l’accordo tra accusa e difesa senza prima verificare la possibile innocenza palese dell’imputato.
I Limiti al Ricorso Patteggiamento: l’Art. 448 c.p.p.
Il cuore della questione risiede nell’interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto dalla cosiddetta Riforma Orlando (legge n. 103 del 2017). Questa norma ha drasticamente ristretto i motivi per cui è possibile presentare ricorso contro una sentenza di patteggiamento. L’obiettivo del legislatore era chiaro: evitare impugnazioni dilatorie e preservare la stabilità degli accordi raggiunti tra le parti.
I motivi per cui è ammesso il ricorso patteggiamento sono esclusivamente:
1. Vizi della volontà: Se il consenso dell’imputato all’accordo è stato espresso in modo non libero o consapevole.
2. Difetto di correlazione: Se vi è una discordanza tra quanto richiesto dalle parti e quanto deciso dal giudice.
3. Erronea qualificazione giuridica: Se il fatto è stato inquadrato in una fattispecie di reato errata.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza: Se la sanzione applicata è contraria alla legge.
Qualsiasi altro motivo, inclusa la lamentela per la mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p., è escluso.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte, nel dichiarare l’inammissibilità del ricorso, ha seguito un ragionamento lineare e rigoroso. In primo luogo, ha constatato che il motivo addotto dal ricorrente – la mancata valutazione delle cause di proscioglimento – non rientra in alcuno dei casi tassativamente previsti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p.
In secondo luogo, i giudici hanno evidenziato come la censura fosse palesemente infondata e contraddetta dagli atti processuali. La sentenza di primo grado, infatti, richiamava espressamente l’articolo 129 c.p.p., escludendone l’applicazione nel caso di specie. Questo dimostra che il giudice del patteggiamento aveva compiuto la valutazione richiesta, giungendo a una conclusione negativa.
Infine, la Corte ha adottato la procedura de plano, prevista dall’articolo 610, comma 5-bis, c.p.p., che consente una dichiarazione di inammissibilità senza udienza formale per i ricorsi avverso le sentenze di patteggiamento. Tale scelta procedurale rafforza l’intento legislativo di accelerare la definizione di questi procedimenti. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di quattromila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Conclusioni
La decisione in commento conferma un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato. Il ricorso patteggiamento è uno strumento eccezionale, utilizzabile solo per vizi specifici e gravi che inficiano la validità dell’accordo o la legalità della pena. Le parti che scelgono questo rito alternativo rinunciano consapevolmente a un’ampia porzione del diritto di impugnazione in cambio dei benefici premiali previsti dalla legge, come la riduzione della pena fino a un terzo. Questa pronuncia serve da monito: non è possibile utilizzare il ricorso per Cassazione come un terzo grado di giudizio nel merito per rimettere in discussione valutazioni già compiute dal giudice che ha applicato la pena concordata.
È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento?
No, la possibilità di ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento è limitata a motivi tassativamente elencati dalla legge, come stabilito dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.
Quali sono i motivi validi per un ricorso patteggiamento?
I motivi ammessi sono esclusivamente quelli attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.
La mancata valutazione di una causa di proscioglimento (art. 129 c.p.p.) è un motivo valido per impugnare il patteggiamento?
No. Secondo la costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, questa doglianza non rientra nel novero dei motivi per cui è proponibile l’impugnazione, rendendo il ricorso patteggiamento inammissibile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5391 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5391 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME (CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 01/06/2023 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di PAVIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminato il ricorso proposto a mezzo del difensore da COGNOME NOME, nel quale l’imputato si duole della mancata considerazione da parte del giudice di eventuali cause di immediato proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.
Considerato che, ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla legge n. 103 del 2017, in vigore dal 3 agosto 2017, il ricorso avverso la sentenza di patteggiamento risulta proponibile solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tr richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto, all’illegali della pena o della misura di sicurezza.
Considerato che il rilievo difensivo non rientra tra quelli per i quali è proponibile l’impugnazione e che la censura è comunque palesemente contraddetta dal contenuto della pronuncia, in cui si richiama espressamente l’art. 129 cod.proc.pen. per escludere la ricorrenza di alcuna delle ipotesi ivi previste.
Ritenuto che la decisione in ordine alla inammissibilità del ricorso deve essere adottata “de plano”, poiché l’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen. prevede espressamente, quale unico modello orocedinnentale per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso avverso la sentenza di applicazione della pena, la dichiarazione senza formalità.
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa del ricorrente (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17 gennaio 2024
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