Ricorso Patteggiamento: La Cassazione e i Limiti Imposti dalla Legge
Il ricorso contro una sentenza di patteggiamento è una strada stretta e ben definita dal legislatore. Con l’ordinanza n. 5365 del 2024, la Corte di Cassazione ribadisce con forza i confini invalicabili dell’impugnazione in questi casi. Questa decisione offre uno spunto fondamentale per comprendere perché la scelta di un ricorso patteggiamento debba essere attentamente ponderata, dato che le possibilità di rimettere in discussione la sentenza sono estremamente limitate.
Il Caso in Esame
Un imputato, a seguito di una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (il cosiddetto ‘patteggiamento’) emessa dal GIP del Tribunale di Taranto, decideva di presentare ricorso per Cassazione. La sua doglianza era specifica: a suo avviso, il giudice di primo grado aveva omesso di considerare la possibile esistenza di cause di immediato proscioglimento, come previsto dall’articolo 129 del codice di procedura penale.
Ricorso Patteggiamento e i Motivi Tassativi per l’Impugnazione
La Corte Suprema, tuttavia, ha prontamente dichiarato il ricorso inammissibile. Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto dalla legge n. 103 del 2017. Questa norma ha cristallizzato un principio fondamentale: il ricorso patteggiamento può essere proposto solo ed esclusivamente per motivi specifici, ovvero:
1. Vizi relativi all’espressione della volontà dell’imputato;
2. Difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza;
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto;
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.
Qualsiasi altro motivo, inclusa la presunta omessa valutazione delle cause di proscioglimento, esula da questo elenco tassativo e non può, quindi, fondare un’impugnazione valida.
La Procedura Semplificata “De Plano”
Un altro aspetto procedurale rilevante evidenziato dall’ordinanza è l’applicazione dell’articolo 610, comma 5-bis, c.p.p. Questa disposizione prevede che la dichiarazione di inammissibilità del ricorso avverso una sentenza di patteggiamento avvenga “de plano”, cioè senza la celebrazione di un’udienza pubblica. Si tratta di una procedura accelerata e semplificata, pensata proprio per gestire rapidamente i ricorsi palesemente infondati o, come in questo caso, non consentiti dalla legge.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione della Suprema Corte è netta e lineare. In primo luogo, il rilievo difensivo sollevato dal ricorrente non rientra nel novero dei motivi per i quali è ammesso il ricorso. La legge ha volutamente ristretto l’ambito di impugnabilità delle sentenze di patteggiamento per garantire la stabilità e la definitività di questo rito premiale.
In secondo luogo, la Corte osserva che la censura era comunque infondata nel merito, poiché la sentenza impugnata aveva, seppur succintamente, dato atto di aver verificato l’assenza delle condizioni per un proscioglimento immediato ai sensi dell’art. 129 c.p.p.
Infine, la Corte ha applicato la procedura ‘de plano’ come espressamente previsto dalla legge per questa tipologia di ricorsi, confermando la volontà del legislatore di definire celermente le impugnazioni inammissibili.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in commento è un monito importante per imputati e difensori. La scelta del patteggiamento comporta una sostanziale rinuncia a far valere in sede di impugnazione motivi diversi da quelli, eccezionali e specifici, previsti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. Questo provvedimento rafforza la natura di accordo processuale del patteggiamento, la cui stabilità non può essere minata da ripensamenti successivi basati su motivi non consentiti. Di conseguenza, chi accede a questo rito deve essere pienamente consapevole che le porte dell’appello e del ricorso sono, per la maggior parte, chiuse.
È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento?
No. L’ordinanza chiarisce che, ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., il ricorso contro una sentenza di patteggiamento è possibile solo per motivi specifici: vizi della volontà dell’imputato, difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, erronea qualificazione giuridica, illegalità della pena o della misura di sicurezza.
La mancata valutazione delle cause di proscioglimento dell’art. 129 c.p.p. è un motivo valido per ricorrere?
No, questo motivo non rientra nell’elenco tassativo previsto dalla legge. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile proprio perché basato su tale censura, che non è consentita per le sentenze di patteggiamento.
Cosa significa che il ricorso è stato deciso “de plano”?
Significa che la Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso senza tenere un’udienza formale, basandosi unicamente sugli atti scritti. L’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen. prevede questa procedura semplificata per i ricorsi avverso le sentenze di applicazione della pena.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5365 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5365 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TARANTO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/02/2023 del GIP TRIBUNALE di TARANTO
datoa7tS6- alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminato il ricorso proposto da COGNOME NOME, con cui l’imputato si duole della mancata considerazione da parte del giudice di eventuali cause di immediato proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. per.
Considerato che, ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla legge n. 103 del 2017, in vigore dal 3 agosto 2017, il ricorso avverso la sentenza di patteggiannento risulta proponibile solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tr richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto, all’illegali della pena o della misura di sicurezza.
Considerato che il rilievo difensivo non rientra tra quelli per i quali è proponibile l’impugnazione e che la censura è comunque palesemente contraddetta dal contenuto della pronuncia, in cui si richiama espressamente l’art. 129 cod.proc.pen. per escludere la ricorrenza di alcuna delle ipotesi ivi previste e si indicano, sia pure in modo succinto, le risultanze delle indagini in atti conducenti ai fini della pronuncia resa.
Ritenuto che la decisione in ordine alla inammissibilità del ricorso deve essere adottata “de plano”, poiché l’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen. prevede espressamente, quale unico modello procedimentale per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso avverso la sentenza di applicazione della pena, la dichiarazione senza formalità.
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa del ricorrente (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 17 gennaio 2024
Il Consigliere estensore
Il Pre idente