Ricorso Patteggiamento: i Limiti Imposti dalla Cassazione
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito i confini stringenti per l’impugnazione di una sentenza emessa a seguito di patteggiamento. L’analisi del caso offre spunti cruciali per comprendere quando un ricorso patteggiamento è ammissibile e quando, invece, è destinato a essere dichiarato inammissibile. La pronuncia sottolinea l’importanza di formulare motivi di ricorso specifici e rientranti nel perimetro tassativamente indicato dalla legge.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da una sentenza del Giudice per l’Udienza Preliminare (GIP) del Tribunale di Mantova. In quella sede, l’imputato e il Pubblico Ministero avevano raggiunto un accordo ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale (c.d. patteggiamento). Il giudice, accogliendo la richiesta concorde delle parti, aveva applicato la pena di un anno e nove mesi di reclusione, oltre a 534,00 euro di multa, per una serie di reati contestati.
Avverso tale sentenza, l’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, con un unico motivo, l’illegalità della pena inflitta in relazione agli articoli 133 e 133-bis del codice penale.
Il Ricorso Patteggiamento e la Violazione di Legge
Il difensore ha fondato il ricorso su una presunta violazione di legge, sostenendo che la pena patteggiata fosse illegale. Tuttavia, il motivo di ricorso è stato articolato in maniera generica, senza specificare in che modo e secondo quali parametri la pena concordata e applicata dal giudice violasse le disposizioni normative invocate. In sostanza, si contestava la pena senza fornire un’effettiva e concreta allegazione di illegalità.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per due ragioni fondamentali: la proposizione di un motivo non consentito e la sua genericità e aspecificità.
L’ambito del ricorso patteggiamento secondo l’art. 448 c.p.p.
I giudici di legittimità hanno richiamato il disposto dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma circoscrive in modo tassativo i motivi per cui è possibile presentare ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento. Tali motivi sono:
1.  Difetti relativi all’espressione della volontà dell’imputato.
2.  Mancata correlazione tra la richiesta delle parti e la sentenza del giudice.
3.  Erronea qualificazione giuridica del fatto.
4.  Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.
La Corte ha osservato che il ricorso presentato, pur richiamando formalmente l’illegalità della pena, lo faceva in modo del tutto generico e astratto. Non veniva spiegato perché la pena concordata fosse illegale, ma si contestava implicitamente la sua congruità, una valutazione di merito preclusa sia in sede di patteggiamento che nel successivo giudizio di cassazione.
Il ricorrente non ha allegato alcuna effettiva illegalità (come, ad esempio, l’applicazione di una pena superiore al massimo edittale o inferiore al minimo), ma si è limitato a una contestazione generica. Di conseguenza, il motivo è stato ritenuto al di fuori del perimetro consentito dalla legge, configurandosi come un tentativo di rimettere in discussione l’accordo già raggiunto tra le parti e ratificato dal giudice.
Conclusioni
La decisione in commento conferma un principio consolidato: l’istituto del patteggiamento si fonda su un accordo processuale che limita fortemente le successive possibilità di impugnazione. Il ricorso patteggiamento non può essere utilizzato per contestare nel merito la quantificazione della pena concordata, a meno che non si configuri una vera e propria illegalità, che deve essere specificamente dedotta e dimostrata. La genericità e l’aspecificità dei motivi conducono inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
 
È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento?
No, l’impugnazione di una sentenza di patteggiamento è limitata. È possibile ricorrere in Cassazione solo per i motivi tassativamente elencati dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.
Quali sono i motivi validi per un ricorso patteggiamento in Cassazione?
I motivi consentiti sono: problemi legati alla volontà dell’imputato (es. consenso viziato), mancata corrispondenza tra la richiesta e la sentenza, errata qualificazione giuridica del fatto, e illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.
Cosa succede se un ricorso viene dichiarato inammissibile per genericità?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile, come nel caso di specie, non viene esaminato nel merito. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 4920 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2   Num. 4920  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/07/2023 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di MANTOVA udita  la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Il Gip presso il Tribunale di Mantova applicava, sull’accordo delle parti ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., la pena di anni uno e mesi nove di reclusione ed euro 534,00 di multa al COGNOME per i reati ascritti ai capi a) e) ed f) dell’imputazione.
COGNOME ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del proprio difensore che ha dedotto con unico motivo violazione di legge per illegalità della penain relazione agli art. 133 e 133-bis cod. pen..
Il ricorso è inammissibile perché proposto con motivo non consentito, oltre che generico e del tutto aspecifico. Come osservato da questa Corte è sempre possibile ricorrere per cassazione deducendo, sulla base del menzionato art. 448, comma 2-bis, solo per motivi attinenti alla volontà del’innputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea
qualificazione giuridica del fatto e, infine, alla illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Ciò posto, è evidente che l’odierno ricorrente proponga – con il motivo del tutto generico per come articolato, formalmente inteso a contestare la pena richiesta, definendola illegale in modo del tutto aspecifico, in assenza di qualsiasi effettiva allegazione, senza precisare secondo quale parametro – un motivo non consentito in assenza di qualsiasi illegalità della pena inflitta sull’accordo delle parti.
Il motivo valica così il perimetro entro cui il citato art. 448, comma 2bis, cod. proc. pen. circoscrive lo scrutinio esercitabile da questa Corte, non ricorrendo, né essendo stata effettivamente allegata una pena illegale. Ux
 Il ricorrente deve conseguentemente essere condannato al pagamento delle spese processuali, oltre al pagamento ammenda di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 17 novembre 2023.