Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 32837 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 32837 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME, nato in Egitto il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/07/2025 del G.i.p. del Tribunale di Milano visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 03/07/2025, il G.i.p. del Tribunale di Milano applicava, su richiesta del difensore e con il consenso del pubblico ministero, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., a NOME la pena di quattro anni di reclusione ed € 1.800,00 di multa per i reati, unificati dal vincolo della continuazione, di rapina pluriaggravata in concorso ai danni di NOME di cui al capo a) dell’imputazione e di rapina pluriaggravata in concorso ai danni di NOME COGNOME e NOME COGNOME di cui al capo b) dell’imputazione.
Avverso l’indicata sentenza 03/07/2025 del G.i.p. del Tribunale di Milano, ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite del proprio difensore AVV_NOTAIO, NOME, affidato a un unico motivo, con il quale lamenta, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione.
Dopo avere richiamato una risalente pronuncia della Corte di cassazione sul tema della motivazione della sentenza di applicazione della pena su richiesta, il ricorrente deduce che il G.i.p. del Tribunale di Milano non avrebbe adeguatamente
assolto il proprio obbligo motivazionale in quanto non avrebbe «dato conto del proprio convincimento con argomentazioni adeguate ed esaurienti». Dopo avere esposto che «N’argomentazione giurisdizionale deve poggiare su contenuti minimi basati su di un coerente e ragionato esame delle risultanze processuali che non lasci nessuno spazio a qualsivoglia criterio improntato a mera sonnmarietà», il COGNOME afferma che l’intervenuto “patteggiamento” «non avrebbe dovuto esimere il Giudice dall’obbligo di esprimere motivatamente, al di là delle formule di stile, le proprie valutazioni in ordine ai contenuti della richiesta, così come indicati nell’art 444, comma II C.P.P.».
3. In base al nuovo comma 2-bis dell’art. 448 cod. proc. pen., inserito dall’art. 1, comma 50, della legge 23 giugno 2017, n. 103, il pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegali della pena o della misura di sicurezza.
Ciò rammentato, si deve rilevare che l’unico motivo di ricorso, con il quale è dedotto, in modo del tutto generico e in assenza di qualsiasi effettivo confronto con il contenuto della sentenza impugnata, il vizio di mancanza e di manifesta illogicità della motivazione, non rientra tra i suddetti casi per i quali è ammesso il ricorso per cassazione avverso la sentenza di “patteggiamento”.
Trattandosi di impugnazione proposta contro la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti dopo l’entrata in vigore della menzionata novella di cui alla legge n. 103 del 2017, il cui art. 1, comma 62, ha aggiunto all’art. 610 cod. proc. pen. il comma 5-bis, il ricorso deve essere trattato nelle forme de plano, ai sensi del secondo periodo di quest’ultimo comma.
Per la ragione sopra indicata, il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali, nonché, essendo ravvisabili profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento della somma di C 3.000,00 in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa de ammende.
Così deciso il 26/09/2025.