Ricorso Patteggiamento: Quando è Inammissibile l’Appello in Cassazione?
L’istituto del patteggiamento rappresenta una delle vie più percorse nel processo penale per definire la posizione dell’imputato in modo rapido. Tuttavia, una volta che la sentenza è stata emessa, quali sono le possibilità di contestarla? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui limiti stringenti del ricorso patteggiamento, chiarendo quali motivi possono essere validamente presentati e quali, invece, conducono a una declaratoria di inammissibilità.
I Fatti del Caso
Due imputati avevano concordato con la pubblica accusa una pena (patteggiamento) per i reati loro ascritti, ratificata dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale. Nello specifico, al primo imputato veniva applicata una pena di tre anni, undici mesi e dieci giorni di reclusione, oltre a una multa di 2.767 euro, mentre al secondo una pena di tre anni, nove mesi e dieci giorni di reclusione e una multa di 2.667 euro. Nonostante l’accordo, gli imputati, tramite il loro difensore, decidevano di presentare ricorso per cassazione avverso tale sentenza.
Il Motivo del Ricorso Patteggiamento Contestato
Il fulcro del ricorso verteva su un unico motivo: la presunta violazione dell’articolo 606, comma 1, lettera c), del codice di procedura penale. Secondo la difesa, la sentenza era viziata da una motivazione carente riguardo all’insussistenza delle cause di proscioglimento previste dall’articolo 129 dello stesso codice. In altre parole, gli imputati lamentavano che il giudice non avesse adeguatamente spiegato perché non sussistessero le condizioni per una loro assoluzione immediata, nonostante la richiesta di patteggiamento.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili, basando la sua decisione sull’interpretazione rigorosa dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto dalla legge n. 103 del 2017. Questa norma elenca in modo tassativo i motivi per cui è possibile presentare un ricorso patteggiamento.
I motivi ammessi sono esclusivamente:
1. Problemi relativi all’espressione della volontà dell’imputato (ad esempio, un consenso viziato).
2. Difetto di correlazione tra la richiesta di patteggiamento e la sentenza emessa.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto contestato.
4. Illegalità della pena applicata o della misura di sicurezza disposta.
La Corte ha sottolineato che la censura sollevata dai ricorrenti – ovvero la mancata verifica delle cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. – non rientra in nessuna di queste categorie. Pertanto, il ricorso è stato considerato inammissibile perché articolato su una censura non consentita dalla legge in questa specifica sede. A supporto della propria tesi, la Corte ha richiamato precedenti giurisprudenziali conformi che consolidano questo orientamento.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame conferma un principio fondamentale: la scelta del patteggiamento comporta una significativa limitazione del diritto di impugnazione. La legge circoscrive la possibilità di ricorrere in Cassazione a vizi specifici e gravi, escludendo una rivalutazione generale della decisione del giudice di primo grado. La critica sulla motivazione relativa all’assenza di cause di assoluzione non costituisce un valido motivo di ricorso. Di conseguenza, all’inammissibilità è seguita la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro ciascuno a favore della Cassa delle ammende, a causa della colpa ravvisata nell’aver promosso un ricorso privo di fondamento legale.
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per mancata motivazione sulla non applicabilità dell’art. 129 c.p.p.?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che questo motivo non rientra tra quelli tassativamente indicati dall’art. 448, comma 2-bis del codice di procedura penale, che limita le ragioni per cui si può fare ricorso contro una sentenza di patteggiamento.
Quali sono i motivi per cui si può presentare un ricorso patteggiamento in Cassazione?
Secondo l’art. 448, comma 2-bis c.p.p., il ricorso è consentito solo per motivi riguardanti l’espressione della volontà dell’imputato, il difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, l’erronea qualificazione giuridica del fatto, e l’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Cosa succede se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 c.p.p., il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, se si ravvisa una colpa nella causa di inammissibilità, anche al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso con una sanzione di 3.000 euro per ciascun ricorrente.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 2621 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 2621 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/01/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
DUMITRACHE NOME nato il DATA_NASCITA i C”COGNOME NOME nato a SENIGALLIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/07/2023 del GIUDICE dell’UDIENZA PRELIMINARE del TRIBUNALE di ANCONA udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; ricorso trattato con procedura de plano.
RITENUTO IN FATTO
Il Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Ancona con sentenza del 18/7/2023 – su concorde richiesta delle parti – applicava a NOME COGNOME la pena di anni tre mesi undici giorni dieci di reclusione ed euro 2.767/00 di multa ed a NOME COGNOME la pena di anni tre mesi nove giorni dieci di reclusione ed euro 2.667/00 di multa per i reati loro rispettivamente ascritti.
Gli imputati, a mezzo del difensore, hanno interposto ricorso per cassazione, affidandolo ad un unico motivo, con cui deducono la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. C), cod. proc. pen., ritenendo carente la motivazione in ordine alla insussistenza di cause di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili.
1.1 Ed invero, entrambi sono articolati su censura non consentita in questa sede alla luce di quanto espressamente disposto dall’art. 448, comma 2 bis, cod. proc. pen., a mente del quale il pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza di applicazione della pena solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto ed all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
In particolare, è inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza applicativa della pena con cui si deduca il vizio di violazione di legge per la mancata verifica dell’insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen., atteso che l’art. 448, comma 2 -bis, cod. proc. pen., introdotto dalla legge 23 giugno 2017 n. 103, limita l’impugnabilità della pronuncia alle sole ipotesi di violazione di legge in esso tassativamente indicate, tra cui non rientrano quella denunciata con il presente ricorso (Sezione Feriale, n. 28742 del 25/8/2020, Messnaoui, Rv. 279761 – 01; Sezione 6, n. 1032 del 7/11/2019, Pierri, Rv. 278337 – 01).
All’inammissibilità dei ricorsi segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila ciascuno, così equitativamente fissata.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il giorno 15 gennaio 2024.