Ricorso Patteggiamento: Quando è Inammissibile Secondo la Cassazione
Il ricorso patteggiamento rappresenta una delle questioni più delicate della procedura penale, specialmente dopo le modifiche introdotte dalla Riforma Orlando. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 2541/2024) torna sul tema, delineando con fermezza i confini entro cui è possibile impugnare una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti. La decisione sottolinea come non tutte le doglianze siano ammesse, con conseguenze significative per chi tenta di rimettere in discussione l’accordo.
I Fatti del Caso: Un Appello Respinto in Partenza
Il caso trae origine dal ricorso presentato dalla difesa di un imputato avverso una sentenza di patteggiamento emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Bologna. Il motivo principale del ricorso era la presunta mancata valutazione, da parte del giudice di merito, della sussistenza di eventuali cause di proscioglimento, come previsto dall’articolo 129 del codice di procedura penale. In sostanza, la difesa sosteneva che il giudice, prima di ratificare l’accordo sulla pena, avrebbe dovuto verificare con maggiore attenzione la possibile innocenza dell’imputato.
La Decisione della Corte e il Ricorso Patteggiamento
La Corte di Cassazione, con una procedura snella e senza udienza pubblica (“de plano”), ha dichiarato il ricorso “palesemente inammissibile”. Questa decisione non entra nel merito della questione sollevata, ma si ferma a un livello precedente, quello della sua ammissibilità formale. La Corte ha stabilito che il motivo di ricorso addotto dal difensore non rientra nel novero di quelli consentiti dalla legge per impugnare una sentenza di patteggiamento.
Di conseguenza, l’imputato è stato condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di quattromila euro in favore della Cassa delle Ammende, una sanzione prevista proprio per i ricorsi inammissibili.
Le Motivazioni: L’Impatto dell’Art. 448, comma 2-bis, c.p.p.
Il fulcro della decisione risiede nell’interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto dalla Legge n. 103 del 23 giugno 2017 (nota come Riforma Orlando). Questa norma ha drasticamente limitato la possibilità di presentare un ricorso patteggiamento in Cassazione.
La legge elenca in modo tassativo i motivi per cui è possibile impugnare:
1. Errata espressione della volontà dell’imputato.
2. Difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto.
4. Illegalità della pena applicata.
La Cassazione ha evidenziato come la doglianza relativa alla mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p. non sia inclusa in questo elenco. Pertanto, un ricorso basato su tale presupposto è, per definizione, inammissibile. La Corte ha rafforzato il proprio ragionamento citando precedenti giurisprudenziali conformi, che hanno già consolidato questo orientamento. La volontà del legislatore del 2017 era chiara: dare maggiore stabilità agli accordi di patteggiamento, evitando ricorsi pretestuosi o dilatori basati su motivi generici.
Conclusioni: Le Conseguenze Pratiche della Decisione
L’ordinanza in esame conferma un principio ormai consolidato: l’accesso al giudizio di Cassazione avverso una sentenza di patteggiamento è un percorso a ostacoli, limitato a violazioni di legge specifiche e ben definite. La decisione ha importanti implicazioni pratiche:
* Consapevolezza dell’accordo: Chi sceglie la via del patteggiamento deve essere pienamente consapevole che la possibilità di impugnare la sentenza è estremamente ridotta. La scelta del rito alternativo assume un carattere di quasi-definitività.
* Onere della Difesa: I difensori devono informare chiaramente i propri assistiti dei limiti strettissimi del ricorso patteggiamento, concentrando eventuali motivi di impugnazione esclusivamente sulle violazioni elencate dall’art. 448, comma 2-bis.
* Rischio economico: La presentazione di un ricorso inammissibile comporta non solo la conferma della condanna, ma anche un’ulteriore sanzione economica a carico del ricorrente. Questo funge da deterrente contro impugnazioni infondate.
È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
No. L’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto nel 2017, limita la possibilità di ricorso a specifici e tassativi motivi di violazione di legge, escludendo altre doglianze di carattere più generale.
La mancata valutazione delle cause di proscioglimento (art. 129 c.p.p.) è un motivo valido per impugnare un patteggiamento?
No. Secondo la costante giurisprudenza della Cassazione, a seguito della riforma del 2017, questo motivo non rientra più tra quelli per cui è ammesso il ricorso contro una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti.
Cosa succede se un ricorso contro un patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 2541 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 5 Num. 2541 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a COPPARO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/07/2023 del GIP TRIBUNALE di BOLOGNA sentita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATI -0 E CONSIDERATO IN DIRITTO
L’imputato, a mezzo del difensore, ricorre avverso la sentenza di applicazione della pena pronunciata nei suoi confronti, su concorde richiesta RAGIONE_SOCIALE parti, il 19 luglio 2023 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bologna.
Deduce la mancata valutazione di cause di proscioglimento, ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.
Il ricorso è palesemente inammissibile, circostanza rilevabile con procedura “de plano”.
E’ infatti inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza applicativa della pena con cui si deduca il vizio di violazione di legge per la mancata verifica dell’insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen., atteso che l’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla legge 23 giugno 2017 n. 103, limita l’impugnabilità della pronuncia alle sole ipotesi di violazione di legge in esso tassativamente indicate (tra le altre, Sez. F., n. 28742 del 25/08/2020, Massnaoui Amine, Rv. 279761; Sez. 2, n. 4727 del 11/01/2018, Oboroceanu, Rv. 272014).
Dall’inammissibilità del ricorso discende, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso il 30/11/2023