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Ricorso patteggiamento: limiti e inammissibilità

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro una sentenza di patteggiamento. La decisione sottolinea che il ricorso patteggiamento è consentito solo per motivi tassativamente previsti dalla legge, escludendo censure generiche sulla motivazione della pena o sulla mancata assoluzione. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese e di una sanzione.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: Quando è Inammissibile? L’Analisi della Cassazione

Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, è un istituto fondamentale del nostro processo penale che permette di definire il procedimento in modo più rapido. Tuttavia, la scelta di questo rito processuale comporta importanti conseguenze, soprattutto per quanto riguarda le possibilità di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 1491/2024) ha ribadito i rigidi limiti del ricorso patteggiamento, dichiarandolo inammissibile quando basato su motivi non espressamente previsti dalla legge.

I Fatti del Caso

Un cittadino straniero, dopo aver concordato una pena con la Procura ed aver ottenuto la relativa sentenza di patteggiamento dal Tribunale di Genova, decideva di impugnare tale decisione dinanzi alla Corte di Cassazione. Il ricorrente lamentava, con un unico motivo, la carenza di motivazione della sentenza su due punti specifici: la mancata declaratoria di cause di proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.) e la determinazione della pena applicata.

I Limiti al Ricorso Patteggiamento secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, utilizzando una procedura semplificata e ‘senza formalità’. La decisione si fonda su un principio cardine della materia: l’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, infatti, deroga alla disciplina generale delle impugnazioni e delimita in modo tassativo i casi in cui è possibile presentare un ricorso patteggiamento.

I giudici hanno chiarito che il controllo di legalità della Cassazione su una sentenza di patteggiamento è ammesso solo per specifiche violazioni di legge, quali:

* Problemi relativi all’espressione della volontà dell’imputato di patteggiare.
* Il difetto di correlazione tra la richiesta delle parti e la sentenza emessa dal giudice.
* L’erronea qualificazione giuridica del fatto contestato.
* L’illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.

Le censure mosse dal ricorrente, relative a un presunto difetto di motivazione, non rientrano in nessuna di queste categorie.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha osservato che le doglianze del ricorrente, oltre ad essere generiche, esulavano completamente dall’ambito delle impugnazioni consentite avverso le sentenze emesse ai sensi dell’art. 444 c.p.p. La legge limita volontariamente l’appello a queste sentenze per garantire la stabilità e la definitività di un accordo processuale liberamente raggiunto tra accusa e difesa.

Permettere un ricorso basato su una presunta carenza di motivazione significherebbe, di fatto, riaprire una valutazione di merito che il patteggiamento stesso mira a evitare. La motivazione della sentenza di patteggiamento è intrinsecamente legata all’accordo tra le parti, e non può essere contestata con gli stessi strumenti previsti per le sentenze emesse a seguito di un dibattimento completo.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale per chiunque si approcci al rito del patteggiamento: la scelta di questo percorso processuale implica una rinuncia significativa al diritto di impugnazione. L’imputato e il suo difensore devono essere consapevoli che, una volta emessa la sentenza, sarà possibile contestarla in Cassazione solo per vizi procedurali gravi e specificamente indicati dalla legge.

La decisione di dichiarare il ricorso inammissibile non è stata solo una formalità: il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Ciò serve da monito: un’impugnazione infondata non solo non produce risultati, ma comporta anche conseguenze economiche negative. Pertanto, la valutazione sull’opportunità di un ricorso patteggiamento deve essere estremamente ponderata e basata esclusivamente sui motivi consentiti dalla legge.

È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per qualsiasi motivo?
No. L’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, limita tassativamente i motivi di ricorso per cassazione avverso una sentenza di patteggiamento a specifiche violazioni di legge, come problemi nel consenso dell’imputato, erronea qualificazione giuridica del fatto o illegalità della pena.

La carenza di motivazione sulla pena è un motivo valido per ricorrere in Cassazione contro un patteggiamento?
No, secondo questa ordinanza, la censura relativa alla carenza di motivazione sulla determinazione della pena o sulla mancata dichiarazione di cause di proscioglimento non rientra tra i motivi di ricorso consentiti dalla legge per le sentenze di patteggiamento.

Cosa succede se si propone un ricorso per patteggiamento per motivi non consentiti?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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