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Ricorso patteggiamento: limiti e inammissibilità

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 33042/2025, ha dichiarato inammissibile un ricorso patteggiamento fondato su un presunto vizio di motivazione. La Corte ha ribadito che l’impugnazione di una sentenza di patteggiamento è consentita solo per i motivi tassativamente elencati dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., tra cui non rientra il difetto di motivazione. Di conseguenza, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: Quando è Inammissibile? L’Analisi della Cassazione

Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, è uno strumento fondamentale nel nostro sistema processuale penale. Tuttavia, una volta raggiunta una sentenza di patteggiamento, le vie per impugnarla sono estremamente limitate. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione chiarisce i confini del ricorso patteggiamento, sottolineando come le nuove disposizioni legislative abbiano ristretto notevolmente le possibilità di appello. Analizziamo questa importante decisione per capire quali sono i paletti imposti dalla legge.

I Fatti del Caso: L’Impugnazione di una Sentenza di Patteggiamento

Due imputati, dopo aver ottenuto una sentenza di patteggiamento dal Tribunale di Trani, decidevano di presentare ricorso per Cassazione. Le loro doglianze si concentravano su due punti principali: un presunto vizio di motivazione da parte del giudice di primo grado, che avrebbe omesso di valutare la possibile sussistenza di cause di proscioglimento, e contestazioni sulla quantificazione della pena. I difensori sostenevano che la decisione del Tribunale fosse carente nella sua giustificazione logico-giuridica.

La Decisione della Corte di Cassazione e il ricorso patteggiamento

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili senza neppure procedere a un’udienza formale. La Corte ha applicato con rigore la disciplina introdotta dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, in deroga alle regole generali sulle impugnazioni, delimita in modo tassativo i motivi per cui è possibile presentare un ricorso contro una sentenza di patteggiamento. I motivi addotti dai ricorrenti non rientravano in questo elenco ristretto, rendendo l’impugnazione proceduralmente impossibile.

Le Motivazioni: I Limiti Tassativi dell’Art. 448, comma 2-bis, c.p.p.

Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione restrittiva della legge. La Corte spiega che il legislatore ha voluto limitare il controllo di legalità sulle sentenze di patteggiamento a specifiche e gravi violazioni. I motivi ammessi per un ricorso patteggiamento sono esclusivamente:

1. Mancata espressione della volontà dell’imputato: Se l’accordo non è stato frutto di una libera scelta.
2. Difetto di correlazione tra richiesta e sentenza: Se il giudice ha pronunciato una decisione diversa da quella concordata tra le parti.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto: Se il reato è stato classificato in modo palesemente sbagliato.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza: Se la sanzione applicata è contraria alla legge.

La Corte sottolinea che tutte queste ipotesi riguardano violazioni di legge e non vizi della motivazione. Contestare la carenza o l’illogicità della motivazione con cui il giudice ha ratificato il patteggiamento, come nel caso di specie, è un motivo non più consentito. La valutazione sull’opportunità di un proscioglimento ex art. 129 c.p.p. è considerata assorbita dall’accordo tra le parti, salvo casi di palese evidenza che qui non sono stati ravvisati.

Conclusioni: Le Conseguenze Pratiche della Decisione

Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale consolidato e lancia un chiaro messaggio a imputati e difensori. L’impugnazione di una sentenza di patteggiamento deve essere ponderata con estrema attenzione, verificando che i motivi rientrino nel perimetro, ormai molto stretto, tracciato dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. Tentare un ricorso basato su ragioni diverse, come il vizio di motivazione, conduce inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità. Tale esito comporta non solo la conferma della sentenza, ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma, nel caso specifico di 3.000 euro, a favore della cassa delle ammende. Una conseguenza economica non trascurabile che funge da ulteriore deterrente contro impugnazioni dilatorie o infondate.

È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento?
No, la possibilità di ricorso è limitata ai soli casi tassativamente previsti dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, che riguardano specifiche violazioni di legge e non la valutazione del giudice.

Il vizio di motivazione è un motivo valido per il ricorso patteggiamento?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il vizio di motivazione, ovvero la critica all’argomentazione del giudice, non rientra tra i motivi ammessi dalla legge per impugnare una sentenza di patteggiamento.

Cosa succede se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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