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Ricorso patteggiamento: limiti e inammissibilità

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso patteggiamento, sottolineando i limiti tassativi per l’impugnazione previsti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. Il caso riguardava una presunta violazione dell’accordo sulla pena per la continuazione. La Corte ha stabilito che i dettagli del calcolo della pena appartengono alla motivazione, non al dispositivo, e che eventuali rettifiche legate a sentenze precedenti devono essere affrontate in sede esecutiva.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: Quando la Cassazione dice No

Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, è una procedura che consente di definire il processo penale in modo rapido. Tuttavia, le possibilità di contestare la sentenza che ne deriva sono molto limitate. Una recente pronuncia della Corte di Cassazione, la n. 32940/2025, offre un chiaro esempio dei confini entro cui è possibile muoversi, chiarendo quando un ricorso patteggiamento viene dichiarato inammissibile.

I Fatti del Caso: Un Accordo Contestato

Un imputato aveva concordato con il Pubblico Ministero una pena, che includeva un aumento specifico per la continuazione con una precedente condanna: venti giorni di reclusione e 200 euro di multa. Dopo la sentenza del Tribunale di Firenze, l’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando che il giudice avesse violato l’accordo raggiunto.

Le doglianze erano principalmente due:
1. Il dispositivo della sentenza indicava la pena finale complessiva, senza specificare che tale pena assorbiva quella del precedente giudicato, creando confusione.
2. Il calcolo non teneva conto che la pena della precedente condanna, essendo stata emessa con rito abbreviato, era suscettibile di una riduzione che, di fatto, era già intervenuta. Ciò, secondo il ricorrente, avrebbe dovuto portare a una pena complessiva inferiore.

I Motivi del Ricorso Patteggiamento e la Difesa

Il ricorrente ha basato il suo ricorso patteggiamento sulla presunta violazione dell’accordo tra le parti, un errore che, a suo dire, avrebbe inficiato la sentenza. Sosteneva che la pena finale fosse superiore a quella pattuita a causa di un calcolo errato da parte del giudice, chiedendo una rettifica dell’errore materiale.

La Decisione della Cassazione: i Limiti Tassativi dell’Impugnazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno richiamato il principio sancito dall’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che la sentenza di patteggiamento può essere impugnata solo per motivi molto specifici, quali:

* Mancata espressione della volontà dell’imputato;
* Difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza;
* Erronea qualificazione giuridica del fatto;
* Illegalità della pena o della misura di sicurezza.

Nel caso di specie, nessuno di questi motivi era ravvisabile.

le motivazioni

La Corte ha spiegato che non vi è stata alcuna violazione dell’accordo. È corretto e prassi consolidata che la motivazione della sentenza dia conto dei singoli aumenti e delle componenti della pena (come l’aumento per la continuazione), mentre il dispositivo deve indicare unicamente la pena complessiva e finale irrogata. Pertanto, non vi era alcun errore materiale da correggere.

Inoltre, e questo è il punto cruciale, la questione relativa alla riduzione della pena derivante dalla precedente sentenza non poteva essere affrontata in sede di impugnazione della sentenza di patteggiamento. Si tratta di una problematica che riguarda l’esecuzione della pena. La sede corretta per far valere tali deduzioni è quella esecutiva, davanti al Giudice dell’Esecuzione, che ha il compito di risolvere le questioni relative al ‘cumulo’ delle pene e alla loro concreta applicazione.

le conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: il ricorso patteggiamento non è uno strumento per rimettere in discussione il calcolo aritmetico della pena o per risolvere questioni che attengono alla sua esecuzione. L’ambito di applicazione dell’impugnazione è strettamente circoscritto dalla legge per garantire la stabilità delle sentenze emesse con questo rito speciale. Chi intende sollevare questioni relative alla determinazione finale del quantum di pena da scontare, specialmente quando sono coinvolte più sentenze, deve adire la competente sede esecutiva, l’unica deputata a dirimere tali controversie.

È possibile fare ricorso contro una sentenza di patteggiamento per qualsiasi motivo?
No. L’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. limita il ricorso a motivi specifici: vizio della volontà dell’imputato, difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, erronea qualificazione giuridica del fatto e illegalità della pena o della misura di sicurezza.

Dove deve essere specificato il calcolo dettagliato della pena, come l’aumento per la continuazione?
Secondo la Corte di Cassazione, il dettaglio dei calcoli della pena, inclusi gli aumenti per la continuazione, deve essere esposto nella parte della motivazione della sentenza, mentre il dispositivo deve indicare solo la pena complessiva irrogata.

Cosa si può fare se la pena finale applicata non sembra tenere conto di una riduzione derivante da una precedente sentenza?
La Corte ha chiarito che questioni di questo tipo, non attenendo alla legalità della pena pattuita ma alla sua esecuzione, devono essere sollevate e risolte nella competente sede esecutiva, non tramite un ricorso contro la sentenza di patteggiamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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