Ricorso Patteggiamento: La Cassazione Conferma i Limiti all’Impugnazione
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale in materia di ricorso patteggiamento, delineando con chiarezza i confini invalicabili dell’impugnazione contro le sentenze di applicazione della pena su richiesta. La decisione sottolinea come non tutti i motivi di doglianza possano aprire le porte del giudizio di legittimità, specialmente quando si è scelta la via del rito alternativo.
Il Caso: Un Appello Contro la Sentenza di Patteggiamento
Due soggetti, condannati con sentenza di patteggiamento dal Tribunale di Taranto, decidevano di presentare ricorso per cassazione. Il fulcro della loro impugnazione si basava sulla presunta violazione di legge da parte del giudice di merito, il quale, a loro dire, non avrebbe adeguatamente verificato la sussistenza di eventuali cause di proscioglimento immediato, come previsto dall’articolo 129 del codice di procedura penale. In sostanza, i ricorrenti lamentavano che, prima di ratificare l’accordo sulla pena, il giudice avrebbe dovuto accertare l’assenza di palesi motivi per un’assoluzione.
La Decisione della Corte: Il ricorso patteggiamento è inammissibile
La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili senza neanche procedere a un’udienza formale, utilizzando la procedura de plano. La Corte ha stabilito che i motivi addotti dai ricorrenti non rientravano nel novero di quelli consentiti dalla legge per impugnare una sentenza di patteggiamento. Di conseguenza, oltre a rigettare le loro istanze, ha condannato entrambi i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro ciascuno a favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: L’Interpretazione Rigorosa dell’Art. 448 c.p.p.
Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma limita drasticamente la possibilità di presentare ricorso per cassazione avverso una sentenza di patteggiamento. La Cassazione ha chiarito che l’impugnazione è permessa solo per un elenco tassativo e specifico di violazioni di legge, e la mancata verifica delle cause di proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p. non è inclusa in questo elenco.
La Corte ha ribadito un orientamento giurisprudenziale consolidato, citando un proprio precedente (Sentenza n. 1032 del 2019), secondo cui il controllo sulla sussistenza delle condizioni per un proscioglimento immediato è un’attività che precede e fonda la decisione del giudice sul patteggiamento, ma un suo eventuale, presunto difetto non costituisce un vizio deducibile in sede di legittimità. Scegliendo il patteggiamento, l’imputato accetta una definizione rapida del processo in cambio di uno sconto di pena, rinunciando implicitamente a sollevare determinate questioni che appartengono al pieno contraddittorio del dibattimento.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per chi intende accedere al rito del patteggiamento. La scelta di questo percorso processuale comporta una significativa limitazione del diritto di impugnazione. È fondamentale che la difesa e l’imputato siano consapevoli che, una volta emessa la sentenza, le possibilità di contestarla in Cassazione sono estremamente circoscritte. La decisione di patteggiare deve essere ponderata attentamente, poiché preclude la possibilità di far valere in un secondo momento argomenti difensivi che non rientrino nelle specifiche violazioni di legge previste dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. La pronuncia, quindi, rafforza la natura ‘tombale’ del patteggiamento rispetto a molteplici questioni di merito e di procedura.
È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
No, non è sempre possibile. L’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale limita la possibilità di ricorso alle sole ipotesi di violazione di legge tassativamente indicate dalla norma stessa.
Si può impugnare una sentenza di patteggiamento sostenendo che il giudice non ha verificato la possibilità di un proscioglimento immediato?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la mancata verifica dell’insussistenza di cause di proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.) non rientra tra i vizi di violazione di legge per cui è ammesso il ricorso contro una sentenza di patteggiamento.
Cosa succede se si presenta un ricorso contro un patteggiamento per motivi non consentiti dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 228 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 6 Num. 228 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/11/2023
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da COGNOME NOMECOGNOME nato a Taranto il 24/01/1994 COGNOME NOME nata a Taranto il 18/05/1974
avverso la sentenza del 29/05/2023 del Tribunale di Taranto;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi dei ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
OSSERVA
Ritenuto che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili con procedura de plano perché i motivi proposti non sono consentiti in relazione alla tipologia di sentenza impugnata.
In tema di patteggiamento, è, invero, inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza applicativa della pena con cui si deduca il vizio di violazione di legge per la mancata verifica dell’insussistenza di cause proscioglimento ex art. 129 cod., atteso che l’art. 448, comma 2-bis, cod. proc pen., limita l’impugnabilità della pronuncia alle sole ipotesi di violazione di leg in esso tassativamente indicate (Sez. 6, Sentenza n. 1032 del 07/11/2019, COGNOME, Rv. 278337).
Rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.