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Ricorso patteggiamento: limiti e inammissibilità

Un imputato ha impugnato una sentenza di patteggiamento sostenendo che il giudice non avesse motivato l’assenza di cause di proscioglimento. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso patteggiamento inammissibile, ribadendo che l’art. 448 c.p.p. limita i motivi di impugnazione a specifici vizi, tra i quali non rientra quello sollevato. La decisione conferma la natura quasi definitiva dell’accordo tra le parti nel rito speciale.

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Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: La Cassazione Ribadisce i Motivi di Inammissibilità

Il ricorso patteggiamento rappresenta un tema cruciale nella procedura penale, poiché definisce i confini entro cui un accordo sulla pena può essere contestato. Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sui motivi di inammissibilità, ribadendo la natura tassativa delle censure ammesse dalla legge e le conseguenze per chi tenta di superare tali limiti. Il caso offre uno spunto fondamentale per comprendere la logica deflattiva del rito speciale e la stabilità delle decisioni che ne derivano.

I Fatti del Caso: Dal Patteggiamento al Ricorso in Cassazione

Un imputato, accusato di una serie di reati gravi tra cui concorso in rapina, sostituzione di persona, furto con strappo e lesioni personali, aveva concordato con la pubblica accusa l’applicazione di una pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p. (c.d. patteggiamento). Il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Lucca, con sentenza del 5 marzo 2025, ratificava l’accordo, applicando la pena concordata.

Tuttavia, il difensore dell’imputato decideva di presentare ricorso per cassazione avverso tale sentenza. La contestazione non riguardava la correttezza della pena o la qualificazione giuridica dei fatti, ma un aspetto procedurale ritenuto fondamentale.

I Motivi del Ricorso

Il ricorso si fondava su un’unica doglianza: la violazione di legge e il vizio di motivazione per non avere il giudice del patteggiamento esplicitato le ragioni per cui non sussistevano le condizioni per un proscioglimento immediato ai sensi dell’art. 129 del codice di procedura penale. In altre parole, secondo la difesa, il giudice avrebbe dovuto motivare l’assenza di palesi cause di non punibilità prima di poter applicare la pena richiesta dalle parti.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Ricorso Patteggiamento

La Corte Suprema di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente inammissibile. La decisione si basa su una lettura rigorosa dell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto dalla cosiddetta Riforma Orlando (L. 103/2017).

Questa norma stabilisce in modo tassativo i soli motivi per cui è possibile presentare un ricorso patteggiamento in Cassazione. Essi sono:
1. Vizi relativi all’espressione della volontà dell’imputato di patteggiare.
2. Difetto di correlazione tra la richiesta delle parti e la sentenza emessa dal giudice.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto contestato.
4. Illegalità della pena applicata o della misura di sicurezza disposta.

Il motivo sollevato dalla difesa, relativo alla mancata motivazione sull’assenza di cause di proscioglimento, non rientra in alcuna di queste categorie. Pertanto, il ricorso è stato giudicato proposto per motivi non consentiti dalla legge.

Le Motivazioni

La Corte ha chiarito che la riforma del 2017 ha volutamente ristretto l’ambito di impugnabilità delle sentenze di patteggiamento per evitare ricorsi dilatori e per conferire maggiore stabilità agli accordi raggiunti tra accusa e difesa. La valutazione del giudice circa l’assenza delle condizioni per il proscioglimento ex art. 129 c.p.p. è considerata implicita nell’accoglimento stesso della richiesta di patteggiamento. Non è richiesta una motivazione esplicita su questo punto, e la sua eventuale omissione non costituisce un vizio che possa essere fatto valere in Cassazione.

La pronuncia si allinea a un orientamento giurisprudenziale consolidato (richiamando la sentenza n. 4727 del 2018), secondo cui è inammissibile un ricorso che deduca l’omessa valutazione delle condizioni per il proscioglimento. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile con una procedura semplificata (de plano) e il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro in favore della Cassa delle Ammende.

Le Conclusioni

Questa ordinanza conferma la linea di rigore della Cassazione nell’interpretare i limiti del ricorso contro le sentenze di patteggiamento. L’insegnamento pratico è chiaro: le parti che optano per questo rito speciale devono essere consapevoli che la sentenza che ne deriva è difficilmente impugnabile, se non per i vizi specifici ed eccezionali previsti dalla legge. Tentare di aggirare questi paletti attraverso motivi non consentiti porta non solo alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, ma anche a ulteriori conseguenze economiche per il ricorrente, rafforzando così la finalità deflattiva e la stabilità del patteggiamento stesso.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza di patteggiamento per qualsiasi motivo?
No, l’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. limita strettamente i motivi di ricorso a: vizi della volontà dell’imputato, difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, erronea qualificazione giuridica del fatto, e illegalità della pena o della misura di sicurezza.

La mancata motivazione del giudice sull’assenza di cause di proscioglimento è un motivo valido per il ricorso?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che questo motivo non rientra tra quelli consentiti dalla legge per impugnare una sentenza di patteggiamento. La valutazione sull’assenza di cause di proscioglimento è considerata implicita nell’accoglimento della richiesta di patteggiamento.

Cosa succede se si presenta un ricorso per patteggiamento basato su motivi non consentiti?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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