Ricorso Patteggiamento: i Limiti Imposti dalla Cassazione
L’istituto del patteggiamento rappresenta una via processuale strategica, ma quali sono i confini per contestare la sentenza che ne deriva? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha delineato con precisione i limiti del ricorso patteggiamento, specificando quando la contestazione sulla qualificazione giuridica dei fatti può essere considerata ammissibile. Questa decisione ribadisce un principio fondamentale: l’appello è consentito solo in presenza di un ‘errore manifesto’.
Il Caso: Dal Patteggiamento all’Appello in Cassazione
La vicenda trae origine dall’arresto in flagranza di tre individui, colti mentre erano intenti in un’attività illecita. Gli agenti di polizia giudiziaria, fingendosi acquirenti, avevano osservato la precisa suddivisione dei compiti tra i tre: uno stabiliva i contatti con i clienti, un secondo custodiva il materiale (sacchetti, un bilancino di precisione e delle monete) e il terzo fungeva da palo. Alla vista degli agenti che si qualificavano, i tre si davano alla fuga.
A seguito dell’arresto, gli imputati optavano per il rito alternativo dell’applicazione della pena su richiesta delle parti (il c.d. patteggiamento), ratificato dal Tribunale. Nonostante l’accordo raggiunto, la difesa decideva di presentare ricorso per Cassazione, lamentando un’errata qualificazione giuridica dei fatti e la mancata assoluzione.
Le motivazioni della Corte: I Limiti del ricorso patteggiamento
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la propria decisione su una rigorosa interpretazione della normativa che regola l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento, in particolare l’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.
I giudici hanno chiarito che, a seguito delle riforme legislative (in particolare la legge n. 103 del 2017), i motivi per cui è possibile presentare un ricorso patteggiamento sono tassativamente elencati. Tra questi vi è l’erronea qualificazione giuridica del fatto, ma con un’importante limitazione: tale errore deve essere ‘manifesto’.
La Nozione di ‘Errore Manifesto’
La Corte ha specificato cosa si debba intendere per ‘errore manifesto’. Non si tratta di una qualsiasi presunta erronea interpretazione della legge, ma di un vizio che deve emergere ictu oculi dalla lettura della sentenza e del capo d’imputazione. L’errore deve essere:
* Immediato: Riconoscibile senza necessità di complesse argomentazioni o analisi approfondite.
* Non opinabile: Non deve lasciare spazio a interpretazioni alternative o a margini di discrezionalità.
* Palesemente eccentrico: La qualificazione giuridica data dal giudice deve essere chiaramente anomala rispetto ai fatti contestati.
Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che le censure mosse dalla difesa fossero generiche e non autosufficienti. Non veniva evidenziato alcun errore palese, ma si tentava di sollecitare una rivalutazione del merito dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità, a maggior ragione dopo un patteggiamento.
Le conclusioni: Stretta sull’Impugnazione e Stabilità degli Accordi
La decisione in esame consolida un orientamento giurisprudenziale volto a garantire la stabilità delle sentenze di patteggiamento, evitando che l’accordo processuale venga utilizzato come un espediente per poi tentare una rinegoziazione del merito in Cassazione. L’impugnazione per errata qualificazione giuridica è e rimane una via eccezionale, percorribile solo quando la scorrettezza della decisione del giudice sia talmente evidente da non richiedere alcuna attività interpretativa. Per gli operatori del diritto, ciò significa che la contestazione deve fondarsi su vizi macroscopici e non su mere diverse letture dei fatti, pena l’immediata declaratoria di inammissibilità.
È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per errata qualificazione giuridica del fatto?
No, non è sempre possibile. A seguito della riforma introdotta con la legge n. 103/2017, l’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. limita tale possibilità ai soli casi in cui l’errore nella qualificazione giuridica sia ‘manifesto’.
Cosa intende la Corte di Cassazione per ‘errore manifesto’ nella qualificazione giuridica?
Per ‘errore manifesto’ si intende un errore che risulta con indiscussa immediatezza e senza margini di opinabilità, palesemente eccentrico rispetto al contenuto dell’imputazione. Deve essere una violazione di legge immediatamente evincibile dalla lettura degli atti, senza necessità di un’analisi complessa.
Perché il ricorso degli imputati in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché basato su un motivo non consentito. Gli imputati hanno denunciato l’errata qualificazione giuridica in modo generico e non autosufficiente, senza riuscire a dimostrare un errore palese e immediatamente rilevabile, come richiesto dalla legge per poter impugnare una sentenza di patteggiamento.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19289 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19289 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 13/05/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME COGNOME (CUI CODICE_FISCALE) nato il 30/07/2002 COGNOME (CUI CODICE_FISCALE) nato il 06/10/1998 COGNOME (CUI CODICE_FISCALE) nato il 16/02/1993
avverso la sentenza del 04/02/2025 del TRIBUNALE di MILANO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
MOTIVI DELLA DECISIONE
NOMECOGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono, a mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza indicata in epigrafe, con la quale è stata loro applicata la pena richiesta ai sensi degli artt. 444 e ss. cod. proc. pen. deducendo la errata qualificazione giuridica dei fatti e mancata assoluzione dei ricorrenti.
Il ricorso è inammissibile per cause che possono essere dichiarate senza formalità ai sensi dell’art. 610, co. 5 bis, cod. proc. pen. in quanto basato su motivo non proponibile in sede di legittimità.
Con riferimento all’unico motivo di ricorso proposto dall’imputato, va premesso che, trattandosi di sentenza che ha ratificato l’accordo proposto successivamente all’entrata in vigore dell’art. 1, comma 50, legge n. 103 del 2017, trova applicazione il comma 2-bis dell’art. 448 cod. proc. pen. che limita il ricorso per Cassazione avverso la sentenza di patteggiannento ai soli casi in esso previsti («motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza»).
In particolare, in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo, ai sensi dell’art. 448, comma 2bis, cod. proc. pen., l’erronea qualificazione giuridica del fatto contenuto in sentenza è limitata ai soli casi di errore manifesto, configurabile quando tale qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza e senza margini di opinabilità, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione, sicché è inammissibile l’impugnazione che denunci, in modo aspecifico e non autosufficiente, una violazione di legge non immediatamente evincibile dal tenore dei capi di imputazione e dalla motivazione della sentenza (Sez. 4, n. 13749 del 23/03/2022, NOME, Rv. 283023).
Nella fattispecie, la sentenza impugnata dà atto dell’arresto in flagranza dei tre imputati da parte degli operanti di p.g. i quali, fingendosi acquirenti hanno avuto modo di osservare i tre imputati che, nei diversi ruoli (uno prendeva i contatti con i clienti, l’altro teneva i sacchetti contenenti i sacchetti in cellophane e bilancino di precisione oltre che un sacchetto di monete e il terzo gli stava accanto) e che si davano alla fuga non appena gli investigatori si qualificavano. Con quanto detto il ricorso non prova neppure a confrontarsi limitandosi, con generiche e aspe-
cifiche asserzioni a sostenere che mancherebbe l’assoluta certezza circa la co missione del reato contestato “essendo oltremodo verosimile che la sostanza se
questrata non fosse destinata alla cessione a terzi”.
3. A norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colp nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186
13.6.2000), alla condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del proced mento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indi-
cata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle sp processuali e della somma di euro quattromila ciascuno in favore della Cassa dell
ammende.
Deciso il 13 maggio 2025
La P sidente
COGNOME FJrranti