Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19282 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19282 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a POLICORO il 08/07/1994
avverso la sentenza del 30/01/2025 del GIP TRIBUNALE di CASTROVILLARI
dat-s-a , 9, 94se-atte-pert i;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza indicata in epigrafe, con la quale gli è stata applicata la pena richiesta ai sensi degli artt. 444 e ss. cod. proc. pen. deducendo, con plurimi motivi, violazione di legge, sostanziale e processuale, e vizio motivazionale in relazione alla mancata pronuncia di una sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
Il ricorso è palesemente inammissibile per cause che possono dichiararsi senza formalità ai sensi dell’art. 610 comma 5bis cod. proc. pen. introdotto dall’art. 1, comma 62, della legge 23.6.2017 n. 103, a decorrere dal 3 agosto 2017.
Ed invero, a far tempo da tale ultima data, successivi alla quale sono sia la richiesta di patteggiamento che la relativa impugnativa (cfr. art. 1, co. 51, della I. 23.6.2017 n. 103) il pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza di applicazione della pena ex artt. 444 e ss. cod. proc. pen. “solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza , all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena e della misura di sicurezza”.
Non rientra più, pertanto, tra i motivi di ricorribilità per cassazione quello -come avvenuto nel caso che ci occupa- attinente la mancata pronuncia di una sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.
Ancora, va rilevato che al di là della mera enunciazione di un motivo di ricorso, formalmente consentito, la contestazione dell’erronea qualificazione giuridica del fatto – del tutto generica ed aspecifica nel caso che ci occupa- risulta inconsistente e si risolve in una formula vuota di contenuti, non risultando in alcun modo evidenziati gli elementi di fatto, giustificativi di un diverso inquadramento giuridico del fatto, neppure indicato, o sostanzianti l’erronea qualificazione giuridica attribuita al fatto e ritenuta in sentenza.
Condivisibilmente, questa Corte di legittimità ha affermato -e va qui ribaditoche l’erroneità della qualificazione giuridica del fatto, meramente enunciata, scherma la richiesta di una sentenza di proscioglimento, parimenti immotivata, che, in sostanza, elude i limiti normativi (Sez. 6, ord. n. 2721 del 8/1/2018, COGNOME, Rv. 272026). E, in ogni caso, che a seguito dell’introduzione dell’art. 448 comma 2 bis cod. proc. pen. la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo l’erronea qualificazione, del fatto contenuto in una sentenza di patteggiamento è
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limitata ai casi in cui tale qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza, pale- semente eccentrica rispetto al contenuto del capo d’imputazione, dovendo in par-
ticolare escludersi l’ammissibilità dell’impugnazione che richiami, quale necessario passaggio logico del motivo del ricorso, aspetti in fatto e probatori che non risultino
con immediatezza dalla contestazione (così Sez. 6 ord. 3108 del 08/01/2018, An- toci, Rv 272252; conf. ord. n. 45391 del 21/11/2024, COGNOME, non mass.); e, del
pari, è stato affermato che in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo, ai sensi dell’art. 448,
co. 2 bis, cod. proc. pen. l’erronea qualificazione del fatto contenuto in sentenza è
limitata ai soli casi di errore manifesto, con conseguente inammissibilità della de- nuncia di errori valutativi, in diritto, che non risultino evidenti dal testo del pro
vedimento impugnato (Sez 1 n. 15553 del 20/03/2018, Rv 272619);
4. A norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del
13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del proce- dimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 13/05/2025