Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 31781 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 31781 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOMECOGNOME nato in Marocco il 01/01/1986
avverso la sentenza del 16/05/2025 del Tribunale di Torino
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 16/05/2025, il Tribunale di Torino, su richiesta dell’imputato e con il consenso del pubblico ministero, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., applicava ad NOME COGNOME la pena di sei mesi di reclusione ed € 160,00 di multa per i reati di ricettazione continuata di cui al capo A) dell’imputazione e di porto fuori della propria abitazione senza giustificato motivo di un coltello a serramanico di cui al capo B) dell’imputazione.
Avverso l’indicata sentenza del 16/05/2025 del Tribunale di Torino, ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite dell’avv. NOME COGNOME sostituto processuale del difensore di fiducia avv. NOME COGNOME NOME COGNOME affidato a un unico motivo, con il quale deduce, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., e con riferimento agli artt. 448 e 546 dello stesso codice, la mancanza della motivazione, per avere il Tribunale di Torino «ome di motivare l’impugnata sentenza, limitandosi a considerare la correttezza della qualificazione giuridica del fatto e la congruità della pena così come prospettata dalle parti», atteso che «[Iyesame condotto dal Giudice de quo risulta, infatti,
sommario, mancando un’accurata disanima logico giuridica, atta a far emergere il pensiero del medesimo Giudice circa il concreto adeguamento della pena alla effettiva gravità del fatto e alla personalità del Mounir».
In base al nuovo comma 2-bis dell’art. 448 cod. proc. pen., inserito dall’art. 1, comma 50, della legge 23 giugno 2017, n. 103, il pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Ciò rammentato, si deve rilevare che l’unico motivo di ricorso, il quale concerne non l’illegalità della pena – da intendere come sanzione non prevista dall’ordinamento giuridico ovvero eccedente, per specie e quantità, il limite legale – ma profili relativi alla motivazione della commisurazione di essa, oltre a generiche censure di mancanza di motivazione, non rientra tra i suddetti casi per i quali è ammesso il ricorso per cassazione avverso la sentenza di patteggiamento.
La Corte di cassazione ha infatti chiarito che è inammissibile, a norma dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., il ricorso per cassazione che deduca motivi concernenti non l’illegalità della pena, intesa come sanzione non prevista dall’ordinamento giuridico ovvero eccedente, per specie e quantità, il limite legale, ma profili commisurativi della stessa, discendenti dalla violazione dei parametri di cui all’art. 133 cod. pen., ovvero attinenti al bilanciamento delle circostanze del reato o alla misura delle diminuzioni conseguenti alla loro applicazione (Sez. 5, n. 19757 del 16/04/2019, COGNOME, Rv. 276509-01).
Trattandosi di impugnazione proposta contro la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti dopo l’entrata in vigore della menzionata novella di cui alla legge n. 103 del 2017, il cui art. 1, comma 62, ha aggiunto all’art. 610 cod. proc. pen. il comma 5-bis, il ricorso deve essere trattato nelle forme de plano, ai sensi del secondo periodo di quest’ultimo comma.
Per le ragioni sopra indicate, il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali, nonché, essendo ravvisabili profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento della somma di € 3.000,00 in favore cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa del ammende.
Così deciso il 09/09/2025.